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Sono trascorsi 40 anni esatti da quando lo psicoanalista Piero Bellanova pubblicò, a suo nome e a nome di tutti i componenti del gruppo di lavoro, l’articolo Formazione della coppia analitica e identità dello psicoanalista (Rivista di Psicoanalisi, XXVII, 1, 1981).
Il frutto di anni di incontri, discussioni e dibattitti che hanno spaziato dal primo contatto con il paziente, ai primi colloqui, fino al costituirsi di quel particolare campo che è costituito dal terapeuta e dal suo paziente.
“La coppia terapeutica, a differenza di quella amorosa, nasce e vive all’insegna della separazione”, si legge nelle prime righe di questo lavoro che riproduce il Panel presentato al IV Congresso Nazionale della SPI di Taormina, nel 1980.
Sono numerosi gli aspetti di interesse di questo contributo a cominciare dalla trasformazione dell’oggetto di studio, dalla prima intervista al “primo incontro” che, peraltro, avveniva non negli studi privati ma nell’ambito dell’Istituto Psicoanalitico, cosa che permise di elaborare una riflessione sulla cosiddetta realtà istituzionale.
Un secondo aspetto è l’emergere dell’ottica bipersonale.
L’attenzione non è più soltanto sul paziente – intervistato in una situazione che oggi possiamo definire di Intake Interview – ma sulla coppia analista-paziente, in cui alcuni concetti tradizionali della pratica clinica, come la diagnosi, tendono a perdere (forse meglio dire, oggi: a mutare) il loro significato.
Dal colloquio si passa poi ad interrogarsi sulla identità dell’analista – e come non ricordare, qui, gli infiniti dibattiti sulla identità dello psicologo che hanno accompagnato la nascita dei Corsi di Laurea in Psicologia, di Roma e Padova, negli Anni Settanta…
Lo psicoanalista – ma per estensione, oggi, possiamo ben dire, lo psicoterapeuta psicodinamico, o di orientamento analitico, sia esso medico o psicologo – è stretto tra l’idealizzazione del paziente e la sua dolorosa realtà in cui deve navigare tra distanza e partecipazione alle sofferenze del paziente.
Ecco emergere la doppia scelta tra terapeuta e paziente, il formarsi della coppia analitica e il dispiegarsi del processo in cui uno dei due opera come “guida esperta”, forse un po’ richiamando in questa immagine l’esperienza d’Oriente.
Lungi dal vedere il paziente come un “oggetto”, nel rapporto terapeutico sono contemporaneamente presenti molti livelli e nel cammino che si compie sono inevitabili i progressi, le fasi di stasi e i regressi.
In questo quadro molto ricco e variegato, ove sono presentate delle vignette cliniche da parte di alcuni dei membri del gruppo di lavoro, emerge la dinamica della scelta reciproca, ma direi soprattutto emerge quel fattore fondamentale che è la persona del terapeuta, un fattore che una certa parte di ambiente psicoterapeutico che potremmo definire scientista tende oggi a mettere in secondo piano – contro, peraltro, qualunque evidenza concreta!
Personalmente ho conosciuto molti di coloro che hanno fatto parte di questo gruppo di lavoro sulla coppia terapeutica e, naturalmente, ho avuto il privilegio di conoscere Piero Bellanova, la sua umanità, la sua saggezza e la sua scienza.
La psicoanalisi italiana degli Anni Settanta ed Ottanta era assai diversa da come si è poi sviluppata e da come è diventata oggi.
Un tempo le riviste di psicoanalisi – e non solo – erano luoghi in cui si affacciava solo chi voleva realmente comunicare qualcosa di significativo, e gli articoli erano il più delle volte brevi, chiari, comprensibili. Al di là dei confini italiani, ad esempio, sono diversi gli scritti di Karl Abraham che emergono esemplarmente come “scritti brevi”.
Un profluvio di parole ha da tempo preso il posto di quei contributi sintetici e significativi, e troppo spesso chi scrive lo fa per se stesso e non per gli altri, per salire sul podio, per esibirsi… Ma la realtà psicologica profonda si presta molto poco a simili deformazioni!
Andrea Castiello d’Antonio