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I TEST CHE LO PSICOLOGO DEVE CONOSCERE
A distanza di dodici anni dalla prima edizione di questo testo – uscito nel 2008 e intitolato I dieci test che lo psicologo deve conoscere – questo aggiornamento ed ampliamento appare particolarmente utile ed opportuno per chiunque si occupi di valutazione psicologica nei diversi ambiti della psicologia applicata.
Dagli iniziali “dieci” test da conoscere oggi, tutto sommato, non si è in presenza di un numero particolarmente alto, considerato che i test che sono presentati sono complessivamente tredici. Ciò è del resto indicativo del non facile cammino che si percorre (non solo in Italia, naturalmente) nel momento in cui ci si accinge a creare un nuovo strumento testologico: trascorrono spesso anni prima che un nuovo test sia, come si dice, messo sul mercato, cioè sia pubblicato e quindi utilizzabile dagli specialisti i quali possono consultare l’intero apparato documentale e di ricerca-applicazione.
Questo libro esce nella collana Manuali di psicologia. Serie basic in cui compare un altro testo di grande interesse per lo psicologo professionista che opera nello specifico in setting di gruppo, nelle diverse situazioni, è cioè Il gruppo in teoria e in pratica, a firma di Cesare Kaneklin (2010), che reca il significativo sottotitolo L’intersoggettività come forza propulsiva.
Il testo è suddiviso in due ampie parti. Nella prima parte sono presentati i test cognitivi, cioè le prove che valutano l’area dell’intelligenza, un concetto assai “largo” su cui da sempre esistono diversi punti di vista ma almeno due di questi sono considerati nella Introduzione (di Chiara Michelotti e Margherita Lang) alla sezione: il punto di vista unitario (l’intelligenza come fattore globale) e quello articolato in N differenti elementi o abilità. In questa sezione del volume sono illustrati cinque test di cui tre fanno riferimento all’imponente opera costruita da David Wechsler (Lespede, Romania, 1896 - New York, 1981), iniziata negli Anni Trenta e portata avanti nei decenni successivi.
La seconda parte è dedicata ai test di personalità ed è introdotta da Margherita Lang. Questa seconda parte è forse quella più interessante, suddivisa in tre sotto-sezioni: i Self-Attribution test, gli Stimulus-Attribution test, e gli Storytelling. Negli otto capitoli che compongono questa seconda parte emergono senza dubbio i due capitoli dedicati al Rorschach Test (va ricordato che il 2021 è stato l’anno del centenario della nascita di questo importantissimo strumento psicodiagnostico), e i quattro capitoli che presentano altrettanti significativi questionari di personalità. Proprio tra questi ultimi, oltre al classico MMPI-2, il Minnesota, come spesso è sinteticamente denominato, si devono segnalare tre strumenti meno datati e che sono stati introdotti in Italia di recente: il PAI – Personality Assessment Inventory, il DAPP-BO – Dimensional Assessment of Personality Pathology - Basic Questionnaire, e lo SPECTRA (pubblicato in italiano nel novembre 2021).
Infine uno spazio è dedicato ai cosiddetti storytelling, un termine nuovo (e non proprio auspicato, dal mio punto di vista) con cui sono oggi da molti indicati i test che presentano al soggetto stimoli ambigui in base ai quali “costruire” una storia. Il capostipite di questi test proiettivi è naturalmente il TAT, il famoso Tematic Apperception Test sviluppato da un altrettanto notissimo psicologo di rilevanza internazionale come è stato Henry Alexander Murray (New York, 1893 - Cambridge, Mass., 1988).
Certamente, circa i test che lo psicologo “deve” conoscere si potrebbe aprire un bel dibattito, e ogni professionista esperto potrà proporre una “sua” lista, anche in riferimento al campo elettivo di attività che svolge. In effetti, sarebbe interessante – in vista di prossime pubblicazioni sul tema – realizzare singoli volumi monotematici cioè finalizzati a indicare i test utili da conoscere per ciascun campo di applicazione della psicologia.
Rispetto ai tredici strumenti indicati in questo libro si può dire che alcuni sono sicuramente da vedere come test di ampia applicazione (un esempio su tutti è il MMPI), mentre altri fanno riferimento a popolazioni segmentate e speciali o, almeno, delimitate da talune caratteristiche. Comunque, nell’ottica wide-range quali altri strumenti si sarebbero potuti indicare? Forse si sarebbe potuto riservare uno spazio ad alcuni strumenti “classici”, come il 16PF-5 di Raymond Bernard Cattell e il questionario di Theodore Millon, ma anche ad altri proiettivi (la Tecnica di Hans Zulliger e quella di Ehrig Wartegg), altrimenti chi si sta affacciando adesso al mondo dei test può “eludere” la conoscenza di strumenti basilari, che hanno fatto la storia e che sono ancora oggi applicati in diversi contesti. E chi opera con poco tempo e limitate possibilità di “esplorare” – com’è oggi la norma in molti settori professionali – potrebbe non considerare adeguatamente l’impiego di certi strumenti come quelli (e molti altri) sopra ricordati.
Tutto ciò, credo, che faccia parte della diuturna “battaglia” a favore del testing psicologico serio e scientificamente basato che si continua a combattere in un Paese come il nostro in cui non solo i clienti e/o i committenti, ma persino gli operatori (psicologi specializzati in ogni campo, e anche altri professionisti abilitati all’utilizzo di test) guardano al testing come a un qualcosa “in più” che si può fare se si ha molta voglia, grande tempo e anche una certa pazienza… Altrimenti si va subito su altre strade di assessment, più brevi e – almeno in apparenza – più semplici.
Andrea Castiello d’Antonio
Questa recensione è stata pubblicata nel sito ISPER
Settore PANORAMA RISORSE UMANE, nel mese di Febbraio 2022