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Handbook of Positive Psychology Assessment
Nell’ambito della collana Psychological Assessment – Science and Practice ecco pubblicato il quinto volume dedicato interamente agli strumenti di valutazione nel contesto della psicologia positiva.
Va subito detto che si tratta di un testo wide range, nel senso che l’argomento è trattato inserito in numerosi e differenti contesti, dal clinico al sociale, dal lavoro alla sfera dell’educazione; quindi, ciò che rappresenta la colonna portante di questo lavoro curato da Willibald Ruch, Arnold B. Bakker, Louis Tay e Fabian Gander – e che vede la firma di ben cinquantasei autori – è l’analisi critica e accurata dei test e dei questionari che possono essere utilizzati al fine di avere una misura, una valutazione di una quantità davvero ampia di situazioni. Infatti, nel corso degli ultimi decenni, sono emersi numerosi nuovi concetti nell’ambito della psicologia positiva e, con essi, si è sentita l’esigenza di creare nuovi strumenti di valutazione al fine di poterli inserire in contesti diversi e con approcci differenti. Ciò che mancava era, appunto, un’analisi rigorosa della qualità di tali strumenti, un’analisi comparativa accompagnata da suggerimenti per il loro impiego, raccomandazioni e consigli. Si può aggiungere: un’analisi che potesse andare oltre il tradizionale esame dei requisiti di attendibilità e di validità dei test.
L’obiettivo esplicito di questa opera è dunque quello di rappresentare lo stato dell’arte e di offrire una panoramica non legata soltanto al singolo strumento esaminato, bensì integrata con dei flash sulle teorie e sui modelli di riferimento, con delle note sulle necessità (eventuali) di ulteriori ricerche e di ulteriori conferme.
Il testo è suddiviso in cinque parti e in ben ventiquattro capitoli ognuno dei quali tratta, verticalmente, l’impiego di specifici strumenti nell’ottica della valutazione di altrettanto specifici aspetti che ruotano intorno al concetto di psicologia positiva. Un buon esempio di tale approccio sta proprio in uno dei capitoli di apertura, cioè il secondo capitolo, dal titolo Assessing Psychological Flourishing, in cui si differenziano i settori dedicati alla valutazione dei tratti psicologici, delle esperienze e del funzionamento globale dell’essere umano. Sono qui presentati sei strumenti e ognuno di questi è analizzato secondo un medesimo schema che parte dai requisiti di validità ed attendibilità per spaziare sulle applicazioni in diversi setting e concludere con una sintesi delle osservazioni. Si tratta di un quadro dettagliato dei migliori strumenti oggi impiegati per valutare il benessere secondo la prospettiva integrativa. La dimensione del benessere, come si sa, può essere valutata secondo l’ottica soggettiva o da un punto di vista più esterno, e il terzo capitolo si focalizza proprio sul primo dei due approcci, quello soggettivo – il SWB, Subjective Well-Being. Un punto di interesse che emerge da queste pagine è l’avvertenza circa i potenziali bias che possono distorcere la memoria e il giudizio del singolo soggetto che risponde ai self-report.
Proseguendo nel ripercorrere alcuni capitoli del testo ci si imbatte nelle pagine dedicate alla misura della qualità della vita in ottica medica. Infatti, il costrutto Quality of Life (QoL), anche se da alcuni criticato e visto come concetto-ombrello, ha avuto una sua specifica applicazione in ambito medico, oltre che nel vasto campo degli indicatori sociali come testimonia il primo degli strumenti qui analizzati, il WHOQOL, cioè il test elaborato a partire dalla definizione di qualità di vita elaborata in sede WHO – World Health Organization. Tra i punti di interesse è qui enfatizzata la necessità di cogliere il punto di vista del paziente nei contesti di healthcare “catturando le sistematiche registrazioni della cosiddetta voce del paziente all’interno della disciplina medica” (p. 93)
Non poteva mancare un capitolo dedicato a valutare i punti di forza del carattere basato sul sistema classificatorio VIA elaborato da Christopher Peterson e Martin Seligman nei primi anni del Duemila (capitolo 6), mentre un aspetto che ha progressivamente attirato sempre maggior interesse è legato al significato, cioè alla ricerca del significato della vita, allo scopo della vita – come ha insegnato Viktor Emil Frankl – un orientamento strettamente collegato alla salute, alla motivazione, al benessere e persino al fattore della longevità (cap. 9).
Altri capitoli molto interessanti sono centrati sulla Self-Efficacy, sviluppata da Bandura negli anni Settanta (cap. 11), e sul coinvolgimento nel lavoro – capitolo 15, dal titolo Work Engagement.
In un mondo in cui si parla così tanto di stress post traumatici è utile soffermarsi sul capitolo 13, Assessing Postraumatic Growth, e fa infine piacere segnalare il capitolo 10, Assessing Flow, a firma di due italiane, Antonella delle Fave e Marta Bassi, suddiviso in una prima parte in cui si ripercorre lo sviluppo del concetto fondato da Mihaly Csikszentmihalyi e una seconda parte dedicata all’analisi degli strumenti.
Naturalmente non si deve pensare che nelle pagine di questo volume siano presentati questionari particolarmente sofisticati, ampi e complessi; il più delle volte si tratta di vere e proprie scale di misura, considerato anche che ciascun strumento tende a valutare un aspetto assai definito del grande campo della psicologia positiva e delle sue applicazioni. Ciò potrebbe deludere qualcuno, ma anche – al contrario – costituire un punto a favore di questi strumenti che sono sicuramente di rapido impiego e non implicano particolari sforzi nella somministrazione e nell’elaborazione dei risultati.
Andrea Castiello d’Antonio
Questa recensione è stata pubblicata nel numero 103, anno 2023 della rivista
Qi – Questioni e Idee in Psicologia