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Culture e organizzazioni di G. Hofstede
"Culture e organizzazioni": questa la traduzione italiana di uno dei più importanti e recenti libri in cui il nome Geert Hofstede compare come autore principale.
Si tratta di una traduzione parzialmente ridotta rispetto all’originale Culture and Organizations: Software of the Mind (terza edizione, del 2010).
L'autore
Di Hofstede, nato nel 1920 in Olanda, ad Haarlem, si devono ricordare almeno alcuni lineamenti della vita e dell’opera – egli stesso ha narrato ampi momenti della sua vita in almeno tre articoli apparsi in libri e riviste tra il 1996 e il 2004 -. Laureato in ingegneria meccanica e successivamente in scienze sociali, ha fondato e diretto il Personnel Research Department di IBM Europa dal 1965 al 1971.
Dagli anni Settanta in avanti ha ricoperto diversi incarichi accademici in Svizzera, Belgio e Francia, fino a co-fondare e assumere la direzione dell’IRIC - Institute for Research on Intercultural Cooperation (Olanda), un incarico che non rimarrà isolato nel corso degli anni a venire. La sua attività forse più note in ambito universitario è racchiusa nel ruolo di Professor of Organizational Anthropology and International Management (Maastricht University).
Dal 1993 è stato nominato professore emerito ed ha quindi collezionato una serie di altri incarichi presso altre università internazionali. Insignito di numerosi riconoscimenti sia professionali, sia culturali, Hofstede ha pubblicato estesamente, ma in lingua italiana è stato poco tradotto. Da qui l’importanza di questo volume che racchiude una ricca serie di contributi dell’autore, coadiuvato per l’occasione dal maggiore dei suoi figli Gert Jan (nato nel 1956) e da Michael Minkov, docente di interculturalità e comportamento organizzativo presso l’International University College di Sofia (Bulgaria).
Il "Modello di Hofstede"
Suddiviso in quattro sezioni, il testo si apre con una riflessione sul concetto di cultura che si snoda nei primi due capitoli affrontando tutti i temi che stanno alla base delle culture organizzative e introducendo il lettore alla ricerca IBM che diversi decenni fa ha dato il via all’analisi di Hofstede delle differenze delle culture nazioni riscontrate nei manager della multinazionale.
Il “modello di Hofstede”, che così nacque, fu poi ampliato per mezzo di altri studi (uno di questi venne condotto da Minkov), fino a giungere al punto di definire i lineamenti delle culture nazionali.
Si deve sottolineare che la ricerca che ha preso il via sostanzialmente negli anni Settanta è proseguita accumulando dati per tutti questi anni, fino a coinvolgere un numero altissimo di contesti culturali differenti. Inizialmente, il database era costituito dai risultati dei questionari su valori ed atteggiamenti diffusi nelle filiali IBM e fu questo corpus di informazioni a costituire il substrato dell’edizione del 1980 di Culture’s Consequences.
La seconda sezione del libro è dedicata all’analisi delle dimensioni della cultura come emerge oggi: le dimensioni che sono state prese in esame sono tutte di grande interesse a cominciare da quella che è stata identificata come “distanza dal potere”. Altre dimensioni fanno riferimento ai binomi individualismo-collettivismo, maschile-femminile, alle dimensioni della diversità, dell’incertezza, del rischio e dell’orientamento temporale (breve termine o lungo termine), e al binomio indulgenza-restrizione con, sullo sfondo, il concetto di benessere soggettivo.
La terza parte del testo esamina alcuni, ulteriori aspetti delle culture organizzative: in tale contesto emergono le analisi sui sistemi di management, di controllo e di leadership, e un’importante riflessione sulle analisi quantitative e sulle ricerche che invece adottano la metodologia qualitativa. L’ultima sezione torna sul concetto di interculturalità e chiude il volume, insieme a una ricca Bibliografia (bibliografia in lingua inglese: non sono state indicate le versioni italiane dei testi tradotti).
Nonostante l’indiscutibile spessore del testo, si deve notare la fragilità delle considerazioni psicologiche e psicosociali proposte dagli autori, e l’assenza di adeguati riferimenti teorici e di ricerca indirizzati in tal senso. Non ci si può nemmeno astenere dall’andare ad individuare la posizione dell’Italia in merito a tutti i parametri culturali che sono stati presi in esame, rimanendo per certi versi parecchio sorpresi dai risultati.
Si tratta dunque di un libro indispensabile per chiunque si trovi ad affrontare la gestione e la formazione delle risorse umane in ambienti complessi di natura multiculturale e, in generale, utile per coloro che sono interessati a evidenziare i parametri che differenziano non soltanto le culture organizzative, ma anche le dimensioni culturali e sociali diffuse nelle diverse aree del pianeta.
Andrea Castiello d’Antonio