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Lo Smart Working continua a far parlare di sé, e sembra che questa tendenza non si arresterà troppo facilmente. Anche se può apparire che ormai sia stato detto e scritto tutto intorno al lavoro da remoto, al lavoro agile, e così via, il materiale di analisi e riflessione non manca e si può legittimamente pensare che si è soltanto all’inizio di una rivoluzione che porterà il concetto (e la pratica) del lavoro molto lontano dal punto in cui siamo oggi. Del lavoro. Non solo del lavoro da remoto.
Ormai si tratta di elaborare delle riflessioni ad ampio spettro non solo sullo Smart Working ma su tutto ciò che ruota intorno ad esso, puntando l’attenzione sia sui cambiamenti in atto nel mondo del lavoro (e nel mondo, tout court), sia gettando uno sguardo sui mutamenti prevedibili non solo del lavoro, ma anche delle situazioni climatiche, demografiche e di sviluppo digitale.
Una matrice di mutamenti in cui si colloca perfettamente (anche) lo Smart Working.
Nulla è più come prima, ma questa volta si tratta del modo in cui viene percepito e viene vissuto lo Smart Working, il mitico Lavoro Agile, o più concretamente il Remote Working.
Se è vero che con la pandemia siamo passati da circa 50.000 persone che operavano da fuori ufficio a circa 7 milioni di smart workers si manifestano ormai diverse e opposte propensioni, sia individuali, sia a livello di organizzazione del lavoro e di decisioni di vertice.
Ancora più di prima l’Italia divarica il divario che da sempre esiste tra Pubblica Amministrazione e imprese private. La PA ha abolito l’obbligo minimo al 50% di Smart Working per garantire al cittadino la fruizione di servizi importanti, mentre aziende e grandi gruppi insistono nel puntare sullo Smart Working con soluzione di co-working e spazi da prenotare, programmando il lavoro da remoto per tutto il 2021, e/o con tempi fino a quattro giorni la settimana. Le PMI sono da sempre un mondo variegato, mentre rimane diffuso lo Smart Working “semplificato” che non necessita di accordi aziendali.
Tra le persone serpeggiano diversi sentimenti.
Alcuni già rimpiangono lo Smart Working al 100%: il pigiama nel cuore, si potrebbe dire.
Altri non vedono l’ora di abbandonare le postazioni casalinghe più fantasiose: la cucina, il garage, la stanza dei bambini, la tavernetta… - vedi il mio articolo "L'utilità del telelavoro (e dresscode)".
Certo, non tutte le mansioni sono remotizzabili, e molto dipendete dalla cultura e dalla tecnologia digitale presente nella singola organizzazione già prima della pandemia, e /o sviluppata negli ultimi mesi. Come si sa, in alcuni casi è praticamente stato abolito il concetto di orario di lavoro, per non parlare di timbrature e cartelline, mentre le postazioni fisse in ufficio sono un ricordo lontano.
Vi è poi il problema dei capi che, da alcuni studiosi del lavoro, sono additati come gli unici responsabili dell’orientamento al rientro in ufficio. In modo abbastanza superficiale si ritiene che siano i cattivi capi, i capi controllori, che vogliono riavere davanti a loro le file ordinate di impiegati da monitorare a vista, ad avere la responsabilità della richiesta del rientro in ufficio!
In realtà, l’orientamento verso una gestione flessibile, razionale, ragionata, adattata, ibrida, giusta e meritocratica, in base alla quale prevedere alternanza home-office, gestione per obiettivi, ma anche sistemi di controllo per mezzo dei quali distinguere il collaboratore responsabile e autonomo nel proprio lavoro da quello che finge di lavorare – tra questi ultimi si possono annidare numerose richieste strumentali volte a proseguire nel lavoro da remoto... Bene, certo, seguire anche la volontarietà e l’intenzionalità delle persone – manager e collaboratori – facendo però attenzione a non agevolare né i capi che non sanno fare il loro mestiere e che puntano solo sul controllo, né i collaboratori che richiedono il lavoro da remoto per lavorare il meno possibile!
Con una sana alternanza tra Smart Working e lavoro in presenza tutti possono trarre dei vantaggi.
Per approfondire alcuni aspetti dello Smart Working: qui un mio recente articolo pubblicato su Personale e Lavoro, numero 627, novembre 2020. E qui il post del 31 dicembre 2020.
Sulla soddisfazione nel lavoro vedi il mio articolo dal titolo Lavorare con entusiasmo, pubblicato sulla rivista Psicologia Contemporanea numero 256 (2016).
Andrea Castiello d’Antonio