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THE END OF PERFORMANCE APPRAISAL

Titolo: 

THE END OF PERFORMANCE APPRAISAL

Autori: 
Armin Trost
Casa editrice: 
Springer, 2017, Pp. X+185, $ 89.99 (Hardcover)

Questo volume compare nelle Book Series: Management for Professionals, una collana editoriale molto nota a livello internazionale e di elevato spessore. Con il sottotitolo A Practitioners' Guide to Alternatives in Agile Organisations, l’autore propone una riflessione molto interessante e di ottimo taglio critico su tutto ciò che rappresenta (e che dovrebbe rappresentare) la valutazione delle prestazioni nel mondo del lavoro.

In sostanza, il libro (tradotto dal tedesco da Emily Plank) vuole rispondere ad una serie di importantissime domande, come le seguenti: quale genere di sistema di valutazione delle prestazioni è utile e per quale tipologia di organizzazioni? Che cosa è davvero possibile ottenere da sistemi di tale genere e cosa, invece, non ci si deve aspettare? Quali sono le condizioni di contesto che rendono possibile una buona applicazione del sistema? E, soprattutto, come fare a tradurre il sistema di valutazione delle prestazioni nei contesti dinamici delle organizzazioni proteiformi e ad alta intensità di conoscenze di oggi?

Il testo si apre con un ricordo personale dell’autore il quale ha iniziato molti anni fa ad occuparsi di performance appraisal, quando era un professionista HR e lavorava per SAP AG. Da allora ad oggi ha svolto numerose altre esperienze professionali, è diventato professore universitario, si è confrontato con differenti soggetti sul tema della valutazione delle prestazioni ed ha pubblicato numerosi articoli, fino ad esaminare scrupolosamente la letteratura sull’argomento. In linea con l’esperienza che i professionisti HR possono sicuramente maturare anche in Italia, la valutazione delle prestazioni (ricorda Trost) può essere vissuta dalle persone che vivono nelle aziende come una noiosa procedura burocratica, un dovere da compiere, un potenziale momento di conflitto interpersonale, oppure (infine) come un costruttivo tempo da dedicare al dialogo capo-collaboratore – sul tema vedi Andrea Castiello d’Antonio (2013), Il colloquio di valutazione delle prestazioni. Franco Angeli, Milano -.

Nei casi in cui le cose non vanno per il giusto verso, le direzioni aziendali generalmente incolpano i manager che non sanno – o non vogliono – dedicare la giusta attenzione alla valutazione dei loro collaboratori. Tenendo anche presente che “i manager daranno valutazioni più positive ai collaboratori di cui hanno urgente necessità e di cui sono dipendenti. Essi naturalmente tendono indirettamente a usare – in verità, ad abusare – della valutazione prestazionale nell’ottica di uno strumento di retention” (p. 94).

Il discorso che propone l’autore parte da lontano, con una riflessione sul concetto stesso di valutazione delle prestazioni e sulle condizioni che ne possono rendere accettabile ed utile l’impiego – condizioni che non possono essere date per scontate in alcun sistema socio-tecnico -. Distinguendo i diversi tipi di valutazione che sono applicati nel mondo del lavoro, Trost si chiede chi siano i “clienti” della valutazione delle prestazioni (capitolo terzo) e quali benefici possono trarre dall’utilizzo del sistema. Ogni sistema di gestione delle risorse umane deve essere ben posizionato all’interno dell’architettura organizzativa e ben supportato dagli altri sistemi: ma è sempre così? Naturalmente la risposta è negativa, e la valutazione delle prestazioni può anche avere un effetto “tossico”!

Nel quarto capitolo sono esaminati i requisiti organizzativi e culturali che dovrebbero vivere intorno al sistema di valutazione delle prestazioni, considerando alcuni dei rilevanti cambiamenti del mondo del lavoro (altri saranno presi in esame successivamente, nelle pagine del libro) come il networking, l’interdipendenza, i nuovi obiettivi e i target complessi che sono oggi determinati dai repentini e continui cambiamenti del business. La valutazione delle prestazioni, vista anche come un processo di social judgement, chiama in causa una varietà di tipologie di manager, ed ecco emergere una delle difficoltà nell’applicare un sistema che, di per sé, appare assai rigido: applicare un sistema di tal genere in una platea di esseri umani composita e variegata potrebbe dare risultati poco soddisfacenti.

Un secondo motivo di difficoltà sta nel fatto che i sistemi di performance evaluation sono stati concepiti per organizzazioni stabili e gerarchicamente organizzate mentre oggi il problema è applicare tali sistemi nelle agile organizations. Questo è l’aspetto centrale dell’argomento che Trost prende in esame, proponendo una vera e propria rivoluzione del concetto e della prassi del performance appraisal che vede ribaltare i canonici punti di riferimento. Ad esempio, proponendo la peer evaluation, l’auto-regolazione del collaboratore, e un parallelo mutamento nelle qualità manageriali dei superiori. Ma numerose altre indicazioni inducono nel lettore una serie di riflessioni sicuramente utili per affrontare le nuove realtà di lavoro.

Per concludere si deve ricordare che Armin Trost è autore di un altro testo interessante e di grande attualità, pubblicato nel 2014, che è Talent Relationship Management. Competitive Recruiting Strategies in Times of Talent Shortage (Springer).

 

Andrea Castiello d’Antonio