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Il TEST DI WARTEGG fa parte di una famiglia di tecniche e test psicologici particolarmente sofisticati e qualitativi che sono stati progressivamente dimenticati dalla maggior parte dei clinici nel corso del tempo e sostituiti (per così dire) dalle prove “obiettive”.
Il MITO DELL’OGGETTIVITÀ, così come il MITO DEGLI STANDARD (nota 1), ha creato notevoli danni alla psicologia, soprattutto a quelle correnti della psicologia che non si limitano a osservare il “comportamento manifesto” del soggetto ma aspirano, giustamente, a giungere ad una comprensione profonda della personalità.
I test proiettivi fanno parte di questa nobile categoria di prove – vere e proprie “TECNICHE DI INDAGINE”, come ho scritto in diversi miei articoli (nota 2).
A mio avviso, il Test di Erich Wartegg condivide con la TECNICA DI HANS ZULLIGER (nota 3) l’essere stati colpiti dalle acerrime critiche di psicologi sperimentali portate contro le tecniche proiettive accusate di non essere valide.
Si tratta di test che appaiono sottovalutati anche in base a un alone “antico” che portano con loro: sembrano provenire da un mondo remoto, o sono superficialmente liquidati come “vecchi” solo perché nati nella prima metà del secolo scorso.
Sarebbe come a dire che non c’è da fidarsi della farmacologia perché … “è vecchia”!
Un tempo il Test di Wartegg ha vissuto un periodo aureo in cui era utilizzato sia in campo clinico, sia nelle applicazioni della psicologia ad altri ambiti, come quello giuridico. Si tratta di un test che prevede risposte grafiche, in base a stimoli ambigui posti di fronte al soggetto stampati su un foglio bianco.
La struttura è semplicissima, ma i risultati che si ottengono sono di grande utilità.
Il WARTEGG ZEICHENTEST può essere visto come un test semi strutturato, di completamento (grafico, a differenza di altri che sono di genere verbale) dato che pone al soggetto otto stimoli che non hanno senso e che devono essere completati liberamente e tendenzialmente rapidamente, disegnando figure non astratte.
Naturalmente non vi sono risposte “giuste” o “sbagliate”, ma spesso la persona che deve rispondere ha un attimo di incertezza e dichiara di “non essere bravo nel disegno”, cosa ovviamente di nessuna influenza rispetto all’esito del test.
Come nasce il Test di Wartegg?
Lo psicologo Erich Wartegg (1897-1983) nacque a Dresda e studiò presso l’Università di Lipsia (1932), ove iniziò a lavorare come assistente presso l'Istituto psicologico cittadino.
Nel 1939 Wartegg conseguì il dottorato a Lipsia, e negli anni successivi fu impegnato come pubblico dipendente (responsabile in ambito risorse umane e formazione) a Erfurt: qui si occupò anche di valutazioni psicologiche per l’idoneità al lavoro. Proseguì poi nel lavoro, sempre a Erfurt, ma in altri ambiti, fino a che fu ingaggiato da una compagnia assicurativa e, successivamente, dalla Casa della Salute (a Berlino Est) ove si occupò di psicoterapia di gruppo e della creazione di un nuovo sistema psicodiagnostico.
Ehrig Wartegg – che era un profondo studioso dei processi psichici e del loro rapporto con il comportamento umano – andò elaborando una sua teoria della personalità e sviluppò diversi test proiettivi, di cui questo test (WZT) è il più noto – avendo anche alle spalle dei precursori.
Il test fu presentato dall’autore sotto forma di tesi di dottorato (1939) anche se la prova era già conosciuta e utilizzata negli anni precedenti.
Wartegg desiderava creare una prova che potesse andare più in là dei normali questionari o “scale” a cui il più delle volte le persone rispondono deformando consapevolmente o inconsciamente la propria personalità.
Naturalmente anche nei test proiettivi emergono le difese inconsapevoli del soggetto, ma almeno sono fortemente limitate le distorsioni strumentali al fine di apparire come non si è.
Il Test di Wartegg (spesso abbreviato con l’acronimo WZT) fa parte di quegli stimoli affascinanti, come i test delle macchie di inchiostro, che sollecitano nel soggetto fantasie, creatività e emozioni.
Il test è ancora oggi utilizzato come procedura proiettiva in Europa e Sud America, meno frequentemente nei paesi di lingua inglese ove la cultura diffusa richiede l’aderenza a criteri di oggettività che difficilmente le tecniche proiettive possono offrire.
I campi di applicazione del WZT sono i seguenti: la consulenza psicologica, il counseling e il coaching (ad impronta psicodinamica), la diagnosi psicologica e la psicoterapia (nota 4).
Il test è pure utilizzato in Psicologia Militare nella selezione psicologica delle risorse umane (nota 5) – e in ambito evolutivo.
Il Test di Wartegg rappresenta una delle modalità più affascinanti di esplorazione della psiche umana, offrendo una valutazione indiretta della personalità, ma si tratta di una tecnica che deve essere gestita da professionisti esperti e consapevoli del quadro teorico in cui il test si colloca.
Certamente, esso, come altre tecniche proiettive, consente al professionista psicologo o psichiatra di raccogliere informazioni sottili, sfumate e dettagliate sul soggetto e sulla sua dinamica mentale.
Personalmente, utilizzo da decenni il Test di Ehrig Wartegg quasi sempre in tandem con la Tecnica di Hans Zulliger – entrambe sono tecniche proiettive – nelle fasi di diagnosi psicologica sia nel campo clinico (psicoterapia, consultazione psicologica), sia nel campo del lavoro (assessment in psicologia delle organizzazioni).
Il feedback che è possibile offrire al soggetto rispetto ai risultati di queste prove risulta regolarmente molto utile e foriero di ulteriori approfondimenti.
Andrea Castiello d’Antonio
NOTE BIBLIOGRAFICHE:
(2). Castiello d’Antonio A. (2009), Il Rorschach e le tecniche proiettive. Giornale Italiano di Psicologia, 4, 959-977.
Castiello d’Antonio A. (2012) Test proiettivi nel mondo del lavoro. Psicologia Contemporanea, 234, 76-80.
(3). Castiello d’Antonio A. (2012a), La tecnica proiettiva di Hans Zulliger nella selezione psicologica delle risorse umane. Personale e Lavoro. Rivista di Cultura delle Risorse Umane, 541, 15-21.
Carruba P., & Castiello d'Antonio A. (2008). Zulliger Test. La tecnica proiettiva di Hans Zulliger nella diagnosi di personalità. Milano: FrancoAngeli.
(4). Castiello d’Antonio A. (2022), Scegliere lo psicoterapeuta. Una guida per pazienti e terapeuti. Hogrefe, Firenze.
Castiello d'Antonio A. (2009), Psicoterapia per manager. Mente & Cervello, 56, VII, 88-93.