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Mentalizing in Psychotherapy. A Guide for Practitioners

Titolo: 

Mentalizing in Psychotherapy

Autori: 
Carla Sharp, Dickon Bevington
Casa editrice: 
Guilford Press, 2022, pp. XX+210 $ 35.00 (Hardback)

Introdotto da una sintetica ma interessante Prefazione scritta da Peter Fonagy, Mentalizing in Psychotherapy. A Guide for Practitioners fornisce senza dubbio una rappresentazione chiara, concreta e tutto sommato sintetica della mentalizzazione e della MBT, la Mentalization-Based Therapy, un indirizzo che ha ormai una sua precisa storia e che a pieno diritto si è inserito, non senza difficoltà e con tempi medio-lunghi, nel novero degli approcci e delle tecniche terapeutiche.

Il testo è collocato nella serie Psychoanalysis and Psychological Science in cui sono apparsi altri volumi di grande interesse come Minding Emotions: Cultivating Mentalization in Psychotherapy (2019) di Elliot Jurist, e Attachment and Psychoanalysis: Theory, Research, and Clinical Implications (2013) a firma di Morris N. Eagle (entrambi tradotti e pubblicati in italiano dall’editore Raffaello Cortina).

Nel contesto delle opere fino ad oggi pubblicate sulla mentalizzazione e sull’indirizzo terapeutico di riferimento questo di Carla Sharp e Dickon Bevington ha il pregio di presentarsi come un testo pratico, scritto in modo molto chiaro, evitando l’utilizzo di tecnicismi, ricco di esempi ma anche di spunti di riflessione che rimandano ad una serie di approfondimenti e collegamenti trasversali. Di sicuro interesse per i colleghi meno esperti e per tutti coloro che operano a contatto non solo con il classico disturbo borderline di personalità – la MBT è ancora oggi fortemente legata (e consigliata) per il trattamento di questa specifica psicopatologia – il libro costituisce una preziosa summa anche per coloro che sono professionisti esperti e che hanno la necessità di un testo di consultazione di pronto utilizzo. Inoltre, questo scritto, come pressoché tutti gli altri pubblicati sul tema, tende costantemente a unire la pratica professionale con i risultati delle ricerche empiriche, rimanendo fortemente legato al mondo reale, alle necessità vere del paziente sofferente, ed anche all’esigenza che il terapeuta sia egli stesso aperto mentalmente, empatico e, in una parola, mentalizzante.

Muovendosi nella direzione dell’approccio dimensionale e non categoriale alle sofferenze psicologiche, da ogni riga trapela l’attenzione all’essere umano, recuperando quel tratto di umanesimo che si è perso nel novero delle tante terapie manualizzate, codificate e standardizzate.

Uno dei punti che caratterizza la mentalizzazione e la terapia su di essa basata è l’idea che questo approccio sia compatibile con molte, se non tutte, le impostazioni teoriche oggi in essere nel complesso mondo delle psicoterapie; su tale onda gli autori enfatizzano l’utilità di diffondere la MBT nell’ambito dei servizi proprio al fine di poter implementare l’efficacia delle diverse terapie che lì sono praticate (vedi il mio recente libro “Scegliere lo psicoterapeuta. Una guida per pazienti e terapeutihttps://www.hogrefe.it/catalogo/volumi/saggi/scegliere-lo-psicoterapeuta-una-guida-pazienti-e-terapeuti/

Il testo si snoda sulla base di nove capitoli iniziando con il definire la mentalizzazione e seguendone lo sviluppo nell’arco di vita; spazi specifici sono dedicati alla valutazione della mentalizzazione, alla diagnosi dell’assetto mentale e alle difficoltà che una persona, in specie il paziente, può incontrare nel lasciarsi andare nella direzione di entrare in contatto autentico con sé stesso e con l’interlocutore. Il sesto capitolo espone i principi di base della MBT, a cui segue una serie di indicazioni sul genere di intervento da compiere, arricchita da numerose vignette cliniche.

L’idea della mentalizzazione è stata da alcuni accostata a quelle di funzione riflessiva e di monitoraggio metacognitivo, una linea di tendenza che sembra indicare in modo abbastanza armonioso e univoco una stessa dimensione mentale ed interpersonale, tanto è vero che talune tecniche di stampo cognitivista non sembrano essere poi così lontane dalla mentalizzazione tradotta in MBT.

In effetti, tra gli obiettivi di questo libro vi è quello di demistificare la mentalizzazione, esponendola in modo lineare ma evitando anche quegli approcci superficiali al concetto che non hanno di certo reso un buon servizio alla chiarificazione dell’approccio né alla realizzazione di quella posizione mentalizzante che è così spesso qui richiamata.  Sono altresì sottolineati quei fattori comuni che si possono individuare sui due versanti del discorso: nell’ambito delle sofferenze mentali, da un lato, e nelle diverse scuole terapeutiche, dall’altro.

La mentalizzazione – che affonda le radici nell’opera pionieristica degli analisti e psicosomatisti francesi degli Anni Novanta – emerge non come un nuovo indirizzo terapeutico bensì come un importante fattore comune delle psicoterapie, recuperando concetti ed indicazioni già presenti in letteratura e, soprattutto, nelle pratiche cliniche, con l’avvertenza che non si tratta di un concetto solo di stampo cognitivo, ma di una dimensione che mette insieme gli aspetti affettivi e cognitivi.

Un’adeguata capacità di mentalizzare si basa sul raggiungimento di un buon equilibrio tra le quattro polarità che sono: sé – altri; implicito e automatico – esplicito e controllato; affettivo – cognitivo; interno – esterno.

Si tratta di capacità che, nel corso dello sviluppo, tendono a costituirsi come qualità fondamentali nell’individuo (naturalmente se lo sviluppo, e l’ambiente intorno, sono sufficientemente sani), considerando anche il fatto che alcune modalità di funzionamento mentale sono adattive nel corso dell’infanzia o dell’adolescenza ma risultano disfunzionali se presenti nell’età adulta; emerge, qui, il ruolo fondamentale dei caregivers, la loro stessa capacità di mentalizzare o di esprimere quella funzione riflessiva che permette al bambino di costruire fiducia in se stesso e nel mondo intorno. Ma gli autori non si nascondono le difficoltà: soprattutto le difficoltà di applicare questa prospettiva a pazienti altamente danneggiati e scarsamente collaborativi; e, da tale punto di vista, si deve apprezzare la chiarezza e la trasparenza con cui sono evidenziati i possibili limiti della terapia basata sulla mentalizzazione.

Andrea Castiello d’Antonio

 

 

Questa recensione è stata pubblicata sul magazine online Qi – QUESTIONI E IDEE IN PSICOLOGIA, numero 106, Settembre 2023

https://qi.hogrefe.it/rivista/cat/recensioni/