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Tra le “teorie”, o più onestamente i “modelli”, che circolano in tema di leadership c’è anche il modello Leader–Member Exchange (LMX) che, applicando la “teoria” dello Scambio Sociale, punta l’attenzione sulle interrelazioni tra leader e follower, sulla base degli effetti di elementi come la fiducia e la competenza del leader.
Leader che modificano il loro modo di comportarsi in relazione a ciò che percepiscono nei loro collaboratori.
Se il leader non si fida dei propri collaboratori tende a essere più controllante e a gestire il team sulla base del potere di posizione. Inoltre, limita l’autonomia e il flusso di informazioni verso il gruppo. Ciò, com’è ovvio, ha un impatto notevole sulle prestazioni, e non solo.
Viceversa, la qualità positiva delle relazioni di scambio tra leader e membri è collegata a un elevato livello di fiducia reciproca, al maggiore tempo dedicato ai collaboratori – quindi, ad esempio, alla propensione al colloquio – e alla possibilità che il superiore offre in merito allo sviluppo delle qualità umane e professionali del suo collaboratore.
Si dirà che non c’era bisogno di… costruire una “teoria” su questi concetti!
Concetti che sono evidenti ad ogni responsabile gerarchico e agli stessi collaboratori che avvertono sulle loro spalle il peso della SFIDUCIA, oppure respirano l’OSSIGENO di un ambiente sano e di interscambio socio-professionale.
In effetti, si tratta di una delle tante micro-(pseudo)-teorie che nascono dalle ricerche di accademici che, probabilmente, non sono mai stati in azienda, né nei luoghi di lavoro delle istituzioni e delle pubbliche amministrazioni!
Eppure, su questo modellino LMX sono stati spesi fiumi di inchiostro, pubblicati decine di articoli “scientifici” in cui si è regolarmente scoperta … L’ACQUA CALDA.
Ma i ricercatori sono stati, e sono, molto affezionati a modelli di questo genere perché sono semplici e facilmente sperimentabili.
Il fatto che non abbiano alcuna utilità pratica a loro poco importa. L’utilità sta nel pubblicare su riviste “scientifiche” – ma a pagamento! – articoli che servono a fare carriera nelle università.
Utilizzando denaro pubblico per costruire la propria carriera!
Così, prendo a caso uno dei tanti studi sul modello LMX in cui si discetta della fiducia dei subordinati verso il capo, ma anche – novità! (?) – del capo verso di loro.
Naturalmente, studi di questo genere sono ripetuti ad libitum per sotto-sotto-popolazioni, ogni volta da indagare, ogni volta da studiare, ogni volta da commentare, concludendo l’articolo con l’immancabile frase “I dati (il totem dei “dati”!) non sono esaustivi e sono necessarie ulteriori ricerche…”.
Ma questa è solo la frasetta posta a conclusione della ricerca, perché all’inizio in genere si leggono frasi roboanti del tipo: “Questo studio apporta notevoli contributi alla ricerca sull'LMX”.
E cosa si scopre in queste ricerche?
Che la fiducia del leader nei confronti dei subordinati è positivamente correlata all'LMX, ma che esistono anche numerosi (in realtà, numerosissimi) “moderatori”.
Altra parola magica che sta ad indicare che tra una causa e un effetto si inseriscono variabili che “moderano”, cioè alterano, la relazione lineare (guarda caso!).
Qualcuno spieghi a questi signori che di “lineare” non c’è nulla. Né nel mondo del lavoro, né nella vita…
Le correlazioni lineari le possono trovare solo al chiuso dei loro esperimenti inutili, dei laboratori di ricerca avulsi dalla realtà – le famose “TORRI DI AVORIO”.
E quali possono essere i “moderatori”?
Si va dall’esperienza professionale all’età anagrafica, dalla cultura al ruolo ricoperto, coprendo tutto il campo dello scibile.
Ed è stato persino “scoperto” che la competenza professionale e la performance possono essere sia l'antecedente che l'esito (cioè, la conseguenza) di un sano interscambio leader-follower!
Vi è anche da aggiungere che il modello LMX si fonda su… una teoria. Cioè, la (cosiddetta) teoria dello scambio sociale che sostiene che le relazioni tra leader e follower sono di qualità diversa a seconda della qualità dello scambio di generiche “risorse” (come fiducia, lealtà, cooperazione) che avviene tra loro.
Quando si dice: l’importanza della teoria!
Traggo alcuni brani da articoli pubblicati per dare qualche esempio delle magnifiche conclusioni a cui si giunge:
“Quando i leader si fidano dei loro membri, forniscano benefici più favorevoli, il che, a sua volta, aumenta l'autostima dei membri. Così i membri sono più motivati e performano meglio”.
“La fiducia è un fattore che si comunica, così che quando i leader danno fiducia ai collaboratori, questi ultimi provano fiducia nei confronti dei loro leader”
“Un leader altamente competente è più accettato come leader efficace, e il leader efficace ha più effetto sui comportamenti dei subordinati”.
“Secondo la teoria dello scambio sociale, se il membro ha una relazione di scambio di alta qualità con il proprio leader, il membro può scambiare risorse e supporto di alta qualità con il leader, e può essere motivato a ottenere risultati migliori, compresa l'esecuzione del compito”.
“Nel nostro studio, possiamo confermare che la capacità e la competenza del leader possono influenzare la prestazione del subordinato”.
Nientedimeno!
L’ultima perla si trova quando il ricercatore crede di aver “scoperto” qualcosa di notevole per il MANAGEMENT, come in questa frase:
“Questo studio ha anche implicazioni pratiche. La scoperta più notevole di questo studio è l'importanza della capacità di un leader nel contesto della leadership”.
Che cosa voglia dire, nello specifico, questa frase lo lasciamo alla creatività del lettore.
Non c’è bisogno di aggiungere che articoli di questo genere sono infarciti di tabelle statistiche che, a loro volta, sono realizzate con l’ausilio degli attuali, potentissimi SW di analisi dei dati, di correlazioni e così via.
Quindi, la “scientificità” dei risultati sembra garantita. Sembra. Dato che di recente sono emerse una notevole quantità di ricerche – non solo nel campo della psicologia – basate su dati falsi, inventati, manipolati, copiati…
Sono trascorsi 51 anni dalla pubblicazione di un articolo illuminante sulla RICERCA INUTILE IN PSICOLOGIA, a firma di un eccellente medico, specialista in clinica delle malattie nervose e mentali, psicologo e accademico italiano, Gian Franco Minguzzi:
Minguzzi G. F. (1974), La ricerca irrilevante. Giornale Italiano di Psicologia, I, 1, 3‑8
11 anni dopo ho pubblicato un articolo, sulla stessa prestigiosa rivista, intorno al medesimo tema:
Sembra proprio che nulla sia cambiato da allora. Al contrario, secondo il noto POP- PUBLISH OR PERISH, le riviste e numerosi volumi collettanei sono pieni di magnifiche inutilità.
Andrea Castiello d’Antonio