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La seduta può essere svolta presso il mio studio oppure online tramite videochiamata.
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Negli ultimi tempi sono usciti diversi articoli sui quotidiani che richiamano l’importanza della formazione degli adulti nel processo di ripresa economico-sociale (articoli, ad esempio, a firma di Paolo Boccardelli, direttore della Luiss Business School, e di Raffaella Sadun, docente di Public Administration ad Harvard).
Ancora una volta ci troviamo a piangere e recriminare sulle innumerevoli occasioni di mancato avvio di seri e solidi programmi di formazione per gli adulti, e ciò dopo aver contato anche negli ultimi anni diversi casi di truffa dei fondi destinati alla formazione e diverse situazioni in cui sono stati allestiti corsi-fantasma da parte di società costituite all’ultimo momento allo scopo di acquisire i fondi messi a disposizione.
Le risorse economiche che stanno per essere messe in campo potranno, si spera, essere destinate a soddisfare gli obiettivi di programma; l’area dei servizi socio-sanitari ha un gran bisogno di risorse, anche nel comparto dell’aggiornamento professionale e della formazione trasversale sulle soft skills degli operatori (medici, e personale paramedico). Ma al di là dell’area della sanità, in un mondo che ancor più di prima sta cambiando in modo imprevedibile, sono i manager e i professionisti, pubblici e privati, a doversi impegnare prima di tutto per capire – capire dove si è e dove si sta andando – e poi per governare, gli uni, e per apportare le adeguate competenze specialistiche, gli altri.
La denominazione Capitale umano ha sostituito quella di Risorse umane che a sua volta aveva preso il posto di Personale. Ma cambia qualcosa?
La formazione è stata spesso travolta da parole fumose, fumo negli occhi, slogan e aria fritta - vedi il mio libro "Come, quando e perché la formazione non funziona"- ma oggi si ha necessità di ridurre le fasce di persone incollocabili, inadeguate, sotto-prestazionali, incompetenti, generaliste; quindi si tratta di recuperare tali persone a un livello minimamente dignitoso di prestazione professionale. Dall’altra parte si ha necessità di lanciare in avanti coloro che guidano – manager, responsabili di funzione, dirigenti e direttori – e coloro che conoscono e sanno cosa devono fare, cioè i professional.
Ecco emergere le competenze digitali, la padronanza linguistica – bene per le lingue estere, ma spesso si ha bisogno di migliorare lo scrivere e il parlare in italiano! – le competenze verticali e specialistiche, e non per ultimo le qualità umane, psicologiche, quelle qualità che (non si sa per quale arcano motivo) in Italia qualcuno ha iniziato a chiamare “soft skills” …
Le previsioni indicano che nei prossimi anni vi sarà una forte richiesta di molte e importanti competenze specialistiche (di dominio) oggi rare o concentrate in nuclei professionali specialistici.
La richiesta del mondo del lavoro muterà decisamente, mentre nel nostro Paese continuiamo a non avere alcuna seria attività di orientamento scolastico, universitario e professionale, alcuna programmazione, e nessuno che si occupi seriamente di evitare che migliaia di giovani vadano a studiare materie che sono a sbocco occupazionale uguale a zero – ciò forse in nome di una fantomatica “libertà di scelta” che, nella prassi, diviene libertà di diventare disoccupati o sotto-occupati.
Se la formazione dei giovani e degli adulti sarà carente i riflessi si avvertiranno sulla selezione. Imprese e PA avranno difficoltà nel reperire le persone in possesso delle necessarie competenze, e ciò indebolirà le prime, che si confrontano con la competizione dei mercati, e renderà meno efficiente l’apparato dello Stato. Apparato che ancora parla di “reclutamento” e non di selezione e assessment, di “piante organiche” e non di organigrammi funzionali e matriciali, di “concorsi pubblici” e non di valutazione psicologico-professionale mirata e condotta da esperti…
Di come fare a sviluppare il Capitale umano parlo nelle 400 pagine del mio ultimo libro "Il capitale umano. Metodologie di valutazione e sviluppo della prestazione e del potenziale".
Sono numerosi i gap che sono emersi negli ultimi tempi confrontando quella che potremmo chiamare l’offerta-Italia con ciò che possono mettere in campo (e mettono in campo) altri paesi. Oltre ai gap in ambito digital skill, nell’area delle qualità soggettive vi è la necessità di sviluppare nelle persone intelligenza emotiva, capacità di leggere e decifrare il significato di testi, pensiero critico, innovazione, capacità di apprendimento e di nuovi apprendimenti, orientamento imprenditivo, assertività e dialettica (ricordiamoci i risultati dei test Invalsi e del Programme for International Student Assessment).
Inoltre, da una recente indagine condotta da Lenovys, emerge che con la pandemia sono aumentati i timori dei top manager e degli imprenditori di non essere sufficientemente attrezzati in termini di leadership, management, motivazione e gestione dei collaboratori, avvertendo di non possedere le skill adeguate nell’area relazionale, sociale e della gestione dei colloqui e delle comunicazioni interne – vedi il mio libro "Interviste e colloqui nelle organizzazioni".
La formazione funziona se è autentica, seriamente condotta, esperta, professionale, tempestiva ma anche continua nel tempo, orientata su oggetti specifici e percepita come realmente “utile” dal partecipante, lasciando stare i voli pindarici esemplificati dalla formazione in barca, in cucina, in campeggio, e simili!
Andrea Castiello d’Antonio