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Alcuni si stupiscono della “sintonia” tra Donald Trump e Vladimir Putin nel gestire i loro ruoli di potere e comando, ma, purtroppo, gli stili di leadership autoritari, aggressivi e “abrasivi” sono sempre esistiti – come, per fortuna, esistono stili partecipativi, consultivi, fino alla cosiddetta Authentic Leadership, che a me sembra il punto di arrivo migliore tra tante “etichette” di stili di gestione…
L’esempio di come si può gestire il potere e il ruolo di comando e di controllo ce lo hanno dato proprio due dei massimi esponenti della gestione… del mondo: Donald Trump e Vladimir Putin.
Avrebbero potuto fornire un “buon esempio” di leadership ma, a quanto pare, non è proprio così.
Fermandoci un attimo sulle due persone citate, certamente si deve precisare che i due provengono da strade diverse.
Il primo dagli affari: immobiliarista, “giocatore” in area finanza, di quelli “con il pelo sullo stomaco” – “have no scruples”, “be ruthless”, “be immune to the voice of conscience”.
Molti dicono che è stato un truffatore, un criminale economico-politico, insomma un affarista senza morale e senza scrupoli (quindi, secondo una certa visione del business… di gran successo).
Anche perché ha avuto una buona “scuola”, e un buon amico – “avvocato” Roy Marcus Cohn (New York, 20 febbraio 1927 – Bethesda, 2 agosto 1986), che ha svolto un ruolo rilevante nel “Maccartismo” negli anni Cinquanta, mentore del giovane Trump all'inizio della sua carriera, in seguito radiato dall’albo degli avvocati e deceduto per AIDS.
Il secondo, com’è noto, proviene dall’ambiente del “KGB”. E non ha mai sopportato la scomparsa dell’U.R.S.S., tanto che il suo delfino Sergej Viktorovič Lavrov (nato a Mosca il 21 marzo 1950), oltre a mostrarsi come solito freddamente aggressivo, si è presentato ad Anchorage con la maglietta con la scritta СССР – come a dire: “Attenti a voi, stiamo tornando!”
Da zelante funzionario e agente segreto del KGB, Putin minaccia, opprime, imprigiona, fa uccidere, inquina il mondo per mezzo di molteplici sistemi di disinformazione, fa delle sue truppe un esercito distruttore dove anche ex detenuti per i peggiori reati reclutati al bisogno torturano, stuprano, rapiscono donne e bambini, schiavizzano gli uomini, uccidono i civili, distruggono abitazioni civili e infrastrutture.
Insieme, “The Donald” e “Il nuovo Zar” hanno rinverdito – un “nuovo” stile di leadership. E qui viene il punto cruciale, cioè il fatto che l’esempio dato da persone così in vista come Trump e Putin rappresenta, o può facilmente rappresentare, un “modello” da seguire o addirittura imitare.
NEL MONDO DEL LAVORO, nelle imprese e nella PA, vi è il rischio che si possa diffondere – o che possa riprendere vita – il leader bullo, aggressore, minacciante, oppressore, falsificatore, manipolatore, del tutto privo di senso morale e di senso di colpa o di responsabilità – sia per le azioni, sia per le parole pronunciate.
Come ho mostrato nel mio recente libro “L’AGGRESSIVITÀ DISTRUTTIVA NEL MONDO DEL LAVORO. IL MOBBING E LE ALTRE FORME DI VIOLENZA ORGANIZZATIVA” (Hogrefe, Firenze, 2024)
sono davvero molte le modalità con cui una persona di potere (ma anche un “semplice” collega di lavoro) può incidere distruttivamente sulla psiche e sul corpo di un altro.
Scorrendo semplicemente i quotidiani e ascoltando ciò che Trump e Putin hanno detto, si può concludere che l’esempio che offrono è assolutamente patologizzante le relazioni umane e distruttivo di quel minimo di etica e di civiltà reciproca che le persone dovrebbero concedersi a vicenda, dato che nessuno vive o sopravvive da solo.
Infatti, entrambi possono affermare tutto e il contrario di tutto, entrambi possono mentire apertamente, entrambi, quando perdono, ribaltano il gioco e pure il tavolo.
