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POSITIVE PSYCHIATRY, PSYCHOTHERAPY AND PSYCHOLOGY
Questo lavoro costituisce il primo tentativo di porre insieme e presentare ai lettori il contributo congiunto che è possibile trarre dalle applicazioni positive della psichiatria e della psicologia, collocate nella dimensione clinica della terapia.
L’orientamento verso una concezione positiva dell’essere umano ha una sua precisa storia soprattutto in psicologia e non costituisce certamente qualcosa di veramente nuovo. Infatti, l’attuale psicologia positiva – di cui giustamente si dà conto nel testo – prende le mosse a metà del Novecento con l’opera di psicologi clinici e sociali come Abraham Maslow e Carl Rogers, non a caso ritenuti i principali esponenti della psicologia umanistica: la cosiddetta Third Force, perché in quei tempi si andava inserendo tra la psicoanalisi e il comportamentismo, proponendo una visione alternativa della persona in tutti i suoi aspetti, collocandosi vicino alla fenomenologia e all’esistenzialismo europei.
Soprattutto Carl Rogers ha lavorato assiduamente nell’ambito clinico proponendo quella che sarebbe diventata nota come terapia centrata sul cliente – ma vedi anche il suo importante testo sulla psicoterapia di consultazione del 1942 (tr. it.: Astrolabio, Roma, 1971) – mentre Abraham Maslow si è occupato ampiamente di psicologia sociale e di psicologia della personalità, con minori ricadute sul versante della clinica e della psicoterapia.
L’originalità del lavoro curato da Erick Messias, Hamid Peseschkian e Consuelo Cagande sta nel proporre una visione integrata della psichiatria e della psicologia sulla base del comun denominatore dell’orientamento positivo, finalizzata all’intervento terapeutico, ma non solo: sono presenti numerosi cenni alla prevenzione, alla cura della salute mentale lungo l’arco della vita, e all’applicazione dei concetti di base in ambiti specifici, come lo sport. Si tratta di un’opera che ha un illustre precedente nel testo dello psichiatra Dilip V. Jeste il quale, insieme a Barton W. Palmer, ha curato Positive Psychiatry. A Clinical Handbook (American Psychiatric Publishing, Washington DC, London, 2015).
Il punto di partenza è costituito dalla critica verso la visione della persona mentalmente sofferente come un insieme di sintomi, disturbi, disfunzioni e malattie, oppure contraddistinta da deficit evolutivi, da blocchi e da psicopatologie che, in sostanza, ne riassumono interamente l’essenza.
Critica che non poteva non coinvolgere l’impianto dei DSM visti come manuali atti a classificare e reificare il soggetto, costretto nella camicia di forza della sua individuale patologia mentale – non a caso il repertorio dei ventiquattro punti di forza caratteriali e il manuale VIA – Values in Action che sono stati proposti dai due padri della psicologia positiva, Martin Seligman e Mihály Csikszentmihalyi, nel loro insieme è stato definito l’anti-DSM.
Un’ulteriore critica ad ampio spettro espressa nel testo è verso l’approccio del partire dalle disfunzioni per delineare le caratteristiche di base della personalità – si potrebbe dire: partire dalla patologia per giungere alla normalità – ed anche questo punto è ampiamente discusso nei trentaquattro capitoli del testo. Un testo introdotto dalla prefazione di Dilip Jeste e suddiviso in cinque ampie sezioni, che ha visto l’impegno di ben quarantotto autori compresi i tre curatori, Messias, Peseschkian e Cagande i quali, nel maggio 2018, hanno svolto le relazioni principali al simposio della American Psychiatric Association centrato proprio sulla psichiatria, psicologia e psicoterapia positive.
Il messaggio di base del movimento/orientamento positivo in ambito Psy è tutto sommato semplice (e corre il rischio di diventare semplicistico) chiaramente affermato nell’articolo di Martin Seligman e Mihály Csikszentmihalyi, “Positive Psychology: An Introduction” (American Psychologist, 55, 1, 5-14, 2000). In sostanza, si tratta di dare ascolto e spazio alle risorse interiori delle persone, sollecitandole e facendo leva sulle stesse con lo scopo di migliorarne lo stato psicologico.
Al fine di dare consistenza a tale impostazione sono stati compiuti studi e ricerche che hanno evidenziato le numerose componenti della salute mentale e del vivere-in-salute, che naturalmente non significa solo non avere malattie o disagi, bensì puntare verso la realizzazione di sé e di un’esistenza per quanto possibile felice. Happiness, gratitude, hope, perseverance, esemplificativamente, sono concetti che ricorrono negli scritti di chi è all’interno di questo movimento, mentre in altri ambiti, l’idea del life balance e della prevenzione ad ampio spettro trovano un fondamento importante nella visione integrata e olistica dell’essere umano – qualcosa di molto vicino all’attuale visione bio-psico-sociale.
Non vanno taciute le critiche che si sono mosse nel corso degli ultimi decenni sia alla psicologia positiva – denominata talvolta happiology e considerata come una visione assai superficiale dell’essere umano – sia alla psichiatria positiva, che ha suscitato lo sdegno di chi si è chiesto se esiste una psichiatria negativa. Ma uno un aspetto importante che emerge da questo quadro variegato è l’applicazione pratica dei concetti e degli orientamenti, un punto sul quale in molti esprimono critiche. Eppure, volgere in chiave positiva l’attività di diagnosi (psichiatrica e psicologica) non sembra così difficile, così come non appare impossibile inserire nel percorso della psicoterapia una speciale attenzione a puntare (anche) sui lati forti della personalità del paziente, oltre che ri-sanarne gli aspetti di fragilità e debolezza.
Un limite può essere certamente quello di scivolare nel banalizzare interventi complessi com’è, appunto, quello psicodiagnostico finendo con l’etichettarlo tout court come diagnosi positiva, ma è anche vero che troppo spesso, ancora oggi, i colloqui di assessment iniziali (le interviste di presa in carico) svolti da più parti sembrano ridursi a mitragliare sul paziente una serie di domande precostituite al fine di incasellarlo (classificarlo) sbrigativamente nelle maglie del sistema di riferimento.
Dunque lo scopo di questo lavoro curato da Messias, Peseschkian e Cagande è (anche) quello di andare oltre la trattazione del tema in ottica di studi e ricerche, indirizzando decisamente i concetti espressi verso la loro applicazione nella pratica clinica quotidiana, e sollecitando gli operatori della salute mentale wide range a tenere presente che anche la persona più sofferente ha al proprio interno risorse e punti di forza da scoprire, valorizzare e su cui poter lavorare.
Per concludere, una parola sui tre curatori.
Erick Messias è professore di psichiatria e Associate Dean for Faculty Affairs presso la University of Arkansas for Medical Sciences. Hamid Peseschkian, dirige la Wiesbaden Academy of Psychotherapy ed è presidente della World Association for Positive and Transcultural Psychotherapy (WAPP), e membro del consiglio della German Association for Psychodynamic Psychotherapy (DFT/GAPP). Consuelo Cagande, è professoressa associata di psichiatria clinica e responsabile della divisione Community Care and Wellness presso l’unità Child & Adolescent Psychiatry and Behavioral Sciences (Children's Hospital of Philadelphia).
Andrea Castiello d’Antonio
Questa recensione è stata pubblicata sulla RIVISTA SPERIMENTALE DI FRENIATRIA, numero 3, anno 2021 (Franco Angeli editore) ed è visibile nel sito web della Rivista facendo il download del file “Recensioni”, alle pagine 163-165.