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The Handbook of Brief Therapies. A Practical Guide
I quindici autori e la coordinatrice Sarah Parry hanno dato vita a un testo specificatamente indirizzato a offrire un quadro globale delle cosiddette terapie brevi, un argomento sul quale si è sviluppato un notevole interesse anche in base ai mutamenti che sono intercorsi negli ultimi decenni nella richiesta di psicoterapia da parte di pazienti reali o potenziali.
Come si sa, l’idea di abbreviare i percorsi di cura psicologica risale a molto tempo fa e alcuni citano in tal senso lo stesso Sigmund Freud il quale svolse, nei fatti, anche delle terapie brevi. Nelle due ampie sezioni e nei quindici capitoli di questo manuale non si ripercorre, nello specifico, la storia e lo sviluppo delle terapie brevi, optando per entrare immediatamente nel merito dell’argomento con l’Introduzione a firma della curatrice nella quale si puntualizzano alcune key components, alcuni aspetti essenziali degli interventi brevi; sono così menzionati e sinteticamente illustrati due concetti che sono alla base delle psicoterapie brevi (ma, in realtà, di qualunque psicoterapia): la relazione terapeutica (o alleanza di lavoro), con accenni all’opera di Bowlby sugli stili di attaccamento negli adulti, al bisogno biosociale dell’essere umano di trovare una connessione con altri suoi simili, e alla tendenza a ricercare una base sicura; e la formulazione del caso (o formulazione clinica, formulazione del problema, ricerca delle soluzioni) presentata in otto punti essenziali che rispondono alla domanda Di cosa ha bisogno il paziente?
Il primo capitolo è dedicato alla terapia cognitivo-comportamentale breve, sviluppatasi circa venti anni fa dalla classica CBT – Cognitive Behaviour Therapy; a questo primo contributo fa seguito il capitolo sulla terapia a tempo limitato centrata sulla persona; in questo caso il riferimento è all’opera di Carl Rogers degli Anni Quaranta, e al movimento della Humanistic Psychology. Questi primi due capitoli, insieme al capitolo settimo sulla terapia dinamica breve, sono forse quelli più chiaramente identificabili e riconducibili agli storici filoni di sviluppo della clinica psicologica
Alla Motivational Interviewing - MI – una tecnica sviluppata da Miller e Rollnick negli Anni Novanta – è dedicato il capitolo terzo, e qui si enfatizza in specie il carattere collaborativo del rapporto paziente-terapeuta, mentre dal mondo delle terapie familiari deriva la Short-Term Family Therapy, illustrata nel quinto capitolo con una breve introduzione sulla varietà di approcci che sono oggi presenti in questa area. Anche la recentemente ideata ACT – Acceptance & Commitment Therapy trova qui la sua formulazione breve (per meglio dire: short-term), con il richiamo alle tecniche di mindfulness, alle strategie di cambiamento comportamentale e a tutto ciò che fa riferimento alla cosiddetta terza ondata della CBT.
Uno dei capitoli più interessanti è proprio il settimo che tratta della Dynamic Interpersonal Therapy – DIT (vedi, al proposito, i lavori di Fonagy e Target) nella sua forma breve appositamente costruita per trattare le problematiche di ansia e depressione. Si tratta di un approccio basato su sedici sedute ed applicato in Gran Bretagna nei servizi di prima assistenza, un ambiente socio-sanitario complesso che nel testo è richiamato anche nel capitolo undicesimo dal titolo Brief Interventions in Hospital Settings.
Si notano poi alcuni contributi che trattano approcci terapeutici meno noti come la CFT – Compassion Focused Therapy, “indicata specialmente per coloro che hanno fatto esperienza di alti livelli di sentimento di vergogna, di autocritica e di attacco a sé” (p. 123) sviluppata da Paul Gilbert, e la CAT – Cognitive Analytic Therapy che è presentata insieme alla Psychodynamic Interpersonal Therapy sulla base del fatto che entrambi gli approcci sono proposti in un tempo compreso tra i quattro e i sei mesi, oppure nel contesto di 16-24 sessioni.
Alcuni metodi non sono molto conosciuti, almeno nel contesto italiano. E’ il caso, ad esempio, della Solution-Focused Brief Thrapy – SFBT (quarto capitolo) orientata a esplorare cosa funziona correttamente nel paziente piuttosto che le sue difficoltà e, su questo, identificare cosa accade nella persona quando il problema non emerge, inducendo e rafforzando il cambiamento positivo.
Nella seconda parte del testo sono illustrate le modalità che la curatrice ha definito integrative come l’arte-terapia e la psicoeducazione, con un capitolo dedicato alla terapia cognitivo-comportamentale via internet (sempre nella forma abbreviata).
La pressoché totalità degli approcci qui indicati mi sembra che abbiano in comune almeno i seguenti tre aspetti: focalizzazione sul problema e/o sull’obiettivo (goal setting), atteggiamento attivo del terapeuta, e fissazione del limite temporale e/o del numero delle sedute.
Molte di queste tecniche sono inoltre dichiarate evidence-based e alcune di esse sono applicabili all’interno di diversi contesti teorici (ad esempio: l’orizzonte psicodinamico e l’ambito cognitivo-comportamentale). Spesso orientate al futuro e operanti sul comportamento overt, questi approcci appaiono flessibili, diretti a produrre cambiamenti rapidi e visibili nel paziente e quindi più facilmente valutabili nei loro risultati. L’orientamento umanistico e della Positive Psychology caratterizza alcuni di questi approcci come, ad esempio, la MI.
E’ certamente apprezzabile il carattere pratico del manuale, la chiarezza delle esposizioni e le sintesi che ogni capitolo propone; inoltre, al termine del testo è collocata la Comparative Summary Table in cui i tredici metodi psicoterapeutici illustrati sono codificati in base a quattro parametri: l’approccio, lo stile, gli scopi e i risultati attesi.
Se si vuole trovare un limite di questo lavoro si deve notare che gli autori dei capitoli non sempre sono i rappresentanti di spicco dei diversi indirizzi terapeutici che sono qui trattati – ciò a differenza di altri testi a più voci in cui sono stati chiamati a scrivere i diversi contributi esponenti storici o professionisti di punta di ciascuna scuola di psicoterapia. Le presentazioni risentono, pertanto, di un approccio tendenzialmente scolastico, talvolta comunque ben costruito, ma altre volte pedissequo e tendenzialmente superficiale. Si potrebbe infine ragionare sulla scelta dei metodi inseriti nel testo e sull’eventuale esclusione di altre forme di psicoterapia.
Andrea Castiello d’Antonio
Questa recensione è stata pubblicata nel mese di AGOSTO 2022, sulla rivista online PSYCHIATRYONLINE