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Responsabilità e Covid-19. Perché gli appelli e i decreti non sono sufficienti
Le diverse fasi della “reazione”
Ciò che all’inizio poteva sembrare “niente di più di una forte influenza…” si è pian piano manifestato per ciò che è - e che era anche prevedibile fosse - considerata la situazione che si era verificata in Cina.
Come quasi sempre accade, nelle situazioni nuove e inaspettate, le risposte sono state in parte lente, disomogenee, incerte, contraddittorie, talvolta vaghe e poco finalizzate.
All’inizio, alle prime notizie, il virus appariva molto lontano. E’ un problema “loro” non nostro. “Poveretti… Chissà da dove arriva questo nuovo virus…Però, che capacità di costruire un ospedale in pochi giorni…” E così via.
Man mano che il virus si espandeva e si avvicinava ad altri continenti, alla sensazione di “lontananza” subentrò una tiepida indifferenza. Tutto scorreva come prima, “Facciamo finta di niente… Passerà…”.
Intanto, al vuoto o all’incertezza di informazioni e di comunicazioni si sovrapponeva il gossip, le mitiche fake news, le dicerie. Qualcuno iniziò a comprare le mascherine, ma quando fu chiaro che non era una cosa da poter “tenere lontano da noi”, molti iniziarono a svaligiare i supermercati.
Di fronte a tali comportamenti, chi criticava – “Esagerati!” – chi ignorava, chi, dopo averci un po’ pensato, andava a fare una spesa più consistente: “Non si sa mai…”.
Con sempre maggiore forza si delinearono le due fazioni. Quella del “E’ solo un’influenza forte, e con il caldo passerà…”, e l’altra che richiamava la peste del Manzoni. Intanto l’Italia era additata come l’untore del mondo, salvo poi accorgersi che il povero “paziente 1” aveva alle spalle un preciso “paziente 0” e che tutto proveniva da oltralpe.
Così ci si avviò verso il tramonto del concetto “E’ una buffonata, non pensiamoci, continuiamo tutto come prima…” (e facezie varie sparse nella rete) e arrivarono il panico, la “paranoia”, la psicosi socialmente diffusa. Mentre qualcuno iniziava a spiegare la differenza tra “paura” e “ansia”, continuavano a circolare dei paroloni (psicosi, paranoia…) colloquialmente, e molto impropriamente, usati.
Il virus Corona, sempre meglio identificato nella sua realtà, Covid-19, divenne finalmente una realtà, una cosa seria e anche la politica smise di litigare sul cosa fare e sul cosa non era stato fatto.
Si potrebbe dire che, pian piano, si è costruita una presa di coscienza collettiva, o “quasi” collettiva, dal momento che c’è (anche) chi si preoccupa di più del destino del campionato di calcio che di altro… Ma è innegabile che in molti sono, almeno, preoccupati.
Angoscia
C’è una parola, in lingua inglese, che denota un complesso di sensazioni che alcuni stanno vivendo: Frantic. I significati di questo termine indicano una persona affannosa, angosciata, esaltata, agitata, che si muove in modo convulso, frenetico, spiritato, esagitato, forsennato, isterico, che vive ore febbrili, fino a sentirsi disperato - senza speranza.
E’ giusto distinguere tecnicamente l’ansia dalla paura, ma in molti casi della “vita reale”, le persone sperimentano un mix di angoscia, o apprensione, e paura.
Come recita il Dizionario di psicologia dell’American Psychological Association, così si possono differenziare “ansia” e “paura”.
L’ansia è “Un'emozione caratterizzata da apprensione e sintomi somatici di tensione in cui un individuo anticipa un pericolo imminente, una catastrofe o una sventura. Il corpo si mobilita per far fronte alla minaccia percepita: i muscoli diventano tesi, la respirazione è più veloce e il cuore batte più rapidamente.
L'ansia può essere distinta dalla paura sia concettualmente che fisiologicamente, sebbene i due termini siano spesso usati in modo intercambiabile. L'ansia è considerata una risposta orientata al futuro e di lunga durata focalizzata in larga misura su una minaccia diffusa, mentre la paura è una risposta appropriata, orientata al presente e di breve durata a una minaccia chiaramente identificabile e specifica”.
