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Il bambino maltrattato. Le radici della depressione nel trauma e nell'abuso infantile

Titolo: 

Il bambino maltrattato. Le radici della depressione nel trauma e nell'abuso infantile

 

Autori: 
Antonia Bifulco, Patricia Moran
Casa editrice: 
Astrolabio, Roma, 2007. Pagine 266, Euro 19,50

L'obiettivo di questo volume - tradotto in italiano a distanza di circa dieci anni dall'edizione inglese - è sintetizzare i risultati di quattro progetti di ricerca condotti dal gruppo di lavoro avviato nei primi Anni Settanta da George Brown presso il Royal Holloway - University of London. 

Le attività di ricerca - che hanno avuto una durata dai tre ai cinque anni ciascuna - sono state portate avanti dal 1977 al 1995 ed hanno coinvolto ottocento donne londinesi interpellate sulla propria storia di vita attraverso interviste vis à vis. I diversi progetti di ricerca hanno interessato sia donne estratte dalla popolazione 'normale', sia donne scelte per aver avuto esperienze problematiche e traumatiche nel corso dell'infanzia. Come spiegano le autrici, "la nostra prima ricerca sull'infanzia, più di vent'anni fa, era partita dall'esplorazione dell'impatto provocato dalla perdita di un genitore, che ci portò a studiare la negligenza. Da allora siamo state testimoni dell'emergere graduale di diverse nuove forme di maltrattamento infantile" (p. 134).

Le interviste, che sono state condotte sempre a casa delle donne e dopo un'ampia informazione sugli scopi dei progetti, sono state impostate sulla base della Childhood Experience of Care and Abuse (CECA) - per una descrizione di questa modalità di semistrutturazione del colloquio, v. Bifulco A., Brown G. W., Harris T. (1995), "Childhood Experience of Care and Abuse: a Retrospective Interview Measure". Journal of Chile Psychology and Psychiatry, 35, 419-435.

Sempre rispetto agli obiettivi del volume, si deve sottolineare che lo scopo specifico di questa pubblicazione è delineare i collegamenti che intercorrono tra situazioni di 'disagio grave' vissute nell'infanzia delle donne e sviluppo di depressione (non psicotica) nell'età adulta. 

Si tratta pertanto di verificare i danni a lungo termine del maltrattamento infantile, declinato sui versanti delle varie forme di negligenza e di abuso, andando alla ricerca delle principali situazioni che lo hanno determinato. E' proprio al fine di studiare e di ripercorrere i fili di tali situazioni esistenziali che è stato scelto un approccio di ricerca biografico e qualitativo. 

Acquisendo la storia delle donne intervistate, sono stati documentati i fattori di rischio con una forte attenzione agli aspetti fattuali ed alle prove concrete: ad esempio, affermano le autrici, "chiedevamo dettagli circa le cure che [l'intervistata, da bambina] aveva ricevuto, ossia se aveva pasti regolari e abiti puliti, chi li preparava, quanto spesso e così via" (p. 23) e ciò al fine di superare le critiche di inattendibilità dei ricordi causata dalle distorsioni mnestiche e dai fattori emotivi (al proposito è accennata la tematica dei cosiddetti ricordi costruiti e della sindrome del falso ricordo). Ma "un ostacolo più comune nel raccogliere storie relative all'infanzia non era l'invenzione o l'esagerazione, bensì il contrario. Accadeva di frequente che le donne volessero 'normalizzare' o minimizzare la gravità delle loro esperienze negative" (p. 25).

La prima sezione del testo è dedicata ad esplorare tre fisionomie base delle situazioni di negligenza - la trascuratezza da parte dei caregiver, il rovesciamento dei ruoli e l'antipatia verso la figlia - il cui effetto "viene esaminato in termini di danno al senso di sé della bambina, alle relazioni con gli altri e alla sua capacità di fronteggiare eventi avversi, oltre che nel suo rapporto con la depressione nella vita adulta" (p. 33). 

L'esperienza comune delle intervistate è quella di aver interpretato le situazioni di carenza di cure e di abbandono psicologico come effetto di una propria personale mancanza e come il segnale di non meritare l'amore dei genitori. Sono poi chiariti i danni del rovesciamento di ruolo e della precoce adultizzazione unito alle critiche e alle coercizioni - "è stato osservato che per un sano sviluppo psicologico i bambini hanno bisogno che almeno un adulto sia irrazionalmente entusiasta di loro… il genitore ha il potere di far nascere nel bambino un senso di competenza, dignità e fiducia in se stesso" (p. 67 e 79) -.

