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Erik Erikson and the American Psyche. Ego, Ethics and Evolution
Questo volume su Erik Homburger Erikson (15 giugno 1902 – 12 marzo 1994) compare nella prestigiosa serie monografica Psychological Issues iniziata verso la fine degli Anni Cinquanta da G. S. Klein ed oggi diretta da Morris N. Eagle.
Composto da otto capitoli, il testo di Burston si propone al lettore come una riflessione sui principali contributi di Erikson, con particolare riguardo ai suoi studi sull’adolescenza e sul ciclo di vita. Una prima metà del lavoro è dedicata a ripercorrere la vita di Erikson, con annotazioni di interesse su questioni specifiche quali il training effettuato con Anna Freud – alla quale fu introdotto da Peter Blos - ed il rapporto intrattenuto con l’IPA (il 31 maggio 1933 Erikson aveva conseguì l’accreditamento presso l’Istituto Psicoanalitico di Vienna).
La profonda lealtà nutrita verso Freud – sottolineata da Paul Roazen in Erik H. Erikson. Tra psicoanalisi e sociologia. Tr. it.: Roma: Armando, 1982 (ed. or. 1976) - impedì a Erikson di fondare un proprio movimento o scuola pur ergendosi infine come l’ideatore della psicostoria (vedi i suoi famosi studi su Lutero e Gandhi): da notare che gli psicostorici «non avevano la necessità di effettuare un training analitico ortodosso per lavorare nel circolo di Erikson» (p. 66).
Erikson assunse posizioni critiche (ma non di rottura, tanto che vedeva in David Rapaport la sua coscienza analitica) su diverse questioni inerenti l’insegnamento della psicoanalisi e l’organizzazione istituzionale; criticò inoltre la reificazione dei concetti, il meccanicismo insito nella teoria (vedi il punto di vista economico) e l’uso strumentale dei casi clinici piegati a confermare le teorie freudiane, sottolineando la propria posizione di post-freudiano e quella che potrebbe oggi essere definita la sua psicologia positiva.
Burston conduce quindi il lettore a situare l’opera scientifica di Erikson in dialettica con la Psicologia dell’Io statunitense e nei confronti del lavoro teorico di quattro analisti: Fromm, Winnicott, Klein e Lacan.
Scritto in un inglese di facile comprensione, il testo di Burston è per molti versi affascinante e mette in evidenza gli sforzi compiuti da Erikson nell’integrare la psicoanalisi con le scienze sociali e storiche (con, sullo sfondo, i concetti emergenti di identità e di Io).
Burston fa frequente riferimento al lavoro biografico di Lawrence J. Friedman, Identity’s Architect: A Biography of Erik. H. Erikson (New York: Scribner, 1999), così come ai lavori storiografici di Roazen; nella Prefazione egli ricorda il momento in cui conobbe Erikson – un periodo in cui stava studiando la vita e l’opera di Fromm e di Laing – sottolineando il debito che lo lega a Paul Roazen e a Morris Eagle.
Daniel Burston, che è nato in Israele, ha seguito la maggior parte dei suoi studi a Toronto, in Canada e vive a Pittsburgh (USA), ove dirige il Department of Psychology della Duquesne University. Autore di opere sulla storia e la teoria psicoanalitiche, tra le biografie si ricordano The Legacy of Erich Fromm (1991) e due testi su Ronald Laing – The Wing of Madness: The Life and Work of R. D. Laing (1996), e The Crucible of Experience: R. D. Laing and the Crisis of Psychotherapy (2000), editi dalla Harvard University Press, di Cambridge (USA); un suo lavoro recentissimo, scritto con R. Frie, prende in esame la psicoterapia: Psychotherapy as a Human Science (Pittsburgh: Duquesne University Press, 2006). [Andrea Castiello d’Antonio]
Andrea Castiello d’Antonio