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Dal momento in cui sono stati individuati i neuroni specchio si è avuta una informazione in più – una conferma – del nostro ESSERE UMANI, di ciò che ci lega gli uni agli altri, dell’idea (spesso espressa, in questa nuova dimensione) che “IL MIO IO SEI TU”.
In altre parole, MI RICONOSCO IN TE e, ho la possibilità di sentire ciò che tu senti, posso comprendere INTUITIVAMENTE il tuo “stare”, mi immedesimo con il tuo sentimento, condivido le emozioni e ho, quindi, la possibilità (inestimabile) di COMPRENDERTI.
Naturalmente: ti comprendo e ti capisco, se ti osservo e ti ascolto!
Non si tratta solo di un passo avanti delle neuroscienze, dato che questa scoperta compiuta negli Anni Novanta – che è anche una conferma (vedi il concetto di EMPATIA) – influenza molte altre discipline, dalle più vicine all’area psicologica a quelle più lontane, in apparenza. Ma influenza positivamente anche le normali relazioni interpersonali di ogni giorno gettando una nuova luce sui meccanismi della percezione e dell’azione.
VIVIAMO IN UN MONDO DI RELAZIONE e diamo per scontato che sappiamo comunicare, sappiamo relazionarci, sappiamo gestire le relazioni – ricordo un noto ed efficace programma di formazione manageriale che era proprio intitolato “GRI – Gestione delle Relazioni Interpersonali”.
Del resto, come afferma Umberto Galimberti nelle sue conferenze (visibili in YouTube) la nostra identità si costruisce nel confronto con l’altro. Noi costruiamo il “CHI SONO” guardando gli occhi dell’altro, ed è proprio per questo che il non riconoscimento, l’ignorare la presenza e l’essenza di una persona, è uno dei maggiori danni (e delle più gravi “offese”) che si possano fare.
È un po’ come dire: tu non esisti!
Con il che si annulla l’identità, l’essere dell’altro.
Una delle peculiarità dei NEURONI SPECCHIO è che essi si attivano anche quando vediamo altri compiere delle azioni che noi non stiamo compiendo. Non è solo questione di imitazione e di apprendimento basato sull’osservazione. Ma è certamente una questione che sta alla base della costruzione dell’essere umano fin da quando viene al mondo. Quando si rispecchia negli occhi della mamma. E, non a caso, si dice che, quando una madre (purtroppo) è fortemente preoccupata e ansiosa, trasmette questa sua apprensione… “con il latte materno”. Cioè: la trasmette direttamente al piccolo.
L’importanza dei neuroni specchio (un gruppo di cellule nervose collocate nel sistema motorio e in altre aree) sta nella loro capacità di “accendersi” in due situazioni diverse: non solo quando la persona agisce, ma anche quando la stessa persona è di fronte a un’altra persona che compie la medesima azione e la osserva.
I neuroni specchio sono implicati nella COMPRENSIONE IMMEDIATA DELL’ALTRO anche solo attraverso il CNV, il comportamento non verbale, fatto di mimica, di gesti, di modo di stare e di camminare, di posture. Essi giocano un ruolo cruciale nella comprensione delle azioni compiute dalle altre persone.
In tal senso si può affermare che NESSUNO È SOLO, anche in mezzo alla grande folla e i neuroni specchio, nascosti tra le aree del nostro cervello, sono lì a ricordarci che apparteniamo ad una specie sociale, predisposta alle interazioni con gli altri e alla comunicazione interpersonale.
È stato notato, fin da subito, che il rapporto tra l’empatia e i neuroni specchio non può essere delineato in modo automatico, con una connessione rigida e unilaterale, e ciò ha aperto le porte a numerosi dibattiti: ma, al di là di queste tematiche complesse, rimane il fatto che in modi che sono non solo “psicologici”, ma anche “neurofisiologici”, l’essere umano è “pre-disposto” al rapporto con gli altri.
In effetti l’empatia chiama in causa oltre alla componente emotiva anche quella cognitiva, costruendo così la possibilità di percepire, comprendere e sentire (condivisione) l’emozione altrui – si pensi a quanto ciò sia importante per la cooperazione e l’armonia tra persone, il senso del team, la coesione sociale, fino a sviluppare un sano sentimento di “com-passione”.
Sentirsi felici al cospetto del successo di una persona cara, elettrizzarsi con lei o emozionarsi sono risposte affettive che hanno le radici in questa speciale capacità di immedesimarsi.
I neuroni specchio rappresentano quella base neurofisiologica che integra la conoscenza delle dinamiche squisitamente psichiche dell’empatia.
Insegnare ad essere ricettivi e sensibili, empatici, fin dai primi anni di vita e nei contesti di istruzioni, funzionerebbe (anche) come un ottimo antidoto agli scoppi incontrollati di aggressività e di violenza che vediamo così spesso negli ultimi tempi, anche tra i giovanissimi.
Andrea Castiello d’Antonio