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MANUALE DIAGNOSTICO PSICODINAMICO PDM-2. Seconda Edizione
L’anno che si avvia alla conclusione dovrebbe essere ricordato da numerosi psicologi e psichiatri come l’anno del PDM-2, la nuova, seconda edizione del forse non molto noto (almeno in Italia) manuale di diagnosi psicodinamica, la cui prima versione ha visto la luce nel 2006 in USA; a quel tempo la seconda edizione era attesa intorno al 2010 ma l’elaborazione del PDM-2 ha richiesto molto più tempo anche a causa di eventi imprevisti nel frattempo occorsi a cominciare dalla scomparsa di Stanley I. Greenspan, il coordinatore della task force della prima versione del PDM.
Lo scopo del complesso ed ampio lavoro che è stato condotto per costruire le due versioni del PDM è quello di riportare la diagnosi, la diagnosi della realtà psichica, nell’alveo delle discipline umanistiche, delineando l’integrazione tra ottica nomotetica ed idiografica, recuperando il senso clinico della diagnosi da effettuare “con” e non “sul” paziente, nel contesto di una rinnovata consapevolezza personale del clinico che dovrebbe appunto avvicinarsi alla diagnosi – cioè alla conoscenza dell’altro/a – con un misto di curiosità ed umiltà, oltre che con il suo bagaglio di conoscenze scientifico-professionali e di esperienze cliniche.
Come è noto, la diagnosi nella sua formulazione Psy è andata progressivamente appiattendosi sulla concezione dei DSM a-teorica e sintomatica, fotografica e asettica, incasellante ed anche del tutto insensibile alle sfumature ed ampiamente criticata su diversi fronti tra cui quello delle sovrapposizioni diagnostiche e dei “buchi” di assessment. Non solo i professionisti psicodinamici hanno criticato questa impostazione priva di una vera dimensione psicologica e sempre sul filo del rischio di divenire una mera prassi portata per mezzo di un colloquio rapido finalizzato alla sola rilevazione dei segni di psicopatologia: critiche sono giunte anche da coloro che pur non avendo un retroterra freudiano o, comunque, “dinamico”, si sono trovati tra le mani una architettura difficilmente gestibile e poco utile nell’ottica dell’impostazione del trattamento.
Il PDM-2 rivoluzione questa idea di diagnosi in numerose direzioni, iniziando dal puntare l’obiettivo sulla personalità in ottica globale e dal porre l’accento non solo sulla psicopatologia ma anche sulle cosiddette “risorse” della persona (si può notare qui l’influsso della psicologia e della psichiatria positive). Invece di rivolgersi ad una classificazione per tratti della personalità, nel PDM si recepisce il concetto di stile di personalità, recuperando la letteratura qualitativa sul caso clinico e le osservazioni fenomenologiche, differenziando i livelli di organizzazione della personalità (sana, nevrotica, borderline e psicotica), e dando spazio alle tematiche di base del soggetto (ad esempio la dialettica tra fiducia e sfiducia), compresa la dinamica dei conflitti interni. In questi accenni il lettore esperto troverà immediatamente i riferimenti concettuali storici della migliore psicoanalisi, da Shapiro a Fromm, passando per Kernberg, e molti altri. Molto interessante (e sicuramente utile dal punto di vista clinico) risulta essere la differenziazione tra le patologie di personalità internalizzanti ed esternalizzanti.
Al paziente è data voce, perché ne è considerata la soggettività, e lo stesso avviene con il terapeuta, le cui reazioni emotive trovano finalmente uno spazio dedicato, in ciò (in)seguendo una delle acquisizioni più importanti circa l’efficacia delle psicoterapie: la dimensione dell’alleanza terapeutica e della peculiare tipologia di interazione umana tra i due membri della coppia terapeutica. Questa seconda versione del PDM (integrata da casi clinici e profili diagnostici disponibili sul sito dell’Editore) tiene in forte considerazione il dibattito che si è svolto negli ultimi anni ed anche le critiche che sono state mosse alla prima edizione del Manuale, fatto che ha condotto a diverse modifiche ed integrazioni, come quella (importante) della presentazione di strumenti di valutazione testistica.
E’, infine, da ricordare la lectio magistralis che Nancy McWilliams ha pronunciato nel mese di marzo a Roma e a Milano, in occasione di due incontri dedicati proprio al nuovo testo, nell’ambito del convegno Diagnosi: senso e sensibilità. Nancy McWilliams rappresenta il ganglio di continuità tra la prima e la seconda edizione del PDM, oltre ad essere una clinica assai nota le cui più importanti pubblicazioni sulla diagnosi e sulla formulazione del caso clinico sono state tempestivamente tradotte in italiano dall’editore Raffaello Cortina. E nello Special Issue, numero 3 del luglio 2018 della rivista Psychoanalytic Psychology (una delle più importanti riviste della American Psychological Association), dal titolo The PDM-2 and Clinical and Research Issues in Psychodynamic Diagnosis, si possono consultare tredici contributi tutti dedicati al PDM-2 tra cui i saggi di Bornstein, Kernberg e Frances - https://www.apa.org/pubs/journals/pap/index.aspx -.
Andrea Castiello d'Antonio