CONTATTAMI

Per appuntamento

La seduta può essere svolta presso il mio studio oppure online tramite videochiamata.

* campo obbligatorio

CAPTCHA
Questa domanda è un test per verificare che tu sia un visitatore umano e per impedire inserimenti di spam automatici.

GLI INGEGNERI NON VIVONO, FUNZIONANO

Questa battuta, simpatica ma anche un po’ cattiva, rappresenta molto bene, e in poche parole, una TIPOLOGIA UMANA abbastanza diffusa, oggi, nel MONDO DEL LAVORO – soprattutto nei mondi altamente tecnologici: aziende di informatica, imprese che operano nei servizi digitali, nel Web…

 

Alcuni percorsi di formazione, alcune tipologie di lauree, finiscono con il consolidare in certe persone un orientamento, un carattere già impostato in un modo che potremmo intanto definire, ASETTICO. Si tratta, naturalmente, delle lauree tecniche, matematiche, statistiche e informatiche, e dei percorsi in ingegneria (con qualche eccezione).

Accade, così, che sulla base di un carattere schivo, silenzioso, analitico – direi sulla base di una tipologia “CEREBROTONICA”, per richiamare antiche classificazioni – si innesta un fervore intellettuale di studi e di apprendimento in cui le dimensioni SOCIALI, RELAZIONALI ed EMOTIVE sono vissute poco o per nulla.

Persone che studiano da sole, al riparo delle loro stanze, apprendendo concetti “freddi” e, molto spesso, ottenendo ottimi risultati: compiono eccellenti percorsi universitari, concludono con votazioni di laurea di tutto rispetto. Peccato che nel comparto delle COMPETENZE TRASVERSALI, delle SOFT SKILLS, siano rimasti… bambini!

Nel momento in cui una persona così impostata e che si è così costruita nel percorso universitario entra in un SETTORE TECNOLOGICO il ciclo si chiude. Cioè, si rafforza e si consolida ancor più, dato che IL RUOLO PROFESSIONALE porterà la persona a sviluppare sempre di più le capacità già ampiamente sviluppate, a discapito di altre.

Sempre più investimento sui PROCESSI COGNITIVI SUPERIORI, e sempre meno sviluppo delle QUALITÀ EMOTIVO-RELAZIONALI!

 

In PSICOLOGIA CLINICA, cioè nella psicoterapia, si incontrano coppie in cui la

“lei” è disperata, soprattutto se si tratta di una donna estroversa e socievole. Non riesce a comunicare con il suo “lui”, e le poche volte che riesce a bloccarlo per scambiare due parole quello sta lì, con lo sguardo perso nel vuoto, o contemplando la punta delle sue matite, apatico e asettico. E al momento in cui gli chiede “Allora? Che cosa mi rispondi?”, la risposta è… niente!

Soggetti di questo genere non sono una barzelletta – per nulla! A certi livelli di “gravità” rappresentano un bel problema di salute mentale. Infatti, sono avvicinabili ai cosiddetti ALESSITIMICI, letteralmente persone che NON HANNO PAROLE per le emozioni, che non sanno descrivere i sentimenti che provano, che non possiedono intelligenza emotiva (o intelligenza sociale).

Vivono tendenzialmente isolati nel loro guscio, preferendo il mondo virtuale al mondo reale, senza consapevolezza e con minimo interesse per tutto ciò che è interiorità, dimensione psicologica.

 

DALTONICI DEI SENTIMENTI.

In ambito GESTIONE RISORSE UMANE, un noto e stimato consulente di management, Manfred F. R. Kets de Vries, li ha denominati PESCI LESSI.

Scrive de Vries: “essi si comportano come l’Uomo di latta nel Mago di Oz, il personaggio che non sapeva piangere. Per l’Uomo di latta, esprimere le emozioni era pericoloso: se avesse pianto le lacrime gli avrebbero fatto arrugginire le cerniere del viso e le giunture e, se ciò fosse accaduto, egli non avrebbe più potuto aprire la bocca né parlare o camminare”.

Quando una persona di questo genere è promossa in un RUOLO DI RESPONSABILITÀ GESTIONALE, management o leadership… sono problemi.

Essendo incapace di vivere una vita emotiva e di relazione, non sa gestire i collaboratori che, infatti, cerca di tenere ben lontani, A DISTANZA DI SICUREZZA – magari implementando i sistemi di controllo e l’organizzazione burocratica.

 

INCAPACE DI COMUNICARE E DI CONDIVIDERE, si chiude nel proprio spazio ed evita di essere chiamato in situazioni di gruppo, gestendo le persone con e-mail e, se proprio non può farne a meno, organizzando brevi colloqui impersonali e gelidi, centrati esclusivamente sulle “cose-da-fare”.

Un bel problema sia per i collaboratori che per tutti coloro che ruotano intorno a lui!

 

Andrea Castiello d’Antonio