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Ancora una volta siamo alle prese con episodi o situazioni in cui l’aggressività umana appare incontrollata ed incontrollabile. Il bullismo a scuola, o aggressioni all’uscita delle discoteche, continuano a irrompere nelle news e sulle pagine dei giornali.
Tutto ciò che ruota intorno all’aggressività è tema di analisi, studi e sperimentazioni da sempre nel campo della psicologia sociale e della psicologia clinica, dato che è fin troppo evidente il peso sociale e il significato per l’individuo di riuscire a sviluppare la capacità di una sana gestione della propria ed altrui aggressività.
E’ sicuramente possibile distinguere tra l’aggressività costruttiva e l’aggressività distruttiva, così come è utile differenziare l’aggressività volta a difendere se stessi – ad esempio, il proprio diritto ad esprimere opinioni diverse da quelle dell’interlocutore – piuttosto che a mettere deliberatamente in difficoltà chi è percepito come un avversario da combattere e da abbattere, impostando il confronto come una vera e propria battaglia.
Sta di fatto che nel momento in cui l’aggressività si sprigiona nella persona le strade attraverso le quali essa può manifestarsi, sono assai limitate; da ciò consegue che la capacità di prevenire in se stessi dei moti d’animo fortemente aggressivi, o di saperli gestire nel modo meno violento possibile nei riguardi dell’interlocutore, rappresenta un fattore di successo per la salvaguardia delle relazioni interpersonali e per il buon andamento e stabilità delle relazioni umane nel contesto del vivere civile.
Tutti conosciamo persone che esplodono, che sono del tutto incapaci di contenere emozioni quali rabbia, fastidio, irritazione, o – all’opposto – persone costantemente inibite, che frenano ogni emozione aggressiva provandone sostanzialmente paura (paura per se stessi, e/o paura nei confronti degli altri).
Le strade che può imboccare l’emozione aggressiva sono solo tre:
Diversi disturbi psicosomatici nascono proprio sulla base di questa terza strada imboccata dall’esplosione aggressiva.
A questa domanda hanno dato risposta le principali scuole di pensiero della psicologia. Secondo Freud si può visualizzare la contrapposizione tra le pulsioni di vita e le pulsioni di morte, tra Eros e Thanatos: le prime sono alla base della conservazione e dello sviluppo della vita, mentre dalle seconde si sprigiona l’aggressività distruttiva – la destrudo, indicata dallo psicoanalista italiano Edoardo Weiss – la tendenza all’auto-distruzione (ad esempio: il masochismo morale) e tutta una serie di orