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Si sta manifestando un fenomeno forse poco prevedibile nella fascia di età preadolescenziale e dell’adolescenza.
Giovani maschi che mettono in atto comportamenti autoritari, di forte controllo e possessività sulla partner, fino al limite dello stalking e della persecutorietà. E giovani femmine che accettano tutto questo e lo ritengono una… prova di amore!
Dalle testimonianze di educatori e forze dell’ordine emerge un modo di fare maschile che sembrava tramontato: il ragazzo ritiene di AVERE IL DIRITTO di dire alla partner se e quando-come può uscire ad incontrarsi con le amiche, o girare per conto proprio.
Pretende di mantenere IL CONTROLLO A DISTANZA con la geolocalizzazione.
Si assume il diritto di fare scene di GELOSIA violente nel caso qualcosa – ai suoi occhi – non torni. O, al rientro della ragazza, le prende con brutalità il cellulare per controllare con chi ha chattato o parlato.
Di fronte a questi comportamenti basati su controllo e sopruso – in una parola: sulla VIOLENZA MORALE, quando non anche su quella fisica – le ragazze appaiono conniventi, giustificando indirettamente una visione distorta e malata delle relazioni maschio-femmina, e in generale delle relazioni di coppia.
Assecondare condotte moralmente violente scambiandole per forme, se non proprio di “amore”, comunque di interesse – “Mi segue, mi pensa, ci tiene a me, vuole sapere cosa faccio…” – può far sentire protetta la ragazza, scambiando il controllo e il possesso con la protezione e con una sana preoccupazione.
L’idea di essere innamorate (e di aver conquistato il ragazzo) fa sorvolare su molte, troppe cose, e le ragazze, in specie, tendono ad INNAMORARSI DELL’AMORE, cioè del sentimento che provano, mentre il ragazzo rimane più distaccato e dominante.
Si tratta di situazioni che possono scivolare verso la persecutorietà, verso la violenza fisica, o verso ciò che si chiamava plagio – seguendo il percorso che va dalla tolleranza all’accettazione, fino alla giustificazione! – amplificati dalla connessione in rete e dal mondo virtuale di cui i giovani fanno largo uso, com’è noto.
Situazioni di questo genere si verificano in ogni ambiente sociale e spesso rimangono ignote ai genitori e anche al gruppo dei pari, alle amiche della ragazza, mentre i maschi tendono a farsene vanto o a vivere come normale un comportamento di predominanza e di superiorità.
Una certa educazione d’altri tempi può d’altronde inculcare nelle giovani l’idea della femminilità come PASSIVITÀ E SOTTOMISSIONE, o almeno OBBEDIENZA E COMPIACENZA nei confronti del volere-desiderio maschile. Ciò fino all’estremo di giustificare l’atto violento del partner maschile, il rimprovero, la punizione e l’esplosione di aggressività.
L’esaltazione degli ASPETTI ESTETICI E LA CURA DEL CORPO – con tutto ciò che esso comporta agli estremi, compreso considerare il proprio corpo come una specie di “macchina” che deve essere sempre perfetto e aderente ai “modelli di successo” – incide notevolmente sul mondo femminile (ma non solo, basti pensare al CULTURISMO GIOVANILE e al mito di prestazione negli SPORT ESTREMI basati sul combattimento).
Una impostazione di questo genere, se si prolunga nella vita, tenderà a CONSOLIDARE RUOLI MASCHILI DI DOMINIO E SOPRUSO, E RUOLI FEMMINILI PASSIVI E CONSENZIENTI. E ciò si potrà ripetere una volta che i soggetti saranno diventati genitori.
Il modello di maschio duro, che comanda, e che non deve dare segni di emozione o debolezza si interfaccia così con il modello della femmina dolce e remissiva, ma ciò crea la cultura della violenza, della discriminazione, delle RELAZIONI TOSSICHE up/down.
Ancora una volta è negli spazi di Education, famiglia e istruzione, che si dovrebbe intervenire, offrendo inoltre il buon esempio da parte di chi occupa ruoli istituzionali e di prestigio.
Ancora una volta si dovrebbe rivedere il grande mondo della socializzazione, della transizione dalla gioventù all’adolescenza, della sensibilizzazione ed educazione sentimentale e sessuale, dell’alfabetizzazione emotiva precoce.
Andrea Castiello d’Antonio