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La mobilità sociale in Italia. Esiste l’ascensore sociale?

American Psychologist

Ecco, in questa immagine di apertura, possiamo vedere quale è, oggi, la condizione di una giovane di fronte alle scelte di vita e, in primo luogo, alla scelta degli studi universitari.

In un atrio desolatamente vuoto, cioè privo di qualunque indicazione, si aprono cinque vani di altrettanti ascensori, tutti al momento chiusi o, almeno, non al presenti al piano, mentre sullo sfondo si vede un corridoio, in punto di fuga, che sembra portare altrove, comunque lontano…

In attesa di non si sa cosa – forse solo della prima porte che le si aprirà davanti – la giovane sta. Ferma, immobile, guarda davanti a sé.

Probabilmente opterà per fare un passo ed entrare in ascensore nel momento in cui, chissà perché, uno di questi si fermerà al piano in cui lei si trova.

Non sa chi troverà dentro l’ascensore, se troverà qualcuno, se andrà in alto o in basso, e a quale altro piano potrà scegliere (?) di scendere.

 

Riprendendo l’espressione che utilizzò lo storico Johan Huizinga a proposito di come l’Europa andava ciecamente incontro alla prima guerra mondiale, quando un giovane si trova a dover scegliere cosa studiare all’Università – e quindi a come impostare il proprio futuro percorso di vita, comprese le possibilità (potenziali) di realizzare una vita migliore di quella dei suoi genitori e nonni – si trova nella condizione di … un conducente ubriaco, che guida un’auto sgangherata, su una strada dissestata… Aggiungerei senza alcun segnale stradale e senza alcun vigile o altra persona di buon cuore che possa dare una qualche indicazione.

 

In Italia continua a non esistere una seria e vera – e soprattutto nota, cioè socializzata – programmazione universitaria collegata alle previsioni di occupabilità professionale nel medio termine.

Non esiste né orientamento universitario-professionale (gli open-day delle università sono solo un piccolo contributo al problema e non è detto che aiutino davvero le scelte), né orientamento vocazionale, cioè basato sulle qualità soggettive del giovane.

 

Le scelte sono fatte a vista, talvolta causalmente, seguendo uno o più compagni di studi liceali, o in riferimento a consigli e storie di amici e parenti. Oppure sulla base delle proprie preferenze personali: preferenze ed interessi del tutto legittimi, certo, ma spesso del tutto disancorati dalla realtà di lavoro attuali e future (esempio: di quanti laureati in “scienze della comunicazione”, o “scienze della formazione” – le cosiddette lauree delle merendine – pensate che l’Italia avrà bisogno nei prossimi anni?).

 

E c’è un ascensore – l’ascensore sociale – che è da tempo fuori fase e non funzionante.

Ciò significa che i giovani che partono in qualche misura non avvantaggiati dallo status socio-economico della famiglia di origine hanno poche o nulle possibilità di migliorare la propria condizione socio-economica nel corso del tempo – soprattutto se non sono consigliati nel compiere le scelte!

 

Le disuguaglianze che si notano bene – dato che chi proviene dagli strati più alti della società ha molte più possibilità non solo di rimanervi ma anche di migliorare la propria posizione – e sono basate su molti fattori che contraddistinguono la famiglia di origine tra cui reddito, livello culturale e ambiente sociale.

Le differenze permangono nel tempo e fanno riferimento anche alle scelte di studi superiori e universitari che i figli possono compiere, ma non solo. Le qualità soggettive e personali, le cosiddette soft skill, sono più facilmente sviluppate dai figli delle famiglie più agiate, con livelli di istruzioni superiori, che frequentano ambienti sociali intellettualmente ricchi, che possono permettersi viaggi e percorsi di istruzione diversificati.

 

In sintesi, ancora una volta siamo di fronte a una grande perdita di potenzialità.

La mancanza di orientamento e programmazione universitario-occupazionale penalizza tutti, e lo stesso avviene con il blocco delle possibilità di ascendere socialmente, professionalmente, economicamente.

Un danno globale alla società, un fenomeno che danneggia tutti!

 

Andrea Castiello d’Antonio