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La seduta può essere svolta presso il mio studio oppure online tramite videochiamata.
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Il presente lavoro prende in esame alcune caratteristiche della paura del volo – o ansia di volare, fobia del volo, aerofobia, aviofobia – introducendo il tema con talune considerazioni di ordine generale, per poi concentrarsi su un termine tecnico di aerofobia è molto ampia e differenziata, e presenta diversi peculiare interpretazione della sindrome. L’area di indagine che va sotto il livelli di approfondimento e di socializzazione delle conoscenze e delle esperienze. Sostanzialmente, si possono individuare studi, ricerche ed interventi indirizzati, di volta in volta, verso l’uno o l’altro dei macrosettori costituiti dall’aviazione civile e da quella militare (tralasciando la circostanza del volo al di fuori dell’atmosfera terrestre – vedi King, 1999), e dalle situazioni specifiche che fanno riferimento ad aeromobili ad ala fissa e ad ala rotante (elicotteri). Nell’ambito dell’aviazione civile, i campi si differenziano nel caso in cui si tratti di ragionare sulla paura del volo espressa dal personale di volo – comandanti e piloti, da un lato, e assistenti di volo, dall’altro – oppure dai passeggeri. Va qui segnalato lo spinoso problema dell’ansia del volo manifestato dal personale di condotta del velivolo (comandanti e piloti): una questione che ha, o può avere, gravi ed evidenti ripercussioni sulla sicurezza stessa delle operazioni di volo, ma che è pure conseguenza della risposta tecnico-organizzativa, professionale ed umana che le compagnie di bandiera di diverse nazioni sono state in grado, finora, di offrire. L’aspetto che si desidera qui segnalare è costituito dalle incertezze che incontrano i piloti (comprendendo in tale categoria piloti e comandanti di diversa grado ed esperienza), a manifestare le personali difficoltà all’interno delle compagnie aeree – ad esempio, comunicandole ai propri superiori, ai medici o agli psicologi interni all’organizzazione – dato che la risposta che tende ad attivarsi in tali situazioni è di impedire al soggetto di esercitare la propria professione (ritiro temporaneo del permesso di volo e/o “messa a terra”). Vi è dunque, un aspetto di carattere normativo-punitivo che fagocita il possibile intervento di recupero e cura della situazione soggettiva manifestata, con la conseguenza che la persona sofferente tace sulla propria condizione, adotta vari sistemi di autocura, oppure si rivolge privatamente a professionisti esterni. L’unica tipologia di servizio che appare efficace – messa in opera da diverse compagnie aeree, ma con modalità assai diverse, alcune delle quali non del tutto rispettose della privatezza della domanda di aiuto, e quindi sostanzialmente non utilizzate dai piloti – è costituita dalla creazione di una rete di professionisti esterni (psicologi e psichiatri), cui il soggetto è libero di rivolgersi nel segreto professionale della relazione, retribuiti dalla compagnia, e sollevati dall’obbligo di comunicare alla compagnia stessa informazioni sulla condizione del paziente e sull’andamento della psicoterapia; in tali casi, la valutazione periodica dell’idoneità psicofisica al volo è condotta da altre figure professionali, interne all’organizzazione. Tale problematica, se collocata nell’ambito militare, comporta ulteriori e più evidenti difficoltà di risoluzione.
Questa è l'introduzione dell'articolo del Prof. Andrea Castiello D'Antonio sulla aerofobia.
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