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Negli ultimi decenni si è sviluppata una modalità di consulenza-formazione denominata “Coaching” e oggi estesamente applicata nel mondo del lavoro.
Intorno al Coaching si è anche manifestata una certa confusione: per rendersene conto è sufficiente osservare le innumerevoli “etichette” assegnate a tale attività e le altrettanto numerose scuole sorte al fine di offrire “certificazioni” agli iscritti.
Può essere divertente soffermarsi proprio sulle etichette che i Coaching vendors, i venditori di Coaching, cercano di diffondere nel web e ai potenziali clienti pur di “piazzare” il prodotto-servizio del Coaching.
Per dare idea della dispersione attuale, ecco un elenco (non esaustivo) delle denominazioni che sono utilizzate al fine di proporre i servizi di Coaching nel mondo del lavoro: leadership Coaching, management Coaching, individual Coaching, personal Coaching, skill Coaching, performance Coaching, development Coaching, business Coaching, relationship Coaching, sales Coaching, professional Coaching, empowerment Coaching, experiential Coaching, career Coaching, workplace Coaching, corporate Coaching, company Coaching, ethical Coaching, intercultural Coaching, super Coaching, life Coaching. E non poteva mancare il cyber Coaching!
Con la “scoperta” del Coaching da parte non di seri professionisti o scienziati della psicologia applicata, ma da parte dei “piazzisti” e dei venditori delle agenzie di consulenza, è immediatamente seguito un periodo di diffusione acritica e di banalizzazione del servizio, cosa che ha contribuito ad inquinare notevolmente il campo professionale e ha portato una moltitudine di persone ad auto-qualificarsi “coach” oppure a correre presso fantomatiche “scuole di Coaching” al fine di ottenere l’agognata “certificazione”.
E’ inoltre ancora diffusa l’opinione che il Coaching derivi dalle esperienze di un istruttore di tennis nordamericano, Timothy Gallway che, verso la metà degli anni Settanta, pubblico The Inner Game of Tennis, avendo intuito che il fattore principale per apprendere il tennis erano le emozioni del principiante ed era quindi necessario confrontarsi “il nemico dentro di sé” (da qui l’idea di “inner game”).
In realtà, il Coaching – o Executive Coaching, ad indicare l’attività svolta con manager e dirigenti – ha una lunga storia che affonda le sue radici nella psicologia di consultazione, nel counseling e nelle correnti Nord Americane dette the Third Force (la Terza Forza) che verso la metà del Novecento si posizionarono in una zona appunto “terza” tra la psicoanalisi ed il comportamentismo.
Ecco dunque emergere la fisionomia autentica del Coaching, vale a dire il Coaching basato sulle conoscenze della psicologia (clinica, sociale, organizzativa, psicopatologica) e sulla professionalità specifica dello psicologo applicativo.
Nel Coaching si integrano la conoscenza dell’essere umano con l’analisi delle dinamiche organizzative e dei modelli manageriali al fine di offrire una “consulenza esperta” indirizzata verso lo sviluppo delle potenzialità del cliente (il coachee) e verso il potenziamento delle sue capacità attuali.
In tale ottica il Coaching psicologico-organizzativo non rappresenta né un’attività di formazione in senso stretto, né una attività di sviluppo del potenziale, bensì una vera e propria consulenza alla persona e al professionista, alla gestione del ruolo e delle responsabilità, prendendo in considerazione l’intero progetto di vita personal-professionale del coachee.
Lo sviluppo dell’area della consapevolezza è il più alto ed il più efficace risultato che ci si può attendere dal Coaching psicologico-organizzativo.
Infatti, è la coscienza di se stessi e delle proprie modalità d’azione organizzativa a consentire la presa in carico (ownership) del percorso di miglioramento e di crescita, l’analisi autocritica delle aree di debolezza, e lo sviluppo delle capacità e potenzialità.
Al fine di guidare il coachee in un percorso di tal genere è naturalmente necessario avvalersi di coach maturi, esperti e professionalmente consapevoli, competenti in diverse aree e non solo nella psicologia organizzativa – tanto meno nella sola pratica della “Gestione delle risorse umane” - e abituati a trattare le complesse questioni del management e della leadership.
Questioni che sono anche intrise di possibili e concrete psicopatologie, come ho mostrato in diversi miei scritti, cosa che comporta per il Coach la conoscenza delle disfunzioni delle facoltà mentali, andando pertanto oltre la psicologia generale e la fisiologia dell’essere umano.
L’efficacia del Coaching, per la persona e per l’organizzazione, è oggi ampiamente verificata e anche studiata nell’ottica evidence-based (ricerche svolte “sul campo”), ma da parte dei committenti aziendali può essere assai faticoso individuare “quale” metodologia di Coaching sia da preferire.
La letteratura sul Coaching è molto vasta e abbastanza dispersiva: ai testi autopromozionali e di generica presentazione, si contrappongono lavori seri, in cui è possibile visualizzare la ricchezza teorica e metodologica del Coaching psicologico-organizzativo. In lingua italiana, scritti da autori italiani, sostanzialmente, non esistono libri seri che parlino del Coaching in modo affidabile (si tratta, cioè, di testi di auto-promozione).
Nell’ambito specifico della Coaching Psychology esistono oggi indirizzi diversi e quindi applicazioni del Coaching in ottica sistemica, psicodinamica, cognitivista, comportamentista e basate sulla “psicologia positiva” (vedi i miei articoli su Coaching & Psicologia Positiva).
Qualunque sia l’orientamento scientifico scelto, l’utilità aziendale nell’avviare i percorsi di Executive Coaching sta soprattutto nella possibilità di effettuare un intervento su misura del coachee, di ampio impatto, bilanciato nei tempi di attuazione e nel ritmo di impegno, sufficientemente prolungato al fine di evitare l’effetto one shot tipico della partecipazione sporadica al corso di formazione.
La relazione coach-coachee è una relazione protetta dal segreto professionale del coach-psicologo e ciò permette al coachee di esprimere se stesso in ogni dimensione, compresi i vissuti di inadeguatezza, i timori e le ansietà così diffuse nel lavoro manageriale di oggi.
Andrea Castiello d’Antonio
Una versione meno ampia di questo articolo è stata pubblicata sul quotidiano ITALIA OGGI, di lunedì 1 Luglio 2013, pagina 42.