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AMERICAN PSYCHOLOGIST SPECIAL IUSSUE: THE SCIENCE OF TEAMWORK
Non può passare inosservato un numero importante come questo che la prestigiosa rivista internazionale American Psychologist dedica nientedimeno che al lavoro di gruppo. Si tratta di un fascicolo denso di contributi che si articola in ben trecento pagine, curato da Susan H. McDaniel, Eduardo Salas, e Anne E. Kazak, tre psicologi che provengono, i primi due, dalla università di Rochester e dalla Rice University, mentre Kazak prestato servizio, ed è attualmente attiva, in numerose istituzioni accademiche statunitensi.
Il numero speciale contiene venti articoli che, nel complesso, dimostrano molto bene la rilevanza del lavoro “di” e “in” gruppo, collocato in una moltitudine di contesti organizzativi diversi. Gli autori spaziano dal dimostrare “come” funzionano i team, fino a considerare le implicazioni che il lavoro in team può avere sui singoli individui, non solo negli ambienti di lavoro ma anche, ad esempio, nelle comunità scientifiche, e persino nei contesti artistici.
Emerge nettamente il contributo che può offrire la psicologia (in ogni sua dimensione) nel definire “cosa” funziona, per quali obiettivi, con quali generi di persone, e in quali situazioni: quindi indicazioni di stampo positivo volte a determinare le migliori condizioni per attivare e vivere il lavoro di gruppo. Il concetto di cooperazione emerge naturalmente come uno dei parametri portanti e da questo punto di vista è interessante leggere la prima parte in cui si articola il numero speciale che è dedicata alla storia dello sviluppo del lavoro in team. Sono qui richiamati gli Anni Venti del famoso esperimento svolto a Chicago presso la Western Electric in cui emerse il potente effetto delle human relations nel determinare la produttività nel lavoro. Dallo studio Hawthorne ad oggi vi è stato un formidabile sviluppo delle ricerche e delle conoscenze-applicazioni in merito al lavoro in team, ad esempio nell’ambito militare (argomento a cui è dedicato un capitolo che riassume i contributi di sessanta anni di ricerche). Ma in ogni settore, dalla scuola alla sanità, dalle organizzazioni produttive alle imprese no-profit, fino alle situazioni in cui gli operatori sono chiamati ad intervenire in emergenza e nelle condizioni estreme, la chiave della collaborazione emerge con prepotenza. Di fronte ai problemi complessi le persone tendono naturalmente a relazionarsi e a “fare squadra”, elaborando processi di accomodamento e di negoziazione all’interno delle dinamiche di team al fine di traguardare gli obiettivi.
In questo grande affresco sul lavoro in gruppo emerge in modo inaspettato il capitolo dedicato ai team terroristici: in effetti, il terrorista è stato soprattutto studiato come individuo singolo, mentre oggi una gran parte di azioni terroristiche sono portate avanti da piccoli gruppi. Ecco nascere l’esigenza di capire come questi gruppi si formano, si radicalizzano, si organizzano, fino al momento in cui assumono la decisione di effettuare un’azione.
Interessanti sono poi le sezioni dedicati a come potenziare il lavoro in gruppo – Improving Teamwork – e al contributo che può essere fornito da un approccio multidisciplinare – Interdisciplinary Team Science -. Ma, certamente, anche il capitolo che tratta l’equipaggio delle missioni spaziali come gruppo isolato, inserito in un ambiente estremo e finalizzato a conseguire alte prestazioni presenta numerosi spunti di interesse.
Non è eccessivo affermare che l’insieme di questi contributi offre al lettore lo stato dell’arte sull’argomento, argomento che – si deve notare – è forse stato enfaticamente definito “la scienza” dei team e del teamwork.
Andrea Castiello d’Antonio