Dunque: il Coronavirus induce, o può indurre facilmente, una miscela di paura e ansia.
A questo punto vi è da considerare che le risposte individuali e soggettive sia alla paura, sia all’ansia sono assai differenziate in relazione a molte variabili, soprattutto alla tipologia di personalità del soggetto e al suo livello preesistente e globale di salute mentale.
Responsabilità/Responsabilizzazione
Giustamente oggi è il momento della Responsabilità: una bella parola, un bellissimo concetto, ma ciò che interessa tutti noi è la sua “messa in pratica”!
Sono sufficienti gli “appelli” alla responsabilità? No, e di seguito vedremo perché.
Mi viene spesso in mente una famosa frase di Winston Churchill:
Gli italiani perdono le partite di calcio come se fossero guerre, e perdono le guerre come se fossero partite di calcio.
Non possiamo dare per scontato che vi sia un diffuso e alto livello di responsabilizzazione nella popolazione. Soprattutto dopo decenni che nulla, almeno in Italia, è stato fatto per tenere insieme, consolidare o sviluppare il senso di responsabilità individuale e sociale delle persone.
Come ho evidenziato in una conferenza tenuta tempo fa all’Accademia Militare di Modena sulla responsabilità, la “responsabilità, o meglio “l’azione responsabile”, ha tante e differenti declinazioni tra cui, per fare solo un esempio, evitare di “commettere” azioni inadeguate, oppure “omettere” di compiere azioni adeguate allo scopo.
Oggi, lo scopo, è superare il momento di crisi – perché una cosa è certa: sarà superato! – una crisi che non è solo socio-sanitaria e che avrà comunque strascichi importanti. Quindi l’obiettivo si traduce nel superare questa fase (1) con i minori danni possibili, (2) nel modo più efficace, (3) nei tempi più brevi che la situazione consente. Un quarto obiettivo è, e sarà, l’apprendimento rivolto al futuro. Ad esempio, considerare il pericolo che può derivare dall’indebolimento del sistema sanitario nazionale e dalla generale assuefazione a non avere fiducia nel fattore “competenza professionale” (o “scientifico-professionale”) delle persone serie: medici, ma non solo.
Dunque: perché gli appelli alla responsabilità non sono sufficienti?
Perché essi cadono su una varietà di tipi umani e non tutti i nostri concittadini sono adeguatamente adulti, sani e maturi per recepire nel modo corretto tali appelli. Direi che soprattutto manca il senso etico a cui la società dovrebbe sensibilizzare, il sistema scolastico educare, e la famiglia praticare.
Mi occupo da decenni di psicologia clinica e anche di psicopatologia del management e della leadership, e adesso vorrei contribuire con una sintetica (e sicuramente incompleta) visione del “pericolo” che tutti stiamo correndo e che non è causato dal Covid-19, bensì dal comportamento e dalla condotta di alcuni – molti? - nostri concittadini.
Tipologie pericolose di concittadini
Adolescenti con il gusto del rischio. Come si sa, nell’adolescenza, il provare a superare i limiti, il non seguire le indicazioni, il ribellarsi tanto per, il trasgredire le norme, può essere un modo di fare assai diffuso e, spesso, contagioso all’interno dei gruppi di coetanei. I cosiddetti “comportamenti a rischio” sono da tenere sempre in considerazione nella fase adolescenziale e non solo nelle “adolescenze devianti”. Ciò al di qua dell’imprevisto cinismo di alcuni sintetizzato, a proposito del coronavirus, nel “Tanto muoiono solo i vecchi!”.
Adultoidi. Sarebbe ingenuo pensare che solo perché una persona ha qualche decennio di vita, o addirittura i capelli bianchi, sia di per sé un soggetto “adulto”. L’adultoide fa mostra di se stesso e in uno sforzo costante di imitazione dei modelli vincenti, muovendosi nelle realtà sociali in cui l’apparire è ben più valutato dell’essere. La sindrome dell’adultoide è in stretto collegamento con ciò che si definisce, da qualche tempo, la patologia della normalità.
Dietrologi. La dietrologia è, purtroppo, uno sport molto diffuso in Italia, sintetizzabile nel detto “Cui prodest?” a fronte del quale qualunque manifestazione umana o naturale potrebbe essere facilmente – ma anche strumentalmente! – piegata. Così vi sono persone che non credono all’allarme perché pensano che sia artatamente posto in essere per chissà quali fini. Forse qualcuno, vedendo le oscillazioni delle borse, riterrà colpevole l’immancabile enclave giudaico-massonica…
Diseducati/Ignoranti/Incolti. L’intelligenza è un bene prezioso, forse raro, e va coltivata lungo l’intero arco di vita. Chi ha la sfortuna, o la colpa, di venir su senza basi, di proseguire senza mettere in funzione quella facoltà che si chiama ideazione, riflessione e ragionamento, diventa inevitabilmente preda di una sorta di vacuità mentale o dis-apprendimento progressivo. La situazione è grave se pensiamo ai NEET e se pensiamo quanto “l’essere una persona colta” sia stato pubblicamente sbeffeggiato negli ultimi tempi, anche da chi ha ruoli di responsabilità di guida del Paese.
Disinformati. Sappiamo che nel nostro bellissimo Paese non tutti, non molti sono abituati a tenersi adeguatamente e costantemente informati, non solo surfando sbrigativamente in internet o seguendo i TG ma, sperabilmente, leggendo e riflettendo su ciò che nei quotidiani è riportato e soprattutto commentato. Può sembrare paradossale, ma anche in situazioni di crisi può esserci qualcuno che, semplicemente, “non sa”. E siamo nell’era dell’informazione diffusa!
Egoisti/Egocentrici. E’ “sufficiente” pensare solo a sé, ignorando i diritti degli altri e non pensando minimamente al bene della collettività, per precipitare in quella capsula esistenziale per cui qualunque azione è indirizzata solo e soltanto al proprio tornaconto. Il danno diretto e spesso indiretto che fanno gli egocentrici al mondo è notevole, anche se spesso poco visibile. Dato che il porre l’Ego-al-centro è spesso collegato al narcisismo, e dato che narcisisti ne abbiamo a iosa, il pericolo che tali soggetti possono arrecare in questa fase storica è notevole.
Fatalisti. E’ difficile combattere contro il fatalismo: il più delle volte non si hanno armi, e si rimane disorientati e increduli di fronte allo sfoggio di tanta… auto-percepita intelligenza. Considerando l’elevato numero di persone che, in Italia, si rivolgono a maghi, veggenti, lettori di carte e astrologi, si deve dare per acquisito che un certo gradiente di irrazionalità percorre l’intera Penisola. Il problema che pone il fatalismo è che impedisce l’azione ragionevole e finalizzata: ergo, qualunque appello non raggiunge lo scopo.
Incoscienti/Inconsapevoli. La coscienza è una conquista, una conquista – come la Democrazia – che va sempre nutrita e salvaguardata. Può essere faticoso sviluppare consapevolezza, e talvolta anche doloroso, ma è l’unica strada che abbiamo per vivere… “con gli occhi aperti”. Di fronte a situazioni che inducono ansietà e disorientamento si può essere indotti a rifugiarsi nella dimensione dell’Essere Inconsapevole. Ma oggi tali soggetti non possono essere perdonati solo perché… Non sanno ciò che fanno… Nella vita di ogni giorno, tutto ciò che è frutto di automatismo e di abitudine è, in modo lieve, inconsapevole: ma nei momenti speciali, di crisi, un automatismo può costare la vita.
Onnipotenti. Come ben sappiamo, o dovremmo sapere, pressoché tutte le “condotte a rischio” possono essere caratterizzate dalla sensazione di onnipotenza: “A me non accadrà!”. Ciò vale per una quantità di problematiche sociali e sanitarie, basti pensare al fumatore incallito che è convinto che non avrà mai un cancro e che, a supporto, cita il classico vecchio zio morto quasi a cent’anni che fumava un pacchetto di sigarette al giorno… Il mondo delle tecnologie ha purtroppo acuito il senso di onnipotenza che molti albergano in loro stessi. E quando l’onnipotenza si cementa con l’arroganza il quadro è fosco.
