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LA PAURA DI VOLARE. AEROFOBIA.

aerofobia

Alla sola idea di volare ogni persona che non si sente del tutto a suo agio con tale prospettiva può iniziare ad avvertire qualche momento di nervosismo e di inquietudine.

Innanzi tutto, si deve dire che di fronte a tale possibilità si manifestano due reazioni uguali e contrarie, perché estreme: la prima è quella di fare finta di nulla, mettere da parte ogni consapevole emozione negativa, ogni timore, continuare a vivere la vita come di consueto, fino al momento fatidico del prendere l'aereo.

La seconda, opposta, obbliga per così dire la persona a tenere in mente costantemente il progetto del viaggio in aereo, pensandoci, immaginandolo, avvertendo di continuo momenti di ansietà e di indecisione, e così via.

Com'è facile intuire, in entrambi i casi la paura di volare inizia a manifestarsi con forme diverse che sono tipiche di ciascuna persona e che si agganciano, in genere, alle modalità difensive che ognuno di noi possiede naturalmente e che pone in essere al fine di fare fronte alle situazioni di ansia o disagio presagite.

Nel primo caso che abbiamo menzionato è in gioco il meccanismo di difesa psichico della negazione: si continua a vivere come se non vi fosse nulla di cui occuparsi, come se il viaggio in aereo fosse solo una remota possibilità (o nemmeno quella), in sostanza mettendo da parte, negando appunto, la propria inquietudine.

Il meccanismo della negazione è, in realtà, assai pericoloso e non è consigliabile abbandonarvisi per il semplice fatto che l'angoscia, così rimossa e negata, potrà scoppiare e venir fuori all'improvviso, proprio al momento in cui la realtà esterna affermerò imperiosamente che la situazione è diversa da quella fantasiosamente immaginata: si deve volare!

A questo punto, il sistema difensivo posto in opera fino a quel momento non regge al confronto con la realtà e la persona si trova a dover fare i conti, all'improvviso, con l'intero carico di ansia ignorato e negato.

D'altro canto, la seconda modalità di reagire all'idea di prendere l'aereo espone la persona ad una infinita attesa ansiosa, ad una sorta di esaurimento delle proprie risorse emotive - ed anche intellettive - che sono spese costantemente nel "tenere in mente" l'idea del viaggio, con tutto ciò che ad esso si associa e con tutto ciò che insieme ad esso incute paura. I

l rischio, in tal caso, è di vivere un periodo di tempo più o meno lungo nell'attesa ansiosa, nella paura dell'evento, nel prefigurarsi - fantasticando mille ipotesi - cosa e come potrà accadere…

Le differenze individuali causano una notevole variabilità anche in questo caso in riferimento all'ampiezza temporale che la persona vive nell'attesa angosciosa. Alcuni iniziano a vivere tale stato fin dal momento in cui si parla e si ipotizza il viaggio - che ancora non è stato davvero deciso - mentre altri tendono a giungere in prossimità del volo prima di farsi occupare la mente dall'idea e dall'aspettativa.

Infine, i due meccanismi che abbiamo appena descritto possono presentarsi insieme, generalmente in successione - caratteristica tipica dei meccanismi psicologici di difesa che operano quasi mai in isolamento, bensì in congiunzione e/o sovrapposizione -. Così potrà accadere di negare e non pensare affatto al viaggio in aereo fino a qualche tempo dalla partenza e, a quel punto, non riuscire più a fare a meno di pensarci…

Ciò che caratterizza le situazione ora dette è che, nella maggior parte dei casi, ci troviamo ancora nella fase dell'ipotesi, dell'idea di intraprendere un viaggio in aereo: passiamo, ora, dall'idea al progetto.

La sensazione che la persona può aver positivamente sperimentato - per il suo stato interiore - fino ad un attimo prima della presa di decisione scompare con il momento in cui… il viaggio è deciso!

Generalmente la decisione di effettuare lo spostamento in aereo implica il fatto che altri ne siano a conoscenza e tale fattore non è di poco conto: si tratta dell'elemento che potremmo denominare palcoscenico.

