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INCREASING OCCUPATIONAL HEALTH AND SAFETY IN WORKPLACES. Individual, work and organizational factors
Il miglior modo per introdurre questo lavoro è richiamare un dato che i curatori stessi mettono subito in evidenza. La International Labour Organization, nelle sue annuali reportistiche, non fa altro che contare il numero esorbitante di decessi a causa delle malattie da lavoro e degli incidenti sul lavoro: nella ricerca citata dai curatori (che risale ad alcuni anni fa, nell’era pre-pandemia) siamo a una cifra intorno ai due milioni e trecentomila soggetti. Naturalmente si tratta di numeri calcolati su scala mondiale. Ma oltre alle persone che hanno subito incidenti e malattie da lavoro vi sono anche coloro che quotidianamente devono sopportare, per così dire, condizioni di lavoro non igieniche e non salutari.
In sostanza, tutto ciò si può tradurre in costi: costi economici, sociali, culturali, motivazionali e di vita in senso generale. E potremmo tradurre il tutto nella domanda: quanto costa lavorare male?
Dunque ben venga questo volume a cui hanno contribuito cinquanta esperti, compresi i due curatori, tra cui (naturalmente, verrebbe da aggiungere, purtroppo…) non compare alcun nome italiano o, comunque, di persona italiana che lavora in Italia. Infatti, i nomi di italiani che compaiono in genere in lavori come questi sono quelli di coloro che, per lavorare nelle università e nei centri di ricerca, sono espatriati, collocandosi spesso in ruoli importanti all’estero – ruoli che non avrebbero mai potuto occupare nell’asfittica e provinciale accademia italiana. Quindi, in testi di tal genere, non solo sono sottodimensionati gli autori italiani, ma lo è anche il nostro Paese inteso come oggetto di studio, tanto è vero che il più delle volte non compare nelle ricerche, né è menzionato.
Andando al di là di queste considerazioni, il testo di cui stiamo parlando si compone di quattro sezioni e diciannove capitoli, arricchito da box, figure, grafici ed esempi, da bibliografie specifiche a chiusura di ciascun capitolo e da un buon indice analitico finale. Nella prima sezione è introdotto il tema globale nella prospettiva del “come fare a…” incrementare la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro: questo è il capitolo a firma di Ronald Burke, una figura di altissimo livello nel campo, purtroppo scomparso a metà del 2019. Seguono altri due capitoli introduttivi che, da soli, valgono una gran parte dell’interesse di questo testo perché trattano dello scottante problema dell’under-reporting degli incidenti sul lavoro, e dei collegamenti tra fattori di stress, errore umano e incidente.
La seconda sezione entra nel merito dei fattori che possono contribuire a edificare situazioni di sicurezza – la sicurezza, innanzi tutto! – e di salute organizzative. Qui si segnalano alcuni temi di speciale interesse ed attualità, primo fra tutti l’impatto negativo che hanno sul lavoro e sulla performance l’alcol e le altre droghe; si tratta di un aspetto a volte sottovalutato nel caos e nell’effervescenza del mondo del lavoro orientato al profitto (ove l’uso di sostanze stimolanti è spesso assai diffuso), mentre l’alcol emerge di frequente come una sorta di sostanza di sostegno rispetto ad attività lavorative insoddisfacenti. Il secondo tema, ugualmente attuale, è quello della violenza domestica, vale a dire dell’impatto che le situazioni di violenza domestica possono avere sul modo in cui si vive il lavoro. Il terzo argomento da evidenziare è, se vogliamo, un argomento (sciaguratamente) divenuto classico e cioè il bullismo organizzativo che in questo caso è indagato nel contesto ambientale di una struttura sanitaria norvegese.
Le due sezioni successive in cui è articolato il testo conducono il lettore dapprima verso un approfondimento sulle situazioni ad alto rischio e, successivamente, verso la considerazione dei benefici che si ottengono nel momento in cui ci si occupa seriamente della salute organizzativa. Così, la terza sezione del testo contiene dei capitoli che trattano del rischio che vive chi opera a contatto con sostanze tossiche, a contatto con ordigni letali (in specie, le imprese che fabbricano mine e ordigni bellici), ma anche del pericolo a cui è esposto il lavoratore che, semplicemente, opera nel campo delle costruzioni: un argomento su cui in Italia dovremmo ben lavorare dato l’alto numero di incidenti anche mortali che regolarmente si verificano proprio nel campo dell’edilizia.
Sono ancora da segnalare due capitoli dedicati ai rischi vissuti dagli operatori della sicurezza – nello specifico, le forze di polizia – e dei vigili del fuoco.
I cinque capitoli, collocati nell’ultima sezione del testo, chiudono il discorso globale con un forte accenno di speranza e con un occhio rivolto al futuro. Da segnalare soprattutto le considerazioni in merito alla leadership, ma anche al potere che un buon leader possiede (e deve gestire) nell’edificare un sano ambiente di lavoro. Nello specifico, si evidenzia il capitolo che tratta della leadership trasformazionale come un buon supporto allo sviluppo di ambienti sani di lavoro: The benefits of transformational leadership and transformational leadership training on health and safety outcomes, di Tabatha Thibault, Duygu Biricik Gulseren e Kevin Kelloway – su questi temi si suggerisce di consultare anche il seguente testo, pubblicato nel 2021 sempre da Edward Elgar: Creating a Healthy Organisation, a firma di Sandra L. Fielden, Helen M. Woolnough e Carianne M. Hunt.
Questo volume è stato curato da Ronald J. Burke (nato a Winnipeg il 22 ottobre 1937 e scomparso all’età di ottantun anni a Toronto il 19 marzo 2019) che è stato Professor Emeritus presso la Schulich School of Business della York University, in Canada, e da Astrid M. Richardsen, Professor Emerita alla BI Norwegian Business School.
Andrea Castiello d’Antonio
Questa recensione è stata pubblicata nel sito ISPER
Settore PANORAMA RISORSE UMANE, nel mese di Febbraio 2022