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Nel mese di Ottobre 1982, esattamente il giorno 9, alla vigilia dei suoi 87 anni, moriva a Londra Anna Freud.
Sono dunque trascorsi 50 anni da quel giorno, ma l’opera della minore dei sei figli del fondatore della psicoanalisi rimane come un punto di riferimento centrale almeno per tutti coloro che si occupano di una determinata visione della psicoanalisi – non dimentichiamo che, oggi, la psicoanalisi è talmente ramificata da necessitare di indicare di “quale” psicoanalisi si parla.
In Italia le opere di Anna Freud hanno visto la luce gradualmente. Emilio Servadio, nel suo necrologio pubblicato sulla Rivista di Psicoanalisi (numero 4, ottobre-dicembre 1982) ricorda che “era pressoché sconosciuta, in Italia, quando apparve nel 1935, in una traduzione italiana da me curata, un suo piccolo libo, che s’intitolava ‘Introduzione alla psicoanalisi per educatori’”.
Successivamente se ne sono occupati editori come Feltrinelli, dando alle stampe come 23° volume della mitica collana “Biblioteca di Psichiatria e di Psicologia Clinica” “NORMALITÀ E PATOLOGIA DEL BAMBINO: VALUTAZIONE DELLO SVILUPPO”, mentre nella collana rossa “Psicoanalisi e Civiltà Contemporanea” dell’editore Martinelli uscì nel 1967 “L’IO E I MECCANISMI DI DIFESA”, presentato da Isidoro Tolentino. Ma è stata la pubblicazione dei tre volumi di Boringhieri – “ANNA FREUD. OPERE, 1922-1943, 1945-1963, 1965-1975” – dati alle stampe tra il 1978 e il 1979 che pose un punto fermo e un testo di riferimento centrale per tutti coloro che desideravano studiarne l’opera e il pensiero.
Solo nel 2006 sono state pubblicate le lettere tra Anna e suo padre in tedesco, “SIGMUND FREUD - ANNA FREUD BRIEFWECHSEL 1904-1938” (Frankfurt am-Main: Fisher Verlag, 2006), e successivamente in inglese nel 2014: “SIGMUND FREUD AND ANNA FREUD CORRESPONDENCE 1904 -1938” (Cambridge (UK) & Malden, MA (USA): Polity Press). In questo carteggio – che ho recensito per la rivista Psicoterapia e Scienze Umane, numero 2, 2015 – si ripercorrono molte fasi della vita di Anna di grande importanza: dopo aver vissuto un’intensa passione per il lavoro di insegnante, nel 1920 Anna prese la decisione di lasciare l’insegnamento e di dedicarsi mente e corpo alla psicoanalisi in tutti i suoi aspetti: clinico, scientifico, organizzativo, culturale (basti ricordare il ruolo svolto da Anna in ambito editoriale e nella traduzione e supervisione di testi di diversi autori psicoanalitici).
Nei confronti dell’impegno clinico Anna passò da una fase di inquietudini e indecisioni a un momento in cui avvertì di essere pronta per cambiare il percorso della propria vita: un percorso che la terrà legata al padre fino alla fine, divenendo una vera e propria caregiver del padre, in parallelo allo sviluppo della sua relazione con Dorothy Burlingham.
Nel passaggio di Anna verso l’analisi emerge il ruolo significativo svolto da Lou Andreas-Salomé, l’amica-analista a cui Freud si era rivolto più volte confidando le sue preoccupazioni per Anna e auspicando che potesse nascere una durevole amicizia tra le due donne: fu esattamente ciò che accadde, e Lou svolse verso Anna un ruolo complesso che potremmo oggi avvicinare a quello del tutor arricchito da numerose altre componenti emotive e amicali.
In tutta l’opera di Anna Freud è interessante osservare la linearità della scrittura e anche la semplicità nel rispondere a domande e considerazioni in merito, ad esempio, all’analisi delle difese psichiche: ciò, nello specifico, si può apprezzare scorrendo il testo a cura di Joseph Sandler che molti anni fa ho recensito: "L'ANALISI DELLE DIFESE. CONVERSAZIONI CON ANNA FREUD" (Bollati Boringhieri, Torino, 1990). Un pregio che si può riscontrare anche in quelle attività di carattere tendenzialmente divulgativo come le “LEZIONI A HARVARD”, qui da me recensito.
Infine, ho recentemente approfondito il contributo di Anna Freud nel mio saggio “ATTUALITÀ DI ANNA FREUD”, pubblicato nel libro L'utopia del possibile. Anna Freud tra pedagogia e psicoanalisi a cura di Anna Grotta e Paola Morra (Edizioni Pendragon, Bologna, 2017).
Andrea Castiello d’Antonio