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Il cittadino passivo. L’impotenza sociale appresa

L’impotenza sociale appresa

impotenza sociale appresa

Il concetto di IMPOTENZA APPRESA è noto in psicologia da quando, verso la fine degli Anni Sessanta, lo psicologo MARTIN SELIGMAN si interessò alla LEARNED HELPLESSNESS in riferimento alla depressione. Seligman, che non a caso avrebbe sviluppato il MOVIMENTO DELLA PSICOLOGIA POSITIVA oggi noto in tutto il mondo.

Non è difficile notare nella vita di tutti i giorni la quantità di persone che appaiono SFIDUCIATE, che hanno un ATTEGGIAMENTO DI RINUNCIA, che ritengono che NON CAMBIERÀ MAI NULLA – vedi la disaffezione verso la politica in generale, e l’astensionismo, sintomo (anche) di questo malessere diffuso.

Quando si viaggia, ad esempio, nei paesi del Nord Europa ci si accorge che in altri contesti i giovani, soprattutto i giovani, appaiono vivi e vitali, energici e rivolti verso il futuro… Qui da noi TROPPE PERSONE SI RIVOLGONO ALLA FORTUNA, AL CASO, O ALLA RICERCA DELL’APPOGGIO DEI POTENTATI DI TURNO per essere agevolati nell’andare avanti nella vita! Per non parlare del numero impressionante dei NEET, dei giovani che non studiano, non lavorano, e non sono alla ricerca di niente. Semplicemente: stanno!

E non va sottovalutato il potere della cosiddetta IMPOTENZA VICARIA: la persona che vive in un ambiente sociale dimesso, svalutante e apatico, in cui gli altri non appaiono capaci di concretizzare i propri scopi, assume su di sé un surplus di inefficacia, demotivazione e senso di inadeguatezza!

Può accadere che sia lo stesso contesto familiare a spingere il bambino o il ragazzo verso la convinzione di ESSERE INCAPACE DI FARE, DI AGIRE, DI GIUNGERE A UN RISULTATO.

Diverse volte mi è capitato di ascoltare dai pazienti storie che rappresentavano bene questa situazione. Genitori che dicevano spesso e volentieri al figlio che era STUPIDO, che qualunque cosa avesse fatto (ad esempio, negli studi) sarebbe stato UN FALLIMENTO, che era INETTO E NON CAPIVA NIENTE… Ma anche il contesto educativo può erroneamente spingere lo studente verso un’auto-percezione limitante come di una persona che non è capace di studiare, di ottenere voti discreti, e che non riuscirà a recuperare lo svantaggio: cosa che si traduce nell’ATTESA DI FALLIMENTO.

Al di là delle situazioni familiari e educative – e senza naturalmente considerare la questione dal punto di vista clinico e psicopatologico – troppe persone nella nostra società sembrano optare per il vecchio, micidiale meccanismo esistenziale noto come T.A.C. (mutuato non a caso da una certa politica di altri tempi) che sta per TIRA A CAMPARE…

Siamo qui in presenza di PERSONE SPENTE, PRECOCEMENTE SPENTE, che stazionano nella vita come se questa che vivono non fosse l’unica vita, LA SOLA OPPORTUNITÀ DI ESISTERE E DI REALIZZARE LORO STESSI NEL MONDO, in qualche modo, anche nei piccoli modi a cui certamente la vita stessa ci conduce quando non ci sono altre alternative.

LASCIARSI ANDARE È MICIDIALE, MA È ANCHE COMODO, e la comodità risiede nella rete di protezione social-economica data da genitori e parenti, da sussidi e piccoli lavori arrangiati.

Ma in questa dimensione si nasconde anche il rischio di scivolare nella PICCOLA DELINQUENZA – e da lì in avanti molte porte assai pericolose possono aprirsi.

In realtà, i rischi sono molti: tra chi si lascia vivere senza fare, senza pensare, senza vedere, abbandonandosi all’apatia, alcuni vanno verso LE SOSTANZE, LE DROGHE, altri si rintanano nella PENOMBRA DELLA LORO CAMERETTA di casa, altri ancora annacquano il loro cervello con le DIPENDENZE più varie, da internet al sesso online.

Avvertire che il mondo intorno a sé non è minimamente gestibile o controllabile rende, alla fine, vani anche gli sforzi di apprendimento e di auto-formazione, e qualunque impegno nel miglioramento di se stessi.

Se osserviamo il mondo del lavoro – almeno il mondo delle organizzazioni e delle professioni sufficientemente evolute – sappiamo molto bene che NON SI HA ALCUN BISOGNO DI GENTE PASSIVA E DEMORALIZZATA! CE NE È FIN TROPPA, IN GIRO.

Soprattutto le imprese esposte ai mercati e alla concorrenza ricercano soggetti proattivi e imprenditivi, ma l’imprenditorialità rappresenta proprio uno dei contro-altari della passività e dell’impotenza apprese.

Al di là dei giovani, i tanti governi che si succedono alla guida dell’Italia dovrebbero occuparsi di spingere i cittadini a prendere il controllo delle loro vite, a muoversi attivamente alla ricerca – ognuno – della propria strada, della strada migliore che può realizzare. Altrimenti è l’infantilizzazione, è il rendere le persone beote e dipendenti da chiunque riesca ad ergersi come una sorta di (percepito) “faro” ad illuminare illusoriamente una qualche via.

Quando si parla – come si parla in questi mesi – del POTERE IMMENSO CHE HA LA PROPAGANDA, soprattutto se esercitata attraverso i MASS MEDIA, si deve pensare che più la popolazione è passiva, disinformata e non pensante con la propria testa, più crederà a qualunque FAKE NEWS.

LA DEMOCRAZIA RISCHIA MOLTO, anche quando la cittadinanza – lungi dall’essere una cittadinanza attiva – si rinchiude su se stessa, preda di pregiudizi, stereotipi e immagini ad effetto

 

Andrea Castiello d’Antonio