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Chi si occupa di selezione delle risorse umane ha sostanzialmente a disposizione tre metodologie composite e complesse.
Interviste individuali, dinamiche di gruppo e prove testologiche costituiscono una ricca fonte d’osservazione, di conoscenza e d’informazioni, ma anche un caotico insieme d’indicazioni e valutazioni spesso discordanti, incoerenti e potenzialmente illeggibili. EMERGE IL PROBLEMA DELL’INTEGRAZIONE DELLE INFORMAZIONI E DELLE VALUTAZIONI SCATURITE DALLE DIVERSE PROVE DI SELEZIONE.
L'INTEGRAZIONE DEI DATI E DELLE INFORMAZIONI nella fase conclusiva della selezione rappresenta un fatto importante almeno per i seguenti motivi:
L’obiettivo è dunque quello di giungere, attraverso l’analisi e la considerazione delle singole valutazioni, ad un OA - OVERALL ASSESSMENT, o VALUTAZIONE GLOBALE.
Durante l’intero iter di selezione l'obiettivo è stato quello di scomporre in qualità osservabili il profilo di competenze delineato e di applicare tecniche adeguate alla registrazione osservazione e valutazione di ogni specifica caratteristica richiesta. Ma l’essere umano non è la sommatoria di N qualità: L'UNICITÀ DEL CANDIDATO VA RICOSTITUITA, gli esiti delle prove vanno amalgamati, pur salvaguardando le diverse indicazioni. Si è, dunque, di fronte a un fatto non solo operativo. È necessario trarre dall'iter selettivo e dall’insieme di prove impiegate un quadro unitario del soggetto: esaminiamo gli aspetti più importanti della questione, iniziando dal primo, il più evidente.
Il problema dell'ottenimento di un quadro unitario è stato risolto, empiricamente, con modalità abbastanza uniformi in diversi contesti: ASSEGNANDO DEI PUNTEGGI. L'assegnazione di punteggi alle diverse prove è, in realtà, un metodo di trasformazione dei giudizi criticabile e inattendibile.
Una seconda procedura tende ad assegnare alle prove delle SIGLE DI VALUTAZIONE, DEI CODICI, O DEI GIUDIZI DI QUALITÀ: questi ultimi sono generalmente espressi in livelli di idoneità. Se la scala di idoneità è ben congegnata, questo modo di riassumere le valutazioni risulta senz'altro più realistico, fedele, leggibile e trasparente del primo.
Una terza alternativa è quella costituita dalla scelta di assegnare UN PUNTEGGIO A UN CERTO TIPO DI PROVE ED UNA VALUTAZIONE DI QUALITÀ AD ALTRE.
Prendendo in considerazione la prima soluzione si deve notare che i tre metodi di esame a nostra disposizione non si prestano, tutti allo stesso livello, ad essere tradotti in punteggi finali. Certamente il metodo dei test offre questa possibilità in grado massimo
Quando poi si decide di assegnare un punteggio all'esito delle interviste (individuale, o di gruppo) ci si scontra con la difficoltà di tradurre una valutazione complessiva ma articolata, non certo di tipo misurativo, IN UN NUMERO, O IN UN PESO. Tale scelta è ancora più insidiosa nel momento in cui ‑ con la pretesa di una maggiore oggettività… ‑ si utilizza una scala numerica suddivisa in intervalli particolarmente brevi, ad esempio in decimi, trentesimi, o addirittura in centesimi.
LA MATEMATIZZAZIONE presenta la possibilità, per non dire la certezza, di costituire un arbitrio, un collegamento del tutto fuorviante, o una sintesi non corrispondente alla relazione.
Ancora meno affidabile è il procedimento empirico per cui si finisce con il sommare punteggi emersi e attribuiti alle diverse prove. Ma un'indicazione sintetica va comunque data, il candidato dev'essere delineato secondo le valutazioni ricevute.
Appare molto più corretto, in questi casi, TENERE SEPARATE GLI ESITI DELLE TRE METODOLOGIE DI ESAME, I LORO RISULTATI E LA LORO CODIFICA. Il procedimento di valutazione globale non deve esitare in uno stravolgimento dei risultati ottenuti dal candidato alle singole prove!
Naturalmente, in ogni processo di sintesi vi è il rischio di perdere alcune informazioni, o ‑ per essere più precisi ‑ di nasconderle agli occhi di chi prende visione del rapporto.
