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Il linguaggio. Le parole che usiamo, e come le usiamo!
Qualcuno ha scritto “Le parole sono pietre”; altri “Le parole feriscono più di una spada”.
La facoltà umana di comunicare con parole che si riferiscono a cose, fatti, immagini e altro… Il cosiddetto “SECONDO SISTEMA DI SEGNALAZIONE” della neurologia classica che non serve solo a comunicare “cose” ma anche a STABILIRE RELAZIONI basate sul binomio amico-nemico, sui rapporti di forza e molto altro – come insegna la “Pragmatica della Comunicazione Umana”, insieme a simbolizzazioni e uso del CNV.
Influenzate dai tempi, dalle culture, dall’implicito che sta nelle CONVENZIONI SOCIALI, le espressioni linguistiche cambiano nel tempo, cambiano nello spazio, cambiano con le generazioni, mentre ci sono grandi “blocchi” di linguaggio come, ad esempio, il linguaggio scientifico, tecnologico, burocratico, giuridico, sportivo…
Le parole comunicano il nostro MODO DI VEDERE LA VITA e l’etica sociale che abbiamo.
Così, dover constatare LA DERIVA DEL LINGUAGGIO è cosa assai allarmante.
In USA, Donald Trump, prima ancora che le votazioni fossero aperte, alternava messaggi del tipo (riassumo con parole mie): “Sono io che ho vinto”, “Se vince Harris è un imbroglio!”, “Se non vinco accadranno cose nefaste”.
Al momento della sua (di Trump) vittoria, Joe Biden invece dichiara “Dobbiamo amare il nostro paese anche se perdiamo”, e Kamal Harris “Quando si perde si accetta il risultato!”.
Contenuti certo diversi, linguaggi diversi, modi di dare significato a uno stesso evento epocale diverso.
Parole di guerra e parole di pace.
Parole di supremazia e parole di democrazia.
Parole di divisione e parole di comunione.
La rivolta contro il cosiddetto “politically correct” forse segue la rivolta verso tutto ciò che appare “troppo” educato, gentile, misurato.
Bisogna andare verso gli estremi! Ed ecco riapparire espressioni desuete anche nel linguaggio della politica italiana in cui emerge il “cattivismo” come opposizione al “buonismo” – tanto per abbassare sempre di più il confronto di idee…
La nonna di una mia giovane amica, mezzo secolo fa, usava l’espressione “serva”… Poi si è iniziato a dire “donna delle pulizie”, quindi “domestica”, oggi “colf”. Evoluzione della storia: a cui molti vogliono reagire.
Un tempo era normale usare l’espressione “negro” che oggi sarebbe indicibile (e offensiva).
Come ha scritto Luigi Manconi, è ben diverso “utero in affitto” da “gestazione per altri”. Gli omosessuali erano un tempo indicati come “pederasti”, “invertiti”, mentre quelli affetti dalla “Sindrome di Down” erano… “mongoloidi”!
LE PAROLE DEFINISCONO LE PERSONE, definiscono il mondo, si basano sul nostro modo di pensare e di vedere la realtà, condizionano le relazioni umane, possono inquinare la realtà, o renderla più sana, lucente, bella… Normale!
Anche nel mondo del lavoro, ultimamente, si è sentita la necessità di introdurre l’idea della LEADERSHIP GENTILE.
Francamente sorprendente, se non fosse che maleducazione, sopruso e aggressività regnano tranquillamente in molte realtà di lavoro – così come il bullismo regna in diversi istituti di istruzione.
Del resto, con esempi di BULLISMO ISTITUZIONALE come quelli di Putin e di Trump – per non dire di quelli di casa nostra – non si offre un buon esempio.
Il “Corriere della Sera” ha organizzato nel novembre 2024 il “Festival della Gentilezza”. Insomma, si sente sempre più la necessità di contrapporre al parlare grezzo, oppositivo, offensivo, manipolatorio e svalorizzante un MODO DI ESPRIMERSI E DI RELAZIONARSI MISURATO E SOCIALMENTE ACCETTABILE.
