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The 12 Steps. Symbols, Myths, and Archetypes of Recovery
Questo importante volume, magnificamente edito e ricco di una gran quantità di immagini che hanno un elevato potere suggestivo ed evocativo, si richiama, fin dal titolo, al classico metodo dei dodici passi ideato nei lontani Anni Trenta, negli USA, per opera di due alcolisti che nel 1939 resero fruibile a tutti il loro approccio. Bob Smith e Bill Wilson – questi i nomi dei due ideatori –fondatori di Alcoholics Anonymous – A.A.: la famosa associazione da tempo diffusa in numerose aree del mondo, a cui si sono aggiunte altre associazioni similari inerenti altre forme di dipendenza (come Narcotics Anonymous).
Le prime due sezioni del testo introducono il lettore alla dimensione simbolica, quel ponte vero e proprio che collega le dimensioni consapevoli ed inconsapevoli della vita e che si manifesta elettivamente nelle forme di arte. In queste pagine sono in specie valorizzate le forme visive dell’arte e, con esse, i meccanismi della percezione: l’essere umano ha la possibilità di viaggiare rimanendo fermo, per così dire, mutando il proprio sguardo ed evocando le grandi immagini archetipiche. Come si può intuire, è la ricerca svolta da Carl Gustav Jung a costituire un potente elemento di base di questo scritto, ma con Jung sono citati, proprio nelle prime decine di pagine, altri importanti autori che si sono occupati, nello specifico, delle dipendenze: Gabor Maté, Luigi Zoja e Nicholas Carr (quest’ultimo è un grande critico della società digitale).
Sono così esplorate le forme di trance e di estasi che l’umanità ha pratica nel tempo al fine di espandere i confini del Sé fino a giungere alla considerazione dell’odierna società tossica ed intossicata. Il mondo delle dipendenze, delle addiction, può essere visto come un mondo in cui la persona si è disconnessa dalla realtà: dagli altri, da sé stesso, e dai significati profondi della vita: la via dei dodici passi costituisce una strada per connettersi e per riparare le fratture dell’esistenza. Ma non è impresa facile rientrare dalle dipendenze (recovery from the addiction, ove la parola recovery segnala al meglio il complesso processo), soprattutto dalle situazioni cronicizzate, non solo legate a sostanze, ma anche a comportamenti compulsivi.
Sono molte le definizioni di dipendenza che sono state formulate (sottolineando il collegamento tra società dei consumi e tendenza alle dipendenze): da alcuni la dipendenza è stata vista come una sorta di tentativo di adattamento ad una realtà-società disgregativa e disturbante, un modo di risolvere il problema del dolore mentale, della sensazione di isolamento e perdita, della mancanza di controllo e del profondo sconforto verso la vita e se stessi. Ma “per ogni soggetto alcolizzato o dipendente è stimato che altre dieci persone siano coinvolte” (p. 68): dai bambini ai colleghi di lavoro, dai familiari all’ambiente sociale di riferimento.
Nella parte centrale del testo sono ripercorsi uno ad uno i dodici passi del programma, le sue applicazioni nel gruppo dei pari e le prime pubblicazioni di Alcoholics Anonymous, sempre seguendo la direzione di integrare al modello gli aspetti del mito, della spiritualità, del simbolismo e la storia delle principali idee di saggezza emerse nelle diverse culture.
Riprendendo coloro che hanno scritto sulla storia dell’associazione Alcoholics Anonymous l’autrice sottolinea diversi aspetti della scoperta del programma di recupero e, tra gli altri, il fatto che “gli alcolisti devono essere astinenti per avere una possibilità di recupero” (p. 82) e devono raccontare la propria personale storia di vita. Eppure, per giungere alla definizione dei dodici passi ci sono voluti anni e anni di prove ed errori, di varie esperienze di detox, e di chiarificazioni – non ultimo rispondere alla domanda chi è un alcolista?
Nel 1939 è finalmente stato pubblicato il volume Alcoholics Anonymous (inserito dalla Library of Congress tra gli 88 Books that Shaped America), mentre il supporto di John Davison Rockefeller junior impresse al progetto linfa vitale.
La terza parte del volume passa in rassegna uno ad uno i dodici passi, mentre la quarta sezione si apre con una riflessione sul rapporto tra Carl Gustav Jung e Alcoholics Anonymous, richiamando non solo il contributo concettuale di Jung alla fondazione dei principi di base di A.A. ma anche le sue importanti idee sul processo psicologico di individuazione e sull’autenticità del Sé.
La quinta sezione, dal titolo Journeys of the Soul apre nuovamente il campo sul mito e sulle dimensioni spirituali e conduce il lettore verso le tre pagine dell’epilogo. Il testo si chiude con due schede che riproducono i dodici passi e le dodici tradizioni di A.A. – per un approfondimento si possono poi consultare le Note e la Bibliografia.
L’autrice di questo lavoro, Kikan Massara, ha dunque voluto rappresentare il programma dei dodici passi integrandolo in una grande narrazione visiva che propone al lettore oltre centocinquanta opere d’arte tra le più significative e suggestive. Una descrizione metaforica di trasformazione personale, recupero e guarigione, ideata con cura da una persona come Kikan Massara che è psicoterapeuta, scrittrice e creativa, ma anche una appassionata ricercatrice di studi sulla coscienza che da tempo utilizza le arti visive, i simboli e i miti per facilitare l’accesso alle risorse del mondo interiore.
Questo bel volume (curato da Jessica Hundley) atipico nel suo genere, conduce il lettore a riflettere ampiamente su numerosi temi della vita al di là del problema delle dipendenze psicologiche.
Un testo che si associa magnificamente a Il libro dei simboli. Riflessioni sulle immagini archetipiche, pubblicato dall’editore Taschen in sei lingue tra cui l’italiano, che attinge all’Archive for Research in Archetypal Symbolism (ARAS) a cura di Kathleen Martin, con la responsabilità editoriale di Ami Ronnberg.
Andrea Castiello d’Antonio
Questa recensione è stata pubblicata sulla rivista “Qi – Questioni e Idee in Psicologia”, numero 111, LUGLIO 2024.