Sia nel caso di impiego di consulenti esterni sia in quello di operatori interni, è consigliabile PRODURRE UNA RELAZIONE FINALE SULLA SELEZIONE ESEGUITA ed evitare nel modo più categorico di consegnare al committente soltanto una serie di nomi e giudizi, o un fascicolo con i profili.
Tutto ciò vale per quanto riguarda l'organizzazione pratica che l'azienda generalmente esige dall'operatore. Vi è però anche un LATO TEORICO‑METODOLOGICO DEL PROBLEMA che è possibile qui solo accennare, almeno relativamente a una delle sue caratteristiche.
La questione dell'integrazione delle informazioni e delle valutazioni si posiziona, evidentemente, a valle di una percorso complesso e ben più impegnativo, durante il quale sono state applicate prove diverse agli stessi candidati. Accade spesso che vengano utilizzate metodi e tecniche di selezione provenienti da CONTESTI TEORICI lontani, diversi, o del tutto opposti.
Non si può sfuggire alle perplessità quando assistiamo a un processo di selezione del personale in cui sono utilizzate ‑ per valutare le stesse dimensioni della persona ‑ TECNICHE CHE ORIGINANO DA VISIONI DELL'UOMO COMPLETAMENTE OPPOSTE!
Ci si deve allora chiedere che cosa si stia valutando, come sia possibile sintetizzare dati sia si riferiscono a costruzioni teoriche differenti, come possa uno stesso operatore abbracciare, di volta in volta, orizzonti concettuali opposti e applicarne le tecniche.
Ad esempio, un autorevole esponente dell'orientamento psicometrico, Paul Kline, collaboratore di Cattell, autore di una serie di scritti conosciuti a livello internazionale, assertore dell'impostazione secondo cui la personalità si manifesta in tratti psicologici e difensore dei cosiddetti “test obiettivi” in una sua pubblicazione riferisce di aver costruito un test che si basa sul modello della personalità di Sigmund Freud, integrato dagli studi compiuti da Karl Abraham, noto come CARATTEROLOGIA PSICOANALITICA.
Si tratta di due inventari della personalità che misurano i caratteri orale, pessimistico e ottimistico.
Ecco 3 item del test:
A prescindere da ogni considerazione sulla superficiale formulazione dei quesiti in confronto alla COMPLESSITÀ DELLE DIMENSIONI PSICHICHE che si vorrebbero valutare, è fortemente dubbio ‑ per non dire del tutto incredibile ‑ che uno studioso (Paul Kline) che ha sviluppato una sua propria, particolare visione dell'uomo, che ha elaborato metodi di ricerca e di applicazione del tutto opposti a quelli psicoanalitici e che ha costantemente criticato l'orientamento psico‑dinamico, possa impegnarsi a costruire dei test collegati a UNA TEORIA CHE NON CONDIVIDE e che sostanzialmente NON CONOSCE.
L'integrazione dei dati – e prima ancora, la scelta o la costruzione delle tecniche di assessment – rappresentano tematiche di spessore teorico e chiamano in causa la serietà professionale dell’operatore.
Le riflessioni qui presentate sono tratte, in sintesi, dal volume di Andrea Castiello d’Antonio “LA SELEZIONE PSICOLOGICA DELLE RISORSE UMANE”. Franco Angeli, Milano, 2015.
In questo volume sono presentate tecniche di genere diverso, non perché se ne consigli il loro utilizzo indiscriminatamente, ma perché si è convinti che da ognuna di esse ‑ accortamente applicata ‑ possa scaturire un'indicazione utile al lavoro di scelta delle risorse umane.
Si riflette in ciò quell'ORIENTAMENTO ANTROPOLOGICO propugnato da diversi autori (in Italia, da Agostino Gemelli e poi da Leonardo Ancona) che indica la necessità di ottenere dati utilizzando fonti diverse, tipicamente quelle psicometriche e quelle CLINICHE, superando perciò l'opposizione tra queste due impostazioni.
Se ciò è estremamente consigliabile nella selezione del personale, utile dal punto di vista pratico e invitante sotto il profilo della CONVERGENZA DEGLI INDIZI, rimane ancora irrisolto il problema teorico della consonanza tra le diverse visioni dell'uomo che, in definitiva, queste impostazioni comportano.
Andrea Castiello d’Antonio