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FERITE SIMBOLICHE. UN’INTERPRETAZIONE PSICOANALITICA DEI RITI PUBERALI
Esce per i tipi dell’editore ES di Milano (ed. orig.: Symbolic Wounds: Puberty Rites and the Envious Male. Glencoe: Free Press, 1954), collocato con il numero 144 nella Biblioteca dell’Eros, un famoso saggio di Bettelheim che, nel nostro paese, ha già avuto almeno due traduzioni importanti negli ultimi trentacinque anni - Sansoni (Firenze, 1973) e Bompiani (Milano, 1996) -.
Vale solo ricordare di sfuggita che, nel corso del tempo, dello stesso autore sono state tradotte in italiano numerosissime opere per opera di diverse importanti case editrici, come Feltrinelli e Adelphi.
Bruno Bettelheim (Vienna, 28 agosto 1903 – Silver Spring, 13 marzo 1990) parla, in questo libro, di ciò che di primitivo vi è nell’essere umano, sulla base sia delle estese osservazioni compiute alla Sonia Shankman Orthogenic School OF THE University of Chicago, sia del suo studio della letteratura antropologica sull’iniziazione. Dopo aver passato in rassegna le due classiche interpretazioni dei riti puberali – interpretazioni ad impronta antropologica e psicoanalitica – B dispiega il proprio punto di vista facendo inizialmente riferimento alle sue osservazioni cliniche effettuate in ambito istituzionale: nelle ragazze sono state osservate soprattutto le reazioni ambivalenti alle mestruazioni, mentre nei ragazzi lo studio si è soffermato sulle reazioni emotive ed i significati della circoncisione, e più in generale, sull’invidia del maschio verso le funzioni femminili – vedi la variegata reazione dell’uomo all’evento della nascita -.
Nel terzo capitolo (Sfida alla teoria), B propone le sue opinioni circa la paura del padre ed i desideri edipici dei bambini, criticando la spiegazione freudiana dell’angoscia di castrazione sulla base di considerazioni sociali e culturali, e sulla base della sua personale lettura degli studi antropologici.
Dopo aver proposto una spiegazione per comprendere il limitato sviluppo delle strutture egoiche e superegoiche nei popoli primitivi, B afferma che “anche se la teoria psicoanalitica sostiene che l’inconscio è solo marginalmente, anzi non è affatto toccato dal processo di civilizzazione, io non ne sono convinto” (p. 62), specificando che allorché la psicoanalisi si avventura al di fuori del campo clinico, i rischi di interpretazioni completamente errate aumentano in modo esponenziale.
La presentazione di sette nuove ipotesi di lavoro precede le considerazioni che mettono in evidenza le analogie tra gli studi sull’iniziazione e il comportamento tenuto dai bambini dell’Orthogenic School, cosa che promuove la riflessione sui riti della pubertà secondo un’ottica integrata psicoanalitica ed antropologica.
I riti di iniziazione sono considerati fenomeni che possono avere, contemporaneamente, una caratteristica progressiva e regressiva, permettendo ai giovani di esprimere la loro ambivalenza vero la crescita, non configurandosi necessariamente come un’espressione di aggressività degli adulti verso i giovani. “Tali cerimonie dovrebbero quindi essere intese come tentativi, da parte dei giovani o della società, di conciliare le grandi antitesi esistenti fra il bambino e l’adulto, fra il maschio e la femmina” (p. 69).
Molte pagine sono poi dedicate al rito della fertilità, con un passaggio certamente attuale sulla situazione psicologica di giovani che si sono sottoposte a rinoplastica estetica.
Ribadendo il suo scetticismo circa l’idea che i genitori siano fondamentalmente gelosi dei propri figli, B sottolinea che i riti di iniziazione costituiscono in sostanza dei tentativi di padroneggiare sentimenti e desideri polivalenti, e la frizione tra questi stessi desideri con i ruoli che la società impone agli adulti.
Andrea Castiello d’Antonio
Questa recensione è stata pubblicata nella rivista “PSICOTERAPIA E SCIENZE UMANE”, numero 3, anno XLI, 2007.