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PERSONALITY DISORDERS
Il tema dei disturbi di personalità occupa un posto centrale nell’attività clinica di psicologi e psichiatri. Queste patologie coprono un ambito assai vasto, si presentano sotto multiformi dimensioni e fenomenologie e, nella realtà delle persone che soffrono di tali situazioni, è assai difficile che si presentino in forme “pure”: non a caso il problema dell’overlapping, soprattutto nella fase di diagnosi psicologica e psichiatrica, è da tempo al centro dell’attenzione ed è stato solo parzialmente superato con l’ultima edizione del DSM che definisce dieci disturbi di personalità raggruppati in tre clusters (A, B e C).
Pubblicato inizialmente nel 2004 e poi nel 2013 con il titolo Persönlichkeitsstörungen, questo libro ha come sottotitolo A Clarification-Oriented Psychotherapy Treatment Model e si configura come una vera e propria guida per il terapeuta.
Il testo è strutturato in una Prefazione, quindici capitoli e la Bibliografia. I primi due capitoli sono molto utili per i lettori che non hanno una particolare conoscenza dei disturbi di personalità; in queste prime pagine tali condizioni – che sono assai difficili da trattare in psicoterapia – sono descritte sotto diversi aspetti e collegate con il DSM e l’ICD, rispettivamente nella loro quinta e decima edizione. Il terzo capitolo risponde alla domanda di definire la COP, cioè la Clarification Oriented-Psychotherapy, una forma di terapia empiricamente validata e basata sugli scenari umanistici e relazionali, che punta fondamentalmente in due direzioni. La prima è quella di aiutare il paziente a fare chiarezza e a limitare la situazione di alienazione che è prodotta dall’incomprensione del proprio stato e delle proprie difficoltà, modulando gli schemi consolidati. La seconda è finalizzata proprio alla modificazione degli schemi al fine di aiutare il soggetto a vivere (comportarsi) in modo più flessibile e costruttivo nel corso delle attività quotidiane. Emerge quindi il tema dell’autoregolazione del comportamento, al di là del permanere di eventuali di sintomi specifici, con lo scopo di migliorare la capacità di far fronte alle normali occupazioni della vita sia in termini cognitivi, sia nella dimensione dell’affettività.
Nel percorso terapeutico lo psicoterapeuta è dunque chiamato a seguire un determinato processo che – come per ogni altro genere e tecnica terapeutica – ha alla base la necessità di costruire una valida relazione (alleanza) terapeutica in cui emerge la dimensione specifica della complementarietà. Nel far ciò grande spazio è dato al riconoscimento delle motivazioni di base del paziente e alla loro soddisfazione nell’ambito, appunto, della relazione con il terapeuta (esemplificativamente, tra i motivi su cui si lavora spiccano l’autonomia, la solidarietà, la ricerca di indipendenza, ma anche le classiche motivazioni individuate a suo tempo da psicologi come Atkinson e McClelland).
Lo schema terapeutico entra quindi nel vivo con lo stabilire l’obiettivo (la motivazione al cambiamento), cosa non semplice nei casi in cui la sintomatologia sia ego-sintonica. La confrontazione, la realizzazione dei “danni” che certe modalità di vita comportano per se stessi e per gli altri, la chiarificazione della dinamica degli schemi disfunzionali o compensatori, l’esplicitazione dei processi (fase suddivisa in numerose sotto-fasi) conducono tutti all’applicazione di strategie terapeutiche atte a facilitare il cambiamento del paziente.
Due capitoli centrali (il quarto ed il quinto) fungono da ponte tra la prima parte del testo, finalizzata a esplicitare le dimensioni della COP, e la seconda parte, in cui le strategie terapeutiche sono applicate ai diversi quadri dei disordini di personalità (sono presi in esame otto quadri diagnostici).
Ciò che emerge dal lavoro di Rainer Sachse è una impostazione di genere umanistico, basata sulla capacità del terapeuta di guidare attivamente il processo e di indirizzare il paziente verso la chiarificazione delle proprie modalità di pensiero ed azione, e verso la modificazione degli schemi di reazione consolidati. L’approccio è dunque focalizzato, basato certamente su numerose ricerche empiriche, con una forte centratura sugli aspetti relazionali non solo della terapia ma anche delle modalità di essere del paziente, e fondato sulla visione integrativa della psicoterapia.
Sachse (nato il 10 ottobre del 1948) è docente di psicologia clinica e psicoterapia, attualmente a capo dell’Institute for Psychological Psychotherapy, a Bochum (Germania). I suoi interessi, oltre che verso la COP, sono indirizzati verso lo studio dei disordini di personalità, la psicosomatica e la terapia comportamentale. Autore di numerosi libri di psicologia, psicoterapia e self-help pubblicati in lingua tedesca, ha scritto diverse centinaia di articoli pubblicati sulle riviste scientifiche, anche in lingua inglese. In italiano è stato tradotto da Feltrinelli (nel 2015) il suo libro di self-help Wie runiere ich mein Leben - und zwar systematisch!: Come rovinarsi la vita sistematicamente (e come smettere di farlo).
Andrea Castiello d’Antonio