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La valutazione delle prestazioni – il PERFORMANCE APPRAISAL – dovrebbe essere una delle attività più normali, regolari e stabilmente acquisite nel mondo del lavoro, almeno nelle organizzazioni di una certa dimensione e rilevanza.
Il condizionale è d’obbligo perché a fronte di una attività che, essendo basata su “fatti” dovrebbe avere in sé un fondamento solido e concreto, nel tempo si è assistito alle DISTORSIONI e alle NULLIFICAZIONI più ardite – e per certi versi persino “creative” – del suo senso e del suo spirito.
E’ vero che molte persone, collocate nei diversi livelli gerarchici delle organizzazioni e delle istituzioni NON CREDONO, NON HANNO MAI CREDUTO alla valutazione delle prestazioni.
Se questo può essere comprensibile, ma non giustificabile, nei livelli meno acculturati, diventa problematico nei livelli medi e medio-alti della popolazione aziendale, e DIVENTA INTOLLERABILE NEL MANAGEMENT.
Già l’idea che a un “sistema gestionale”, a un “processo organizzativo” come è la valutazione delle prestazioni ci sia CHI “CI CREDE”, E CHI “NON CI CREDE”, nemmeno fosse una religione, sorprende e non poco!
Che poi per ovviare alla “grande fatica” di dedicare qualche tempo nel corso dell’anno a parlarsi tra capi e collaboratori sull’andamento del lavoro vi siano molti che usano le schede fotocopiate dell’anno precedente, o le riempiono al pc come con meno attenzione di come si gioca una schedina al Totocalcio, fa inorridire.
Eppure, sono stati fatti nel tempo MOLTI ERRORI anche da parte delle Direzioni del Personale e delle strutture HR.
Ricordo un sistema di valutazione delle prestazioni che fu realizzato in SIP (parliamo quindi di parecchi anni fa) bellissimo nella forma, elegante, completo nei contenuti, accompagnato da diversi fascicoli e manuali applicativi, arricchito da schede colorate attentamente differenziate…
STUPENDO, MA INAPPLICABILE!
Nessun manager dell’allora “azienda telefonica” poteva trovare il tempo per studiare quel complesso sistema, tantomeno per usarlo.
E si vi fosse stato il tempo per farlo, non c’era la voglia.
Del resto, nessun manager era stato motivato all’uso del sistema, ma semplicemente chiamato in aula ad ascoltare dotti docenti che ne spiegavano la… “filosofia”!
In un’altra importante azienda vi fu un RAMPANTE SEDICENTE ESPERTO DI RISORSE UMANE, proveniente dall’esterno, da poco assunto e quindi molto desideroso di farsi notare al più presto, che propose – e purtroppo realizzò – il “Performance Day”…
DIFFICILE ASSISTERE A UN EVENTO PIÙ STUPIDO DI QUESTO.
Una iniziativa peraltro tecnicamente indifendibile, dato che la valutazione delle prestazioni si basa sull’idea di un PROCESSO COSTANTE che accompagna le risorse nel corso del tempo, e non può essere certamente imprigionata in un “Performance Day” isolato nei 365 giorni dell’anno.
Ma quell’evento ebbe un buon successo... Perché? Perché il livello medio di acculturazione sulla gestione e sviluppo del capitale umano di quell’azienda, in quel momento storico, era meno di zero. E molti furono assai contenti di potersi togliere di torno la valutazione delle prestazioni partecipando a quell’unica giornata rituale.
Ed evitando il difficile compito di stabilire una data e orario con il collaboratore, prepararsi al COLLOQUIO DI VALUTAZIONE, attentamente condurlo, trarne le conseguenze e registrare il tutto nelle modalità stabilite affinché possa costituire una componete di quella “banca dati” prestazionale senza la quale nessun sistema di “Performance Appraisal” può sopravvivere.
Ma saper parlare di prestazioni con il collaboratore è cosa non facile, come ho illustrato nel mio libro IL COLLOQUIO DI VALUTAZIONE DELLE PRESTAZIONI, di cui trovate QUI una mia presentazione.
Andrea Castiello d’Antonio