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Prendo spunto da questo numero della rivista MONITOR ON PSYCHOLOGY dedicato al contributo della psicologia alla società e alla vita dei cittadini per svolgere alcune riflessioni.
Gran parte delle pubblicazioni “scientifiche” di psicologia è da tempo del tutto inutilizzabile dal punto di vista pratico, o in direzione di CONTRIBUIRE REALMENTE AL MIGLIORAMENTO della vita quotidiana delle persone nella società.
È IL PROBLEMA DELLA RICERCA INUTILE, un argomento sul quale un noto psicologo italiano, Gian Franco Minguzzi, pubblicò un articolo sul primo numero del GIORNALE ITALIANO DI PSICOLOGIA.
Era il 1974 e il titolo dell’articolo: “LA RICERCA IRRILEVANTE”.
Sono trascorsi 50 anni e le riviste accademiche di psicologia sono piene di… numeri, statistiche, elaborazioni di dati effettuate con software di vario tipo.
C’È POCA PSICOLOGIA IN QUESTE RIVISTE in cui ogni ricerca termina con la frase fatidica “I risultati non possono essere generalizzati e sono necessarie ulteriori ricerche”.
Ma di che genere di ricerche si tratta? Quali studi pubblicano queste “prestigiose” riviste italiane e internazionali con il loro elevati “Impact Factors” – spesso sostenute con contributi pubblici e bisognose di fondi di ricerca per sopravvivere?
Ecco che L’ACCADEMIA NELLA SUA DIMENSIONE PEGGIORE – in Italia diffusa al massimo grado – fa la parte del leone.
Si tratta di ricerche inutili perché dimostrano:
(1) cose ampiamente note e ripetutamente accertate dagli psicologi professionisti;
(2) cose che non hanno alcuna validità ecologica, cioè rilevanza pratica, quindi sono inapplicabili, sterili.
E, in altre occasioni: (3) sono ripetuti all’infinito risultati già noti solo per confermarli con minime variazioni del piano di ricerca.
In tutto ciò i ricercatori, cioè dipendenti pubblici stipendiati con denaro dei cittadini, fanno a gara per pubblicare sulla base del meccanismo “POP – PUBLISH OR PERISH”, piegando queste pseudo-ricerche al loro obiettivo di carriera accademica.
Tipico è il sistema della lavorazione del maiale.
Un gruppo di ricercatori sceglie un “argomento bersaglio” e poi inizia a pubblicare le ricerche collocandole su tante riviste “scientifiche”.
E molte di queste riviste richiedono di pagare per pubblicare!
Se gli autori sono 6, il primo articolo vedrà come primo nome X, il secondo articolo sarà firmato come primo nome da Y, e così via (perché persino la successione dei nomi di un articolo scientifico ha un peso per partecipare ai concorsi cosiddetti “pubblici” dell’università nostrana).
LA LAVORAZIONE DEL MAIALE: CIOÈ NON SI BUTTA VIA NIENTE!
Andrea Castiello d’Antonio