A meno che… A meno che chi utilizza questo modo aggressivo di dire e di fare non lo faccia appositamente per innalzare le tensioni, rendere l’ambiente sempre più violento, tossico e lontano dalla conciliazione, accendere gli animi, ridurre la capacità di pensare e di tollerare chi non parla e non ragiona come noi.
Magari, per poi ergersi a chi… rimette le cose a posto: naturalmente con azioni autoritarie, reazionarie e oppressive.
E qui emerge IL TEMA DELLA DEMOCRAZIA contrapposto ai regimi autoritari, dogmatici, chiusi, oppressivi, violenti, intolleranti.
Non credo, come ha scritto Francesco Merlo in risposta a una mia lettera (29 ottobre 2024) che in democrazia debba esistere la libertà di… offendere.
Scrive Merlo “È sicuramente la democrazia che permette a Trump di offendere, sino a usare la democrazia contro la democrazia”, ma proprio qui sta il problema.
LA DEMOCRAZIA È FRAGILE SE NON È DIFESA, EDUCATA, SVILUPPATA, CURATA.
È assai più fragile di qualunque regime autoritario.
Si potrebbe dire, con Macron, che la democrazia è erbivora, mentre l’autoritarismo è carnivoro. E, in effetti, sono i regimi “carnivori” che vogliono assoggettare, “mangiare”, gli altri, come è ben visibile con l’aggressione criminale di Putin alla libera e sovrana Ucraina.
Tornando a noi, e alla realtà di lavoro, esiste un modello di formazione comportamentale semplice e applicabile, basato sul concetto di “Assertività” che indica 3 modalità di interazione sociale.
LA MODALITÀ ASSERTIVA prevede uno stile di comunicazione (e di gestione) in cui si affermano le proprie idee, i propri diritti, le esigenze, i desideri, le necessità, ma… si dà molta attenzione a non confliggere con gli altri, a non intaccarne i legittimi desideri, bisogni e necessità.
Si considerano i differenti obiettivi in gioco e si lavora per raggiungere, sì, il proprio scopo finale, ma salvaguardando la relazione interpersonale. Rispettando la identità e la dignità dell’interlocutore.
Al contrario, LA MODALITÀ AGGRESSIVA di gestione e di comunicazione tende a soddisfare “ad ogni costo” – letteralmente! – le propri esigenze e i propri desideri, non considerando affatto il punto di vista dell’altro, ignorandolo, combattendolo, oppure manipolandolo a proprio vantaggio.
Quando si giunge a ottenere ciò che si vuole la relazione interpersonale è inevitabilmente compromessa, se non distrutta. E si è incrinato l’eventuale rapporto di fiducia reciproca tra le parti.
Ma anche il terzo modello comportamentale, basato sulla PASSIVITÀ E ELUSIVITÀ, non conduce a nulla di buono.
Fare finta di non possedere necessità e desideri, di non voler nulla, di non possedere diritti al fine di evitare, eludere, il confronto interpersonale, porta a perdere la stima di sé stessi, e a non raggiungere i propri scopi.
Apparentemente la relazione interpersonale è salvaguardata, ma di fatto il “soggetto passivo” cova dentro di sé rabbia e risentimento.
Se nel mondo dell’educazione, dell’istruzione, si insegnasse ai ragazzi e alle ragazze, precocemente, a comportarsi (tendenzialmente) in modo assertivo, vivremmo tutti molto meglio! Ma siamo ancora lontani persino dall’educazione sentimentale, emotiva e sessuale nelle scuole…
Dunque, il rischio è quello di stare consentendo l’edificazione di persone e ambienti socioculturali grezzi, retrivi, basati sulla legge del più forte, intolleranti, violenti verso i “diversi”. Persone che non sanno comunicare e che, quando lo fanno, usano i linguaggi dell’aggressività. E passano facilmente dalle parole alle mani.
Qualcuno si sta occupando di questi argomenti nelle nostre realtà sociali?
Andrea Castiello d’Antonio