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Che male c’è nel voler rimanere nella propria comfort zone?
In numerosi contesti aziendali è da tempo considerato inappropriato esprimere l’idea che, dopo tutto, rimanere nella propria zona di confort (o comfort, con la “m”, si può scrivere in entrambi i modi) non sia poi così male…
Siamo nel pieno di quella SOCIETÀ COMPETITIVA che premia la CULTURA DELLA PRESTAZIONE e, in continuità con essa, le HIGH PERFORMANCE, le prestazioni elevate.
“NON SEI PERFORMANTE!” È UNA FRASE CHE POTREBBE GETTARE NELLO SCONFORTO PIÙ DI UN MANAGER!
Al di là dei confini delle aziende, soprattutto delle aziende esposte ai mercati ad elevata competitività, è L’INTERA NOSTRA SOCIETÀ A SPINGERE LE PERSONE A COGLIERE TUTTE LE OPPORTUNITÀ, a non lasciar passare alcuna occasione senza prenderla al volo, a DIRE OBBLIGATORIAMENTE DI SÌ ad ogni proposta di avanzamento di carriera, di nuove responsabilità, di più impegnativi incarichi.
Se un’occasione viene mancata, o peggio viene consapevolmente rifiutata, sembra che possa crollare il mondo.
Si ascoltano frasi come: “RIMANI AL PALO”, perché “NON TI CAPITERÀ MAI PIÙ UN’OCCASIONE SIMILE…”, e “ORMAI SEI BOLLATO!”.
In una certa popolazione aziendale è tutto un “Mi piace il rischio!”, “Sono aperto alle sfide!”, “Voglio spingermi oltre…” e via così, con una serie di slogan che farebbero impallidire il migliore venditore. E già: perché molte delle persone che dicono queste frasi, IN REALTÀ, NON CI CREDONO AFFATTO, non le sentono loro, ma PENSANO DI DOVERLE DIRE, per non restare indietro!
Restare indietro in quella che è LA CORSA IN AVANTI, verso dove non si sa, probabilmente verso un migliore SALARIO, maggiori BENEFIT e un più alto STATUS, senza trascurare quel pizzico di GESTIONE DEL POTERE che non guasta mai, e che per molti rappresenta il vero motore per andare avanti.
Il nostro mondo propone, costantemente, innumerevoli possibilità di cambiamento, avanzamento, miglioramento e progressione, accompagnate da apprezzamento, riconoscimento sociale, professionale ed economico. Dal prestigio. Dalla notorietà.
CHI NON RIESCE A STARE AL PASSO cogliendo tutte queste luci che brillano una volta sola e in modo molto veloce può facilmente scivolare nella DEPRESSIONE, nel sentirsi una NULLITÀ, un FALLITO.
Nel mondo di CHI SI SENTE IN OBBLIGO A NON FERMARSI MAI e crede che permanere nella propria soggettiva “comfort zone” sia un grave peccato fioriscono gli incitamenti come “SPINGERSI AVANTI!”, “LANCIARE IL CUORE OLTRE L’OSTACOLO!”, e in molti sentono il dovere di “ALZARE L’ASTICELLA”, e correre a misurarsi con sfide più impegnative.
Certamente vi sono persone che amano vivere così, e che sono predisposte a lavorare sotto una costante pressione. Ci sono tipologie umane di questo genere, al di là di ogni altra considerazione.
Ma per coloro che SI SENTONO OBBLIGATI a uscire fuori dalle loro zone di agio sono in agguato i nemici di sempre: SUPERLAVORO E FATICA OPPRIMENTE, DISTRESS, RIPERCUSSIONI PSICOSOMATICHE, WORKAHOLISM, CONTESTI AMICALI E FAMILIARI FRAMMENTATI…
Senza contare L’AZZERAMENTO DEL TEMPO LIBERO, cosa per cui un manager mi diceva “Che senso ha guadagnare tanto, se non ho quasi mai il tempo – e anche la voglia! – di spendere ciò che guadagno e di godermi le cose che mi piacciono della vita?”
Ai PILOTI si insegna a non voler insistere nelle procedure di avvicinamento alla pista di atterraggio quando le condizioni atmosferiche sono molto difficili, o quando un primo tentativo è già fallito.
Dovremmo insegnare anche ai nostri manager – compresi i più giovani, che sentono di avere il mondo in mano e possibilità infinite – a risparmiarsi, a evitare di impegnarsi in situazioni che sentono, in cuor loro, troppo difficili, e a rimanere nella loro zona di confort senza sentimenti di colpa!
PENSANDO PIÙ ALLA VITA CHE ALLA PRESTAZIONE
Andrea Castiello d’Antonio