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Il Manager Globale
Jo Owen presenta al lettore italiano un altro libro di grande interesse, un libro che tratta, nello specifico, i team globali ad alte prestazioni. Ci si può chiedere cosa mai vi sarà da dire su un argomento così particolare come questo, eppure nelle centinaia di pagine redatte dall’autore non vi è una ripetizione, non una considerazione scontata, non qualcosa che non sia originale e fonte di ulteriori riflessioni. Sono presi in esame temi di grande impatto nella cultura organizzativa e nel lavoro manageriale: dalle fiducia reciproca alle differenze linguistiche, dalla gestione a-distanza, fino al clima dei gruppi che vedono i loro membri sparsi per il globo. E tutto ciò è basato su un’accurata ricerca che ha coinvolto risorse di tutto rilievo.
Leggendo le parole scritte da Owen si è di fronte ad analisi puntuali che prendono il via da domande, si snodano attraverso riflessioni di vita vissuta e conoscenze teorico-metodologiche, per chiudere sulle risposte che i numerosi soggetti interpellati hanno dato, ognuno dal proprio speciale punto di vista. La banca-dati sulla quale poggia la ricerca organizzata da Jo Owen è davvero impressionante: essa ha coinvolto persone provenienti da 80 organizzazioni globali e ha utilizzato diversi strumenti di rilevazione delle informazioni indirizzati sia al singolo sia al team. Si tratta del primo lavoro di ricerca estensiva e internazionale realizzato in questo campo di indagine. Dunque, questo di Jo Owen è un libro che dà delle risposte, e dà delle risposte a domande che, troppo spesso, i leader e i manager non pongono nemmeno a loro stessi. Si tratta di domande scomode perché impegnative, che ruotano intorno ad una quantità di questioni. Questioni concrete, del tipo “Come posso monitorare il processo di raggiungimento degli obiettivi e la loro qualità globale a migliaia di chilometri di distanza?” E questioni meno concrete ma molto umane e di importanza fondamentale come “Quanto posso fidarmi del mio middle management che non incontrerò mai di persona e che opera in un contesto socio-culturale a me sconosciuto?
Infine, si deve dare una risposta positiva alla domanda che si è posto l’autore e che è riproposta nelle Conclusioni: i team globali sono diversi dagli altri? Sì, sono diversi, e non sulla base dei parametri evidenti ed oggettivi come la distanza territoriale, i fusi orari, le diversità culturale, e tanti altri: lo sono perché tali elementi hanno delle conseguenze non solo operative ma anche intangibili, ed i manager si devono prendere carico della gestione di tali effetti che sono effetti ridondanti, circolari, complessi. Lo stile con cui è stata condotta la ricerca ha fatto in modo di far parlare la realtà, rimanendo molto vicino ai soggetti interpellati al fine di capire non ciò che pensano o che desiderano, ma ciò che davvero fanno e, soprattutto, come vivono nel loro quotidiano. Nel necessario bilanciamento tra complessità e semplificazione Jo Owen è riuscito a individuare il punto giusto o, per meglio dire, la giusta area di lavoro e di rappresentazione degli esiti del lavoro. Accanto a tali esortazioni vi sono anche indicazioni che aiutano i manager a riflettere, come quelle che gravitano intorno al concetto di organizzazione intelligente, che fanno riferimento alle intelligenze culturali, emotive e politiche, o che indicano nella fiducia la componente di fondo da far crescere nelle persone. Se è vero che nessuno vorrebbe lavorare con colleghi o capi di cui non si fida, è anche vero che ognuno ha le sue peculiari modalità per costruire i legami di fiducia, partendo da basi spesso assai lontane da quelle da cui partono gli altri, e sperimentando la difficoltà ad avvicinarsi e ad aprirsi emotivamente. Non va sottaciuto che nella vita dei team globali vi sono difficoltà che esistono e che rimarranno, nonostante la buona volontà di tutti gli attori: basti pensare alla necessaria gestione dei conflitti e delle divergenze, e al lavoro sul dipanare le ambiguità e le diffidenze, per comprendere che il ruolo del manager di team globali non è affatto semplice. Ma non vi è una seconda scelta: da un lato i gruppi di lavoro globali saranno sempre più importanti e complessi, e dall’altro i manager avranno da gestire tali realtà mettendo in campo tutto loro stessi.
Andrea Castiello d’Antonio