Oppositivi. Chi non conosce la persona sempre e costantemente “contro” altri, contro altro, contro in ogni modo e comunque, spesso con il gusto di farsi notare nella sua “diversità contraria”. Scuri, torvi, sospettosi, mai contenti ma non coscienti di vivere male e di far vivere molto male coloro che gli sono accanto, nel mondo del lavoro sono denominati “contro-dipendenti”. Il “No” è la loro cifra, solo talvolta edulcorata dal “Sì, ma…”, a cui segue lo sfoggio della facoltà critica che, però, risulta rigida, ipertrofica, cementata.
Sfidanti. Il sottile gusto che alcuni provano nel mettersi in una situazione di rischio e vedere come va a finire, oppure lanciarsi con l’obiettivo di “vincere” il pericolo, o ancora testare la sorte, può indurre qualcuno ad “andare incontro” alla situazione di rischio, invece di evitarla. Il temerario può però facilmente mettere a rischio la salute o l’incolumità di altri – basti pensare alla quantità di incidenti automobilistici che sono causati da comportamenti che hanno anche una componente di sfida -. Un comportamento davvero contro-natura se si pensa che l’istinto di auto-conservazione dovrebbe essere alla base della vita.
Stupidi e superficiali. L’intelligenza è certamente distribuita in modo variabile in ogni popolazione umana, e l’Italia non fa differenza. Al proposito basterà richiamare una delle magnifiche Leggi della stupidità umana tratteggiate anni fa da Carlo M. Cipolla che recita: “Sempre ed inevitabilmente ognuno di noi sottovaluta il numero di individui stupidi in circolazione”. Ma la “Legge Aurea” è ancora più interessante perché definisce il nucleo della persona stupida, vale a dire di una persona “che causa un danno ad un’altra persona o gruppo di persone senza nel contempo realizzare alcun vantaggio per sé od addirittura subendo una perdita”.
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Si potrebbe proseguire menzionando colloquialmente altre tipologie umane, ad esempio, coloro che possono essere racchiusi nelle seguenti classi:
Tantopeggisti, basati sull’idea negativa, e un po’ bislacca, che… Il peggio è amico del bene.
Criminali morali, che godono nel provocare il male ad altri, ma in modo sottile e indiretto, silenzioso e laterale.
TAC – Tiratori a campare, una sottospecie dei fatalisti con l’aggiunta di un “chi se ne frega…”. Del resto c’è chi proviene dalla cultura dell’”Adda passa’ ’a nuttata…”.
Saputelli, come è stato detto, all’improvviso molti italiani si sono scoperti dei grandi epidemiologi… O medici-manager, saggi gestori di crisi sanitarie.
Indagatori, perché se c’è qualcosa che non va come dovrebbe, allora ci deve essere “il” colpevole! Fortunatamente l’Inquisizione risale a qualche tempo addietro.
Ma vorrei tornare solo un attimo sulla variabile della stupidità umana per auspicare, nel futuro, di ideare una specifica sanzione per… Eccesso di stupidità.
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In conclusione, caro Presidente del Consiglio, carissimo Presidente Mattarella, cari tutti, gli inviti, gli appelli al senso di responsabilità sono cosa bella e giusta, ma non bastano. E’ necessario porre controlli e sanzioni, serie e tangibili, visibili, immediate, coerenti e che possano funzionare anche in modo preventivo, e non solo repressivo.
E’ il momento della responsabilità, ma anche della serietà: non possiamo tollerare comportamenti che espongono a gravi rischi l’intera collettività, causando ancor più pesanti danni sociali, sanitari ed economici.
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Prof Andrea Castiello d’Antonio
Psicologo Clinico e del Lavoro, Psicoterapeuta, Consulente di Sviluppo delle Risorse Umane
Viale Pinturicchio 58. 00196 Roma
Tel /SMS/ Whatsapp 3387617955