Inoltre, come è stato notato, riscrivono la realtà e la storia, lanciano le loro “colpe” sulle spalle di quelli che considerano avversari, trasformano la realtà, la negano e la ri-narrano a proprio uso e consumo.
Entrambi – proprio come nelle dinamiche di Mobbing – hanno necessità di attorniarsi di supporter e di una sorta di “popolo” che, ai loro occhi, non serve a niente se non a osannarli, a far loro da tifosi, da alleati imbelli, instupiditi e tacitati, imbottiti di propaganda, di “dezinformatsiya”.
E qualcuno, poi, ci crede anche, o fa finta di crederci, per proprio interesse o per paura. Esattamente come avviene nelle dinamiche di aggressione nel mondo del lavoro.
C’è chi si associa all’aggressore (o al “mobber”) per motivi che vanno dal cinismo all’opportunismo, dalla paura all’ammirazione per l’uomo “forte”…
C’è che fa finta di niente e si gira dall’altra parte…
Ma il “bullo” lo si incontra in strada.
Non pensavamo di trovarlo anche a capo delle nazioni più potenti del mondo, dando così un pessimo esempio di stile di leadership.
Si deve anche precisare che il leader-bullo nel lavoro ama il proprio simile!
Tra di loro si rispettano, si ammirano, amano rispecchiarsi in un proprio “doppio”, si vedono allo specchio. E grugniscono felici vedendo che qualcun altro fa come loro. E lo fa bene! Distruggendo meglio, facendo al meglio i propri, personali “affari”.
I bulli, nel lavoro, si supportano a vicenda, talvolta si danno una mano nell’aggredire la vittima designata.
Magari si sono pure “simpatici”, anche quando lavorano in aree aziendali e settori concorrenti.
I bulli manager e leader disprezzano quelli che per loro sono i deboli, i perdenti, chi è menato, pestato e non sa difendersi, o non può difendersi, o chi è trattenuto da regole civili, morali, sociali. Insomma, dalle regole della democrazia del vivere civile e della gestione umana e cooperativa delle relazioni di lavoro.
Soprattutto si accaniscono contro chi non può difendersi, ed ecco, allora, il dileggio, la derisione, il calcare la mano sulle sue mancanze, debolezze, impossibilità.
Soprattutto quando debolezze e impossibilità sono state causate proprio dal bullo, anzi! È una doppia vittoria…
Dagli stili di leadership si passa agli stili di negoziazione!
Lo stile negoziale del leader-bullo è sintetizzabile in BULLYING AND BULLSHIT.
Parlare in libertà, dire stupidaggini, idiozie, falsità, e poi menare giù duro, perché chi ascolta – il suddito (ex collaboratore) – “deve” credere a quelle idiozie, a quelle falsità. Alle finte verità – alla “post-verità”…?!?
BULLYING AND BULLSHIT. The new face of the power. La nuova faccia del potere, ma anche della “negoziazione”.
Lo stile di negoziazione è del tipo “potere di posizione”: intriso di minacce, pressioni, ritorsioni, partendo spesso da falsi assunti e dati falsificati. E il gioco “duro” della negoziazione. E quando gli interlocutori si fanno vedere indecisi o impauriti, è fatta! Il leader-bullo sta vincendo!
Da quando (anni Novanta!) insisto sulla necessità di effettuare una approfondita valutazione psicologico-clinica sui candidati ai ruoli di responsabilità organizzativa non mi sarei mai aspettato di vedere ciò che è accaduto nel 2016.
Il 29 novembre 2016 tre psichiatri (Judith Hermann, Nanette Gartrell e Dee Mosbacher) inviarono una lettera all’allora presidente Barak Obama richiedendo che Trump fosse sottoposto ad una “full medical and neuropsychiatric evaluation by an impartial team of investigators”: un suggerimento che non fu raccolto…
Così come non è raccolta, nel mondo del lavoro, l’idea che chi gestisce potere e responsabilità deve avere l’obbligo – l’obbligo – di dimostrare la propria adeguata e sufficiente salute mentale!
Vedi il mio libro L'assessment delle qualità manageriali e della leadership
La valutazione psicologica delle competenze nei ruoli di responsabilità organizzativa (FrancoAngeli, Milano, 2013)
Andrea Castiello d’Antonio