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La mia amicizia con Miksa Schachter. Scritti preanalitici 1899 1908

Titolo: 

La mia amicizia con Miksa Schachter. Scritti preanalitici 1899‑1908

Autori: 
Sándor Ferenczi (a cura di J. Mészáros e M. Casonato)
Casa editrice: 
BOLLATI BORINGHIERI. PP. XXVI + 275, TORINO, 1992.

In questo volume sono presentati: (I) 47 scritti di Ferenczi compresi tra il 1899 e il 1908 più il necrologio scritto in occasione della morte dell'amico Schachter (1917); (II) una breve nota introduttiva ad opera del presidente della Sandor Ferenczi Society di Budapest, Gyorgy Hidas (vedi il sito https://www.sandorferenczi.org/the-ferenczi-house/ ); (III) due interessanti saggi dei curatori sulla vita e l'attività professionale di Ferenczi nel periodo considerato; (IV) una nota sul problema delle traduzioni (Casonato).

Si manifesta in questo libro (molto ben curato editorialmente) ‑ che costituisce la prima pubblicazione nel mondo degli scritti pre‑analitici ‑ un Ferenczi caratterizzato da uno stile diretto e discorsivo (merito anche delle traduzioni) e dalla quadruplice fisionomia: saggista, recensore, traduttore, ed autore di note, commenti, sintesi di convegni e necrologi.

Quasi tutti gli scritti sono apparsi sulla rivista Gyogyaszat (Terapia), che nell'ambito della Società Medica Ungherese costituiva il contraltare dell'organo ufficiale e conservatore Horvosi Hetilap (Settimana Medica); il medico Miksa Schachter era il proprietario e redattore di Gyogyaszat e qui venivano ospitati gli articoli di critica, di opposizione alla tradizione e di innovazione: Ferenczi era fortemente legato a Miksa Schachter, che costituì per lui un vero modello di riferimento, un maestro e un autentico amico (la cui “forza” diminuì solo con la conoscenza di Freud), pubblicando inoltre sulla sua rivista circa cento scritti del giovane Ferenczi.

Dalla lettura dei brevi lavori ‑ alcuni dei quali di una o due pagine appena ‑ emerge il profilo di un uomo dalle idee aperte e libere, privo di pregiudizi, curioso ed attento alle novità del sapere scientifico e della cultura umanistica; Ferenczi concepisce la pubblicazione delle esperienze terapeutiche come una delicata e specifica forma di parola autentica, che deve essere finalizzata a comunicare la verità dell'esperienza umana e professionale: per favorire la crescita culturale e tecnica del terapeuta, egli sottolinea l'esigenza di comunicare, nelle sedi appropriate, soprattutto le diagnosi incomplete o inesatte,i casi difficili e non risolti, dai cui errori si possono trarre preziosi insegnamenti

Emerge dunque un uomo profondamente calato nella realtà storica e sociale del proprio tempo, attento alle dinamiche della professione non meno che a quelle del potere, delicato ed attento verso l'ammalato e deciso ed intransigente verso coloro i quali non operano come dovrebbero o come potrebbero.

Leggendo queste pagine vengono alla luce alcune delle caratteristiche peculiari di Sandor Ferenczi, quelle piccole particolarità che si riscontrano poi nelle produzioni psicoanalitiche post 1908, prima fra tutte uno stile chiaro, trasparente, privo di ambiguità, caratteristico di una persona che si esprime con la volontà di farsi comprendere e di trasmettere autenticamente ciò che pensa al di la di convenzioni, prudenze, o tradizioni: “Nella medicina, come nell'abbigliamento, dominano parole d'ordine e mode. E chi vivrà abbastanza a lungo vedrà sicuramente non solo la caduta delle parole d'ordine proclamate con grande strepito, ma forse anche la rinascita di esse” (p. 169).

Si evidenziano poi alcuni temi di base che, presenti nei primi anni del Novecento, ritorneranno in produzioni più tardi, come avviene per il tema dell'evoluzione nell'indimenticabile Thalassa. Psicoanalisi delle origini della vita sessuale (tradotta dall’editore Astrolabio di Roma già nel 1965 e ripubblicata da Raffaello Cortina nel 2014) e poi per il sogno, l'ipnosi, le nevrosi, l'omosessualità. E ancora l'enfasi sul ruolo e sull’etica del terapeuta, significativamente rappresentata nel necrologio scritto per Nothnagel “modello del medico‑professore universitario che praticava ed insegnava premurosamente e con successo” (p. 184), che si sposterà poi sul ruolo e l'atteggiamento dell'analista; la necessità di rimanere legato alla pratica clinica (di partire dai dati empirici, rifuggendo le teorizzazioni speculative), di  sperimentare continuamente (vedi la Tecnica Attiva) e di crearsi a proposito gergo e vocabolario adatto all'avanzare della conoscenza.

Si tratta dunque di una preziosa pubblicazione per lo storico della psicoanalisi e per tutti coloro desiderino approfondire in particolare la vita e l'opera di Sandor Ferenczi: non si insisterà mai abbastanza sull'importanza della ricerca storica biografica e professionale pre-analitica per comprendere appieno l'opera e le vicende personali degli psicoanalisti di ogni generazione, ma soprattutto dei pionieri della psicoanalisi così spesso manipolati da una pseudo-storiografia per così dire ufficiale, che tende a perpetuarsi tale e quale con riprese e citazioni di seconda e terza mano accreditando visioni a-dialettiche e acritiche (con grande acume Casonato si sofferma sulle mutazioni degenerative delle traduzioni non risalenti alle fonti originarie, che tendono inoltre a standardizzare terminologie e linguaggi su quello contemporaneo alla traduzione stessa).

Gli studi storici di copertura, di cui l'opera di Jones rappresenta in molte parti e nel suo spirito complessivo il capostipite, hanno nociuto molto alla storia e alla comprensione della psicoanalisi e dell’Internationale Psychoanalytische Bewegung il Movimento Psicoanalitico Internazionale, contribuendo inoltre a incitare la produzione di documentazioni, talvolta non equilibrate, di difesa rispetto ai vari e diversi brother animals (vedi Brother Animal: The Story of Freud and Tausk (Alfred A. Knopf, 1969)).

 

Andrea Castiello d'Antonio

 

Questa recensione è stata pubblicata nel 1992 sulla rivista GIORNALE ITALIANO DI PSICOLOGIA

Editore Il Mulino, Bologna. https://www.mulino.it/riviste/issn/0390-5349.