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Da una mia intervista al Corriere della Sera di mercoledì 18 Gennaio 2017 (articolo di Elvira Serra)
Fino ad alcuni decenni fa il problema non si poneva, perché ogni impiegato, funzionario o quadro aveva il proprio spazio al lavoro: uffici singoli, oppure da 2 o 4 scrivanie, in spazi condivisi ma anche sufficientemente delimitati e “protetti”. Le telefonate non disturbavano più di tanto e probabilmente il grado diffuso di educazione e senso civico era maggiore di oggi.
Oggi è cambiato tutto. Nei grandi spazi ove convivono “promiscuamente” decine di persone, capita spesso di ascoltare telefonate private, frasi ad alta voce scambiate tra colleghi, fino a dover presenziare involontariamente a baruffe e litigi.
Gli spazi aperti ad alta densità lavorativa, amplificano i rumori e gli odori rendendo spesso impossibile la serenità degli impiegati. Si è costretti a condividere tutto con i colleghi, dalle telefonate a partner e amanti, a effluvi che provengono dai pranzi consumati davanti al computer. Fino a dover sopportare la collega che arriva sudata in ufficio perché amante della bicicletta, o quello che si ostina a non usare deodoranti perché convinto naturalista.
L’ufficio è diventato il luogo in cui si trascorre la maggior parte delle ore da svegli e le grandi aziende possono e devono intervenire per sanare questi squilibri, proponendo e anche imponendo regole di convivenza civile sufficientemente elastiche ma anche rispettose dei diritti di base di ciascuno. Grandi aziende come Mediolanum, Vodafone e Google danno a queste tematiche molta attenzione, mentre altre inseriscono il tema del rispetto degli spazi personali in più ampi programmi di prevenzione dello stress e di sviluppo del benessere organizzativo.
Leggi l’articolo integrale del Corriere della Sera: Figli, amanti, sushi - Il galateo da ufficio