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7 ASPETTATIVE DEI COLLABORATORI VERSO IL CAPO

Il mondo delle “ATTESE”, delle ASPETTATIVE è molto ampio, e assai variegato.

Proprio come il mondo delle MOTIVAZIONI!

Inoltre, le aspettative non vivono di vita propria.

Si sviluppano in determinati CONTESTI. E la persona che nutre una attesa verso un’altra – soprattutto se l’altra è una PERSONA SIGNIFICATIVA – la elabora anche in base al “chi è” l’altro.

 

Dunque, parlare di aspettative in senso generale può essere fuorviante.

Come in ogni campo della PSICOLOGIA, del mondo interno dell’essere umano, qualunque generalizzazione va presa con molta cautela. Non a caso, i report della quasi totalità di ricerche sperimentali svolte dagli accademici – quei famosi “articoli scientifici” che affollano le pagine delle riviste di “alto impatto”, intrisi da tabelle numeriche… – concludono con la fatidica frase: “Sono necessarie altre ricerche sull’argomento”.

 

Comunque, al di là dei rilievi critici, scorrendo la LETTERATURA RECENTE DI STAMPO PROFESSIONALE, NORDAMERICANA, mi sembra di poter individuare le seguenti 7 ASPETTATIVE CRUCIALI, diffuse nei collaboratori verso il proprio Boss.

 

  1. Il coraggio. I collaboratori voglio un manager che abbia il coraggio di portare avanti le proprie idee contro le difficoltà e i momenti di crisi, e di difenderle se dall’esterno provengono blocchi e ostacoli.
  2. Un manager moderatamente positivo e ottimista, che non si sparge di cenere il capo a ogni momento di inciampo, ma senza strafare nell’entusiasmo, trasmette una visione positiva, e la sensazione di potercela fare!
  3. Realismo. Inutile affermare di fare tutto, perfettamente, con poche risorse e con alta qualità! Slogan sciocchi! È, invece, molto apprezzato il manager che si occupa di ottenere le risorse ben dimensionate per traguardare il risultato.
  4.  Occuparsi realmente dei collaboratori, aiutarli a crescere, offrendo tempestivi feedback sia positivi, sia negativi, mantenendo l’equilibrio meritocratico, ma dando a tutti la possibilità di emergere. Equità e merito, insomma.
  5. Integrità, coerenza, trasparenza, lealtà. Sono qualità chiare e decise, anche dure, trasmesse con parole a cui devono seguire azioni finalizzate in linea con gli intenti. Messaggi validi per tutti, dal capo stesso fino all’ultimo dei collaboratori.
  6. Non abusare della propria posizione di potere, non gestire il potere per sé ma per il team e per gli scopi da conseguire. Un buon bilanciamento emotivo, e una saggia gestione dell’autorità-autorevolezza, soprattutto nei momenti di distress, consolida la fiducia dei collaboratori nel capo.
  7. Dare l’esempio, dare l’esempio, dare l’esempio.

 

Qualcuno penserà che si tratta di “cose scontate”.

Ogni “capo”, ogni manager – per non dire di ogni “leader” (figura mitica, nella nostra cultura italiana; al contrario, figura molto umana, dimensionata e realistica in altre culture) – deve, si suppone, rispettare queste 7 attese dei collaboratori.

Ma è proprio così?

Qualche dubbio è lecito.

 

Sul finire degli Anni Novanta ho scritto un libro dal titolo “PSICOPATOLOGIA DEL MANAGEMENT” (pubblicato nel 2001. 440 pagine dedicate al manager “inadeguato”, per usare un eufemismo).

 

A questo libro ne sono seguiti altri – ad esempio: “PSICODIAGNOSI MANAGERIALE”, e poi “L’ASSESSMENT DELLE QUALITÀ MANAGERIALI E DELLA LEADERSHIP”, fino al recente “IL CAPITALE UMANO NELLE ORGANIZZAZIONI”

https://www.castiellodantonio.it/libri

 

Oggi si parla e si scrive di Toxic Leadership

Si delineano i profili dei manager malati, delle “malattie del potere”.

Emergono prepotentemente leader e Capi di Stato PALESEMENTE INSTABILI O MENTALMENTE DISAGIATI – da notare che l’esercizio del potere copre spesso psicopatologie appena compensate…

 

Per non dire dei fenomeni di mobbing e di bossing. E, infatti, il mio nuovo libro è dedicato alle violenze morali nel lavoro: “L’AGGRESSIVITA’ DISTRUTTIVA NEL MONDO DEL LAVORO. IL MOBBING E LE ALTRE FORME DI VIOLENZA ORGANIZZATIVA” (pubblicazione prevista a Novembre 2024).

 

Dunque, queste 7 aspettative – ma altre potrebbero essere aggiunte, certamente! – sono lungi dall’essere percepite, accolte e soddisfatte. E ogni collaboratore sa, sulla propria pelle, QUANTO CONTI AVERE UN “BUON” CAPO per la propria carriera e per la qualità della vita di lavoro…

 

Andrea Castiello d’Antonio