La persona che ha deciso, comunque, di prendere l'aereo condivide con altri questa sua decisione, vuoi che si tratti di un volo di lavoro o di affari, vuoi che si tratti di un viaggio di piacere.

Vi è dunque un contesto sociale che fa da sfondo più o meno attivo, partecipe ed interattivo alla decisione che è stata presa. Può trattarsi di un sfondo tendenzialmente passivo, vale a dire un contesto - ad esempio, la famiglia - che sa che la persona ha deciso di spostarsi in aereo, ma che non prende altra parte al progetto, così come di un contesto altamente partecipativo: un viaggio in gruppo, un impegno professionale, un appuntamento preso nel luogo in cui ci si deve recare in aereo.

Il palcoscenico sociale può essere vissuto in tanti modi agli estremi dei quali si collocano, in sintesi, la sensazione di persecuzione e la sensazione di supporto e comprensione.

Coloro che si sentono perseguitati - osservati, controllati, giudicati, attesi al "passo falso", costretti, obbligati, impossibilitati a tornare indietro - vivono e sopportano malissimo tale condizione di attesa e tale posizione di ritrovarsi, loro malgrado, al centro dell'attenzione valutativa di altri.

Inoltre, tendono a ritenere di essersi cacciati, da soli, in una situazione senza scampo, senza via di uscita, nella quale, appunto, sono ormai obbligati a partire, qualunque cosa accada e in qualunque stato psicofisico possano trovarsi. È, questa, una situazione delicata per molti motivi: innanzi tutto il carico di ansia supplementare che il soggetto vive sentendo di non poter più cambiare idea e di essere sotto giudizio sociale. Ma anche perché è proprio in una situazione di questo genere che si possono innescare eventi imprevisti e non piacevoli, che "accadono" al soggetto senza, apparentemente, una sua esplicita volontà.

Tra tali eventi rientrano gli incidenti (piccolo i grandi) e le malattie che, improvvisamente, bloccano la persona e le permettono di evitare il viaggio. In sostanza, è come se una parte della persona stessa reagisse alla sensazione di ineluttabilità provocando, inconsapevolmente, l'incidente e/o la malattia! Ciò accade perché è soltanto con tali modalità che la persona sente di avere valida giustificazione per non partire.

La prospettiva cambia del tutto nelle persone che avvertono nella presenza di un gruppo, di un compagno di viaggio, di un appuntamento ormai fissato con un interlocutore una sorta di "sponda", un sostegno, un appoggio ed una motivazione in più per sforzarsi ad andare. In tali casi l'aspetto della visibilità sociale della decisione presa opera come un positivo rinforzo e rende la persona più coraggiosa, ed anche desiderosa di provare e di provarsi.

Naturalmente, il supporto sociale può essere un supporto oggettivamente presente e molto valido - ad esempio, un caro amico che conosce le difficoltà emotive della persona e viaggia con lui anche con l'idea di potergli essere di aiuto - o un supporto quasi soltanto immaginato, al di là di elementi di realtà (come l'idea di trovare ad attenderlo un interlocutore comprensivo con il quale realizzare un rapporto professionale altamente collaborativo).

Dunque, il progetto del viaggio in aereo si situa sempre in un contesto sociale. Tale contesto può essere avvertito come incoraggiante o bloccante, come un supporto da utilizzare o come una prigione dalla quale non poter più uscire. In ogni caso la decisione è presa e la persona deve fare i conti con tale situazione nella quale non ha più la possibilità di effettuare altre scelte.

Si deve quindi stare attenti a che il nostro corpo - l'angoscia è un fenomeno psicofisico e ogni persona è un insieme di psiche e soma (da cui la "psicosomatica") - non decida per noi per mezzo dell'espediente dell'incidente e della malattia.

 

Andrea Castiello d’Antonio

 

Brani tratti dal mio libro “LA PAURA DI VOLARE”

pubblicato con FrancoAngeli nel 2011

 

https://www.youtube.com/watch?v=YLzQKnw6gBw

 

https://www.francoangeli.it/Libro?id=18828