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Hans e gli altri. Dieci bambini che hanno cambiato la storia della psicoanalisi

Titolo: 

Hans e gli altri. Dieci bambini che hanno cambiato la storia della psicoanalisi

Autori: 
Marco Innamorati
Casa editrice: 
Raffaello Cortina, 2023, pp. 181, € 18,00

Si avvertiva la mancanza di un libro come questo, un libro che, immagino, numerosi psicoanalisti infantili avrebbero voluto scrivere. L’idea è originale e intrigante: rivisitare gli sviluppi del pensiero e della clinica psicoanalitiche attraverso le storie di alcuni piccoli pazienti divenuti, in letteratura, dei casi clinici anche famosi; ciò è compiuto trasversalmente, muovendosi nei decenni e attraverso varie latitudini, interpellando autori di diverso orientamento psicoanalitico ma persino un soggetto decisamente esterno alle psicologie dinamiche com’è John Broadus Watson. E giustamente l’autore sottolinea che la storia delle psicoterapie è intrinsecamente legata ai casi clinici, a quelle persone che sono state pazienti – e qui corre il pensiero ai resoconti di coloro che sono stati in analisi con lo stesso Sigmund Freud (v. Lucilla Albano, Il divano di FreudMahler, l'Uomo dei Lupi, Hilda Doolittle e altri. I pazienti raccontano il fondatore della psicoanalisi. Il Saggiatore, Milano, 2014).

Il testo si apre con il piccolo Hans, quella primordiale analisi infantile condotta da Freud per interposta persona, cioè tramite il padre di Herbert Graf; sorprendentemente segue il caso che fu proposto dalla scuola comportamentista di Watson il quale pubblicò nel 1920, insieme a Rosalie Rayner, il caso di cosiddetta nevrosi sperimentale, cioè una nevrosi indotta al preciso scopo di confermare il punto di vista comportamentista e confutare l’ottica psicoanalitica.

Seguono il capitolo dedicato al “contributo kleiniano [che] si rivelò fecondo e fruttuoso anche sul piano teorico, influenzando, tra l’altro, in modo decisivo il modello strutturale delle relazioni oggettuali” (p. 55) e all’analisi che il medico pediatra e psicoanalista Donald Winnicott condusse con la piccola Gabrielle. Dall’Europa al Nordamerica ecco entrare in scena Ernst Kris (capitolo quinto), “personaggio assai poliedrico. Si era interessato di arte prima che di psicologia, riuscendo ad affermarsi fin da giovanissimo come un’autorità internazionale nello studio della scultura del Rinascimento” (p. 75); le osservazioni di Kris sulla bambina Anne danno adito a un’analisi delle teorie motivazionali dibattute nel campo della psicologia dinamica, mentre il caso seguente conduce il lettore verso il mondo delle psicosi infantili, guidati da Margaret Mahler e dalla sua Stanley (su cui Mahler scrisse diversi articoli). Seguono i capitoli dedicati a John Bowlby e a Selma Fraiberg – “uno dei personaggi più sottovalutati nelle storie della psicoterapia e della psicoanalisi” (p. 119) che indicò nel sistema genitore-bambino il vero campo di intervento, mentre il penultimo capitolo tratta del Diario di un bambino (1990; tr. it.: Mondadori, Milano, 1991), opera di Daniel Stern, di carattere divulgativo e immaginifico: “Joey […] è un personaggio completamente inventato, anche se è il frutto della sintesi di esperienze e dati assolutamente reali” (p. 144).

L’ultimo capitolo – Beatrice Beebe e i tre volti di Elliott – presenta una situazione singolare di un piccolo paziente di cui “non sappiamo e non sapremo mai nulla, dato che di lui è possibile seguire solo pochi minuti di vita, prima che il suo volto ritorni tra le nebbie di un rigoroso anonimato” (p. 151).

Ognuno dei dieci capitoli del testo è strutturato in modo tale da contestualizzare il caso proposto, illustrandolo anche con una sorta di vignetta clinica non senza aver precisato il momento storico in cui si colloca l’iter professionale e scientifico dell’autore che ha proposto il caso, e concludendo con osservazioni storico-critiche in cui si valorizza il significato dello studio per la storia della psicoanalisi. Nelle Conclusioni l’autore spiega ampiamente i criteri della scelta delle dieci storie cliniche e il motivo per il quale non compaiono nomi eccellenti dell’analisi infantile come quello della figlia di Freud, Anna.

Apprezzabili i riferimenti a Carl Gustav Jung, troppo spesso posto a latere delle riflessioni sui mille volti delle psicoterapie (v. M. Trevi, M. Innamorati, Riprendere Jung. Bollati Boringhieri, 2000), mentre si sarebbe voluto leggere qualche riferimento a persone come August Aichhorn, Hans Zulliger – v. la mia recensione al testo di Zulliger Das magische Denken des Kindes. Beiträge zur Psychoanalytischen Pädagogik und Kinderpsychotherapie qui http://www.psychiatryonline.it/node/9858 – e Oskar Pfister, al movimento di pedagogia psicoanalitica e a ciò che a suo tempo emerse sotto la denominazione di pedoanalisi, pur concordando con la seguente osservazione dell’autore “senza il contributo di Melanie Klein, la psicoterapia infantile sarebbe forse rimasta a lungo limitata a un blando intervento psicopedagogico” (p. 161).

Sarebbe interessante poter leggere nel futuro un lavoro su quelle situazioni minori o meno conosciute in cui i primi analisti si sono cimentati osservando ed eventualmente trattando (per così dire) i propri stessi figli – v. Andrea Castiello d’Antonio, Karl Abraham e l’interesse per lo studio del bambino. Giornale Storico di Psicologia Dinamica, VII, 13, 102-133, 1983. Ma si devono aggiungere ancora due note su questo bel libro di Marco Innamorati, la prima delle quali fa riferimento allo stile espositivo dell’autore, piacevole e scorrevole, ma di una precisione e di una erudizione uniche, come del resto si era già apprezzato nel voluminoso lavoro firmato insieme a Renato Foschi Storia critica della psicoterapia (Raffaello Cortina, 2020). La seconda nota si riferisce all’immagine che è stata scelta per la copertina, un’immagine davvero accattivante e che, allo stesso tempo, evoca esattamente lo spirito del libro: se esistesse un premio per la migliore copertina questo volume potrebbe senza dubbio concorrere con notevoli speranze di vittoria!