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Perché tanti uomini incompetenti diventano leader? (e come porvi rimedio)

Titolo: 

Perché tanti uomini incompetenti diventano leader? (e come porvi rimedio)

 

Autori: 
Tomas Chamorro-Premuzic
Casa editrice: 
EGEA, 2020, pp. 166. € 25,00

Con la Prefazione di Severino Salvemini questo lavoro prende in esame una delle questioni centrali del mondo attuale e delle persone che giungono in posizioni apicali nel mondo delle organizzazioni (ma si potrebbe estendere il discorso molto facilmente ad altri mondi, come quello delle istituzioni e della politica). La domanda speculare che subito emerge nella discussione è relativa alle difficoltà che molte persone in gamba, affidabili, competenti e amanti del proprio mestiere finiscono per incontrare nel raggiungere posizioni e ruoli adeguati al loro standard. E ciò è naturalmente assai visibile nel caso delle donne nel mondo del lavoro.

Come ricorda Severino Salvemini nelle pagine iniziali, riprendendo un dato esposto dall’autore, il costo dei capi incompetenti è sempre molto alto: “Secondo i sondaggi Gallup il 75 per cento dei lavoratori che abbandonano il proprio posto di lavoro lo fa a causa del suo diretto superiore” (p. 10). A ciò fa eco Chamorro-Premuzic che scrive che il 65% degli americani sarebbe disposto a rinunciare a un aumento di stipendio pur di non vedere più il proprio boss!

Uno dei meriti di questo lavoro è quello di mettere insieme considerazioni globali e specialistiche a risultati di serie ricerche svolte a livello nazionale ed internazionale; ad esempio, l’affermazione che sono le donne a performare al meglio nei ruoli di leadership è sostenuta da decine di ricerche indipendenti.

“Nello specifico, le donne suscitano più rispetto e orgoglio nei loro sottoposti, comunicano più efficacemente la loro visione, sono più capaci di delegare responsabilità e far crescere chi lavora con loro, affrontano la risoluzione dei problemi in un modo più flessibile e creativo, sono più corrette e obiettive nella valutazione dei diretti sottoposti” (p. 21).

Al narcisismo è opportunatamente dedicato un intero capitolo: l’incidenza di questa sorta di patologia sociale diffusa, e spesso accettata e vista come normale, è sicuramente molto forte nel mondo delle organizzazioni e delle istituzioni, così come vi è spesso una sorta di tacito consenso nell’accettare figure improbabili ai vertici aziendali presentati come personaggi dotati di grande carisma, visione e autorevolezza…

Proseguendo nei meriti del libro di Chamorro-Premuzic – che prende le mosse da un suo articolo: “Why do so many incompetent men become leaders?”. Harvard Business Review, 22 agosto 2013 – si deve sottolineare la sua costante preoccupazione nei confronti della selezione manageriale, cioè della scelta dei manager e dei leader, ad esempio quando mette in guardia dal pensare di vedere una magnifica “personalità carismatica” lì ove vi è soltanto (il solito) narcisismo!

Oppure quando si osserva che il candidato iper-sicuro di sé stesso nasconde il più delle volte auto-centratura e arroganza: tutte qualità che verranno a galla una volta che sarà insediato nella posizione di potere. Ma, come ho mostrato nel mio libro Il capitale umano nelle organizzazioni. Metodologie di valutazione e sviluppo della prestazione e del potenziale (Hogrefe, Firenze, 2020) per identificare soggetti di tal genere è indispensabile predisporre e far funzionare sofisticati sistemi di valutazione, gestione e sviluppo delle risorse umane, e su questo punto Chamorro-Premuzic, nel suo lavoro, non avanza più di tanto.

“Una delle ragioni per cui i capi troppo sicuri di sé tendono a prendere decisioni avventate è che sono immuni da feedback negativi” (p. 42) e ciò la dice lunga sul (limitato) potere che ha la formazione nel modificare certe impostazioni di base di tipo personologico. Aggiungerei che non a caso quando l’azienda propone la partecipazione volontaria a corsi di formazione manageriale o a percorsi di coaching sono… le persone che ne avrebbero meno bisogno a iscriversi, mentre i soggetti difficili rimangono graniticamente chiusi nei loro uffici blindati.

Ma questo libro di Chamorro-Premuzic è utile anche per individuare alcuni segnali del cattivo capo, spiegando anche per quale motivo proprio i soggetti meno adatti possono scalare le piramidi organizzative ed anche perché tante persone possono finire con l’ammirare soggetti caratterizzati da tratti psicopatologici come la psicopatia (su tematiche di questo genere vi è, ormai, una importante letteratura specifica).

Sul versante delle considerazioni positive e orientate, se vogliamo, alla speranza di un futuro migliore l’autore discute i tratti costruttivi della sana leadership – v. in specie (ma non solo) il sesto capitolo dal titolo Come sono fatti i buoni leader – a cui però si deve agganciare la nutrita serie di considerazioni in merito ai limiti del cambiamento, riassumibile nella frase seguente: “ è improbabile che i cattivi leader si trasformino in leader talentuosi, motivanti e capaci di alte prestazioni. Sì, possono cambiare, ma nella maggior parte dei casi i leader non vogliono migliorare molto al di là di ciò che gli abbiamo visto fare in passato, specialmente se sono lasciati a sé stessi (p. 146).

Da notare, infine, che ogni capitolo è dotato di un apparato di note costruito molto bene e che consente ulteriori approfondimenti nell’ambito della letteratura internazionale.

L’autore è persona assai nota nel mondo della psicologia delle organizzazioni. Ricordo di aver letto alcuni suoi lavori già diversi decenni fa e averne anche recensito altri, come il libro dedicato alla selezione delle risorse umane che Tomas Chamorro-Premuzic, insieme ad Adrian Furnham, pubblicò nel 2010. Tomas Chamorro-Premuzic ha pubblicato numerosi testi, molti dei quali tradotti in diverse lingue.

Nato vicino a Buenos Aires, ha vissuto a lungo a Londra e ora è negli USA, a Brooklyn; ha ricoperto numerosi ruoli sia in accademia, sia nel mondo dell’impresa e della consulenza: cofondatore di Deeper Signals e Metaprofiling, attualmente è Chief Talent Scientist presso il Manpower Group, e docente di Business Psychology presso l’University College di Londra e la Columbia University.

 

Andrea Castiello d’Antonio