L'importanza di questa prima parte del testo sta nel richiamare l'attenzione sugli abusi psicologici cosiddetti lievi quali, appunto, la negligenza e l'antipatia/ostilità da parte dei genitori: queste sono delle forme di vero e proprio maltrattamento infantile che però non sono visualizzate come tali nell'opinione pubblica. 

Da notare che ben oltre la metà delle intervistate oggetto di ostilità da parte dei genitori aveva manifestato depressione nei dodici mesi precedenti l'intervista.

La seconda sezione del volume tratta degli abusi veri e propri: fisici, sessuali e psicologici. Anche in tal caso sono illustrati molti casi di abuso declinato sui tre livelli di gravità (lieve, moderata, marcata) ed è evidenziato il contesto sociale, educativo ed ambientale in cui esso si è verificato. 

La minimizzazione delle violenze e il fattore del vincolo di segretezza sono qui messi in risalto per spiegare la minima quota di donne che hanno ricevuto un soccorso medico e/o psicologico a valle degli abusi; "oggi sembra incredibile che all'inizio del secolo i medici considerassero realmente come un nuovo disturbo clinico certe fratture multiple nei neonati" (p. 99). Ma anche in età adulta, delle donne oggetto di negligenza grave e di abusi fisici e sessuali nell'infanzia (un periodo di tempo che le autrici considerano esteso fino ai sedici anni) "solo una minoranza era stata in psicoterapia" (p. 25). 

Riguardo all'abuso sessuale emerge il dato (ormai acclarato) della frequente prossimità psicologica dell'abusatore - parente o amico di famiglia - e la natura predatoria del pedofilo che avvicina i soggetti più fragili e più isolati. Circa la metà delle donne abusate sessualmente nell'infanzia è risultata clinicamente depressa. 

La terza forma di abuso - l'abuso psicologico, o abuso emotivo - è definito dal fattore del dominio dell'adulto sulla bambina; un dominio che si attua, ad esempio infliggendo terrore, umiliazione e ricatti emotivi. Non sfugge qui il possibile parallelo tra la situazione dell'adulto abusante verso la bambina, e la situazione del partner abusante verso la donna adulta.

L'ultima sezione del volume è dedicata all'analisi dei contesti familiari nei quali avvengono i maltrattamenti, sottolineando però anche le risorse e le tattiche messe in opera dalle bambine per sopravvivere alle situazioni traumatiche, nonché gli elementi che, nel corso della vita adulta, possono attenuare il rischio dell'emergere della depressione. Ciò indica la volontà di assumere una "visione più ampia per la quale deve essere preso in considerazione il contesto globale che dà origine al maltrattamento" (p. 212).

Nelle Appendici, infine, sono illustrati i campioni delle quattro ricerche, gli strumenti testologici utilizzati, e il Questionario CECA.Q, definito dai curatori italiani come "uno dei migliori strumenti self-report presenti in letteratura per la valutazione dei fenomeni di maltrattamento, trascuratezza e abuso sessuale, fisico e psicologico subiti durante l'infanzia" (p. 10). 

Il limite di questo volume - peraltro un limite segnalato dalle stesse autrici - è il debole richiamo ai modelli teorici relativi alle tematiche trattate - sono citati, assai raramente, solo alcuni lavori di Winnicott, Bowlby e Michael Rutter -. Oltre a ciò si avverte la sostanziale mancanza di elaborazione dei concetti che sono centrali nel contesto delle ricerche effettuate, primo fra tutti quello di trauma sessuale - in riferimento al quale è citato (di passaggio) il ben noto lavoro di Jeffrey Masson. 

Come detto, le autrici hanno esplicitamente affermato che "il nostro scopo è illustrare ciò che il nostro gruppo ha scoperto, piuttosto che tentare di dar conto del gran numero di ricerche condotte da altri operatori in questo campo" (p. 13): è pur vero che collegarsi almeno ai più significativi lavori di studiosi e clinici - come, ad esempio, Alice Miller - avrebbe offerto un maggiore respiro concettuale alla pubblicazione.

 

Andrea Castiello d'Antonio

Questa recensione è stata pubblicata sulla rivista Richard e Piggle, anno 2009 Vol. 17 N. 1 Gennaio-Aprile 2008