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THE DARK TRIAD OF PERSONALITY IN PERSONNEL SELECTION
Prosegue l’interesse per i tre aspetti patologici della personalità denominati Dark Triad, la triade nera, o triade oscura, ormai studiati e oggetto di ricerche ed applicazioni in diversi campi del vivere umano tra cui, come nel nostro caso, la psicologia del lavoro e, segnatamente, la selezione delle risorse umane. Prima di entrare nel merito dell’eccellente testo firmato da Dominik Schwarzinger si può richiamare il volume curato da Peter Karl Jonason Shining Light on the Dark Side of Personality. Measurement Properties and Theoretical Advances (Hogrefe, 2022) che propone una riflessione teorico-clinica, segnalando, oltre alle tre componenti – il narcisismo, il machiavellismo e la psicopatia – una quarta, e cioè il sadismo, dimensione che completa il quadro che, quindi, prende il nome di Dark Tetrad. In questo testo curato da Jonason sono presentati e discussi numerosi strumenti self-report, ma è da evidenziare che è stato messo a punto un test apposito, illustrato nell’opera di Dominik Schwarzinger e del suo “maestro” Heinz Schuler Top - Dark Triad of Personality at Work (Hogrefe, 2021), di cui ci siamo già occupati su queste pagine, e che è disponibile dal 2021 anche in lingua italiana
https://www.hogrefe.it/it/catalogo/test/talent-assessment/top-dark-triad-personality-work/
Il testo di Dominik Schwarzinger è, in realtà, molto di più di un testo sulle applicazioni in chiave selettiva della triade oscura. Sia i primi capitoli, sia il taglio globale della trattazione, conducono il lettore a recuperare le origini degli studi che hanno portato a identificare il narcisismo, il machiavellismo e la psicopatia (psicopatia del genere subclinico) come tre aspetti costituenti di un’unica realtà patologica; infatti è del 2002 il lavoro che ha dato inizio a tutto ciò (Paulhus, D. L, Williams, K. M. (2002), “The Dark Triad of personality: Narcissism, Machiavellianism, and psychopathy”. Journal of Research in Personality, 36, pp. 556– 563) e nel corso degli anni – come si vede molto bene dai grafici che sono riportati nel testo – il numero dei contributi sul tema è andato via via ampliandosi. Dunque, in tale ottica, i primi passi che l’autore compie in questo volume sono finalizzati a rispondere alla domanda “perché dobbiamo prendere in considerazione la dark triad nel mondo del lavoro?”. Nel capitolo secondo sono così esplorati alcuni aspetti teorici e di metodo certamente interessanti e che, appunto, vanno molto al di là delle applicazioni in selezione delle risorse umane del concetto: la dark triad è confrontata con l’ultima edizione del DSM, la quinta, ma anche con il modello dei Big Five, e ci si chiede come mai in questo modello sia assente qualunque riferimento alle tre componenti della triade nera che, pure, sono così evidentemente presenti (anche) nel mondo del lavoro, concludendo con la prospettiva della costruzione di una tassonomia più ampia e completa in cui queste tre componenti possano trovare spazio.
Il Narcissistic Work Approach (NWA), la Machiavellian Work Attitude (MWA), e lo Psychopathic Work Style (PWS) – come sono stati definiti nell’edizione originaria inglese – emergono molto bene nel terzo capitolo in cui sono esaminati diversi punti di vista attraverso i quali può essere considerata la dark triad, e anche le criticità che l’introduzione di questo nuovo, grande fattore ha portato con sé nel campo della psicologia. Si deve, infatti, ricordare che pur nel proliferare di studi sull’argomento sono state avanzate diverse critiche sulle metodologie adottate in questi studi: alcuni sono apparsi eccessivamente basati su esperienze specifiche e quindi scarsamente generalizzabili, mentre altri hanno fatto emergere dubbi sul metodo adottato. C’è anche da dire che questo campo di indagine ha sollecitato l’interesse del grande pubblico se, con tale termine, si intende qualcosa di vicino alla folk psychology, cioè alla psicologia popolare, divulgativa (non sempre “seriamente” divulgativa).
La preoccupazione per i cosiddetti comportamenti contro-produttivi e le varie forme di leadership abrasiva emerge gradualmente nel testo a cominciare soprattutto dal quinto capitolo in cui ci si interroga sulle possibilità di individuare per tempo questi tratti nel soggetto. Possibilità, naturalmente, di genere tecnico, quindi in riferimento agli strumenti da poter utilizzare, con una nota sulla grande e ormai molto nota debolezza che accompagna gli strumenti testistici self-reporting e cioè la deliberata falsificazione delle risposte da parte del soggetto. Queste considerazioni puntano infine ad introdurre e delineare le caratteristiche salienti del TOP, il test sviluppato tra il 2010 e il 2015 proprio al fine di evidenziare i tre tratti disfunzionali. Ciò che sembra mancare in tutte queste interessanti considerazioni è l’andare oltre gli “strumenti di misura”, cioè i test e i questionari di personalità, nelle loro varie tipologie, a prendere in considerazione anche le altre due grandi metodologie di assessment: i colloqui psicodiagnostici (avvicinabili alle in-depth interview) e le dinamiche di gruppo, tra cui le varie forme di Assessment & Development Center. Se si rimanesse soltanto sul piano delle applicazioni di test, pur se ottimamente costruiti e validati, si mancherebbe, a mio avviso, di realizzare quell’assessment multidimensionale che è emerso come l’unica strada valida per comprendere i lineamenti di una persona in valutazione, come ho descritto nel mio libro Il capitale umano nelle organizzazioni (Hogrefe, 2020). Al di là di ciò, prendere in considerazione la dark triad significa offrire ai decisori delle organizzazioni uno strumento in più per la scelta delle risorse umane soprattutto quando si tratta di dover gestire la presenza, o bloccare l’ascesa, di soggetti disfunzionali collocati, o collocabili, in ruoli di responsabilità organizzativa.
Andrea Castiello d’Antonio
Questa recensione è stata pubblicata nel sito “PANORAMA RISORSE UMANE”
ISPER, Giugno 2023