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Il coaching è uno degli approcci più innovativi per lo sviluppo del capitale umano nel mondo del lavoro.
Il coaching è sbrigativamente collegato al concetto di “allenamento sportivo” e all’opera di divulgazione portata avanti dall’allenatore di tennis Timothy Gallwey. L’equivoco nasce dal fatto che Gallwey – che era sicuramente un “coach”, cioè un insegnante di tennis a capo dell’Harward University Tennis Team - nel corso degli anni sessanta abbandonò la sua attività per seguire gli insegnamenti di un guru, Maharaj Ji. Al ritorno negli USA, e sulla base di tale esperienza, Gallwey si persuase che il vero e primo “nemico da affrontare” in una competizione sportiva non fosse l’avversario, bensì se stessi.
Per combattere questa speciale battaglia è indispensabile sviluppare la concentrazione e l’osservazione non giudicante di sé, perché solo in questo modo si riesce a implementare la prestazione sportiva agonistica e la capacità globale di muoversi sul campo di tennis e, in un certo senso, “giocare” con tutto se stessi.
Ma il coaching, nella veste di Managerial Counseling, cioè di consulenza al management, ha radici ben più remote ed ancorate alla psicologia clinica, sociale e di consultazione. Si tratta di numerose derivazioni che si collocano all’interno della consulenza manageriale e organizzativa, coinvolgendo il Developmental Counseling e il supporto psicologico offerto agli executive di medio-alto livello nel contesto nordamericano dagli Anni Quaranta in avanti. È esattamente da qui che deriva il concetto e la prassi di “Executive” Coaching, cioè del coaching rivolto in primo luogo ai manager e ai leader che operano all’interno delle organizzazioni complesse.
La seconda radice di ciò che oggi è denominato coaching è collocata in una corrente di psicologia americana, la cosiddetta Third Force: la denominazione di “terza forza” vuole indicare che tale impostazione psicologico-clinica e sociale si è inserita in un campo scientifico e professionale dominato da due grandi correnti che sono il Comportamentismo e la Psicoanalisi. All’interno della terza forza, o psicologia umanistica, si sviluppò un fortissimo interesse alle attività di sostegno psicologico, di facilitazione, di sviluppo del potenziale umano, basate sul concetto della “relazione di aiuto”.
Nasce per offrire al cliente un percorso di mutamento e di apprendimento, sufficientemente ampio, strutturato e finalizzato, guidato verso il raggiungimento di obiettivi che si collocano al confine tra la sfera personale e quella professionale organizzativa. Pertanto non è un’attività di “formazione”, non pone il soggetto in un contesto sociale, offrendo invece un ambiente di sviluppo protetto e riservato, in cui la persona può esprimere se stessa in un modo che non sarebbe possibile realizzare in un gruppo di formazione.
Il coaching, in pressoché tutte le sue forme e declinazioni si basa sull’assunto che ogni persona ha un proprio potenziale di sviluppo da esprimere e che tale potenziale deve avere uno “spazio” al fine di poter essere sperimentato e infine applicato nella vita di lavoro.
Nello specifico, traggono vantaggio dal coaching coloro che avvertono la necessità di una guida esterna, un consiglio esperto, un confronto non episodico. Nei casi in cui emerge l’ansia delle prestazioni e della competizione, la paura di non farcela a sostenere il ruolo e di dover, comunque, andare avanti, prima che sopravvenga una situazione di crisi o di stress, il coaching può aiutare a fare chiarezza e disperdere un po’ della confusione mentale nella quale si è caduti.
Lo stesso vale nelle situazioni in cui, per forza o per opportunità, sia stato accettato un incarico superiore alle proprie forze, si stia tentando una strada impervia e nuova, ci si stia mettendo alla prova assumendosi rischi e responsabilità cui non si era abituati. Vi è inoltre una moltitudine di situazioni nelle quali il coaching è intrapreso a valle delle valutazioni periodiche delle prestazioni, delle competenze e del potenziale, indirizzandosi pertanto verso il recupero ed il rafforzamento dei classici punti di debolezza collocati nelle vaste aree dell’accertamento e sviluppo delle abilità umane al lavoro.
Al coaching è oggi riconosciuto un elevato grado di efficacia, e ciò sembra derivare da numerosi elementi:
l’attenzione dedicata al coachee e la possibilità che ha quest’ultimo di usufruire di una relazione di sostegno protetta e riservata
la possibilità di discutere di argomenti professionali ed organizzativi, di problematiche personali,
familiari e sociali collegate al lavoro,
il sostegno psicologico che è offerto al coachee soprattutto nelle fasi di ristrutturazione, downsizing, riprogettazione organizzativa
il confronto globale sulle modalità di vivere la vita organizzativa e sulla qualità del work-life balance.
In una situazione nella quale i punti di riferimento tradizionali vengono meno e, nel contempo, le organizzazioni chiedono sempre di più e chiedono, spesso, prestazioni impossibili intrise di velocizzazione, risoluzione di problemi complessi, presenzialismo, adesione ai valori e agli stili d’impresa, raggiungimento degli obiettivi ad ogni costo e capacità di adattamento repentino agli improvvisi mutamenti di scenario, la persona implicata in tutto ciò non può non presentare qualche momento di confusione, indecisione, incertezza, oppure, al peggio, situazioni psicologiche di ansietà e di depressione.
L’attuale panorama italiano (ma non solo) evidenzia una moltitudine di modalità diverse di coaching, e su tale questione può essere utile contribuire a fare chiarezza. Fortunatamente appare oggi abbastanza limitato il ricorso a consulenti generalisti, così come l’impiego di risorse giovani ed inesperte che si improvvisano nelle vesti di “coach”. Qualunque impostazione l’organizzazione riterrà di scegliere, il percorso di executive coaching risentirà di numerose variabili esterne di genere organizzativo, manageriale e culturale, in primis il reale e autentico investimento in termini di credibilità e trasparenza che il vertice organizzativo vorrà attivare.
Ma esistono anche numerosi fattori di genere tecnico che, nel loro insieme, rappresentano le vere e proprie condizioni specifiche di successo dei programma di coaching e tra questi spicca, per la sua rilevanza, la formulazione iniziale del contratto, o patto di lavoro, tra il coach ed il coachee. Nel contratto iniziale si definiscono lo spirito della consulenza e le sue finalità, gli ambiti di riflessione e di azione, il genere di rapporto che l’organizzazione committente intrattiene con il coach, ed il segreto professionale che lega quest’ultimo all’utente (cliente diretto).
L'"Executive Coaching" sta ad indicare l’intervento psicologico-organizzativo realizzato da consulenti psicologi professionisti esperti a sostegno del Management e della Leadership, e in generale di coloro che occupano ruoli di responsabilità organizzativa.
Perché un’Azienda, una Pubblica Amministrazione, dovrebbe attivare i percorsi di Executive Coaching?
La risposta è in sintesi la seguente:
Un piccolo gruppo di manager e/o professional – in genere non più di 5-6 persone – è il contesto ideale per svolgere le sessioni di Team Coaching, o Coaching di gruppo. I partecipanti possono essere tutti della stessa unità organizzativa, oppure di diverse divisioni o settori.
L’utilità del Coaching in piccolo gruppo è quella di lavorare su casi reali, confrontare esperienze e opinioni, mettere a punto azioni o tattiche di gestione dei problemi e delle relazioni. Si possono affrontare tematiche specifiche quali, ad esempio, la presa di decisioni, la gestione dello stress, lo sviluppo delle competenze dei collaboratori, la cooperazione-competizione tra pari livello.
Le sessioni di Team Coaching occupano almeno 2 ore di tempo e sono cadenzate ogni 10 giorni o 2 settimane.
L’esperienza del Team Coaching produce generalmente risultati superiori rispetto alla partecipazione ai classici corsi di formazione manageriale e di gestione del ruolo.
Il Team Coaching può anche essere integrato con i percorsi di Executive Coaching individuali, svolti in parallelo o successivamente.
Il Personal Coaching indica l’attività di consulenza indirizzata alla persona e si avvicina al concetto di Life Coaching, cioè di una consulenza che prende in considerazione la situazione globale della vita del cliente. Il termine di Personal Coaching è utilizzato sia nel mondo del lavoro – ad esempio, per differenziare dal “Business Coaching” – sia nella relazione di aiuto professionale tra counselor e cliente che si svolge nello studio del counselor e non nel contesto aziendale.
In realtà, ogni forma di Coaching ha come fulcro la persona in senso lato, quindi ogni percorso di Coaching è in qualche misura un “Personal” Coaching.
Ecco qui il mio certificato di appartenenza alla International Coach Federation
Se desidereri maggiori informazioni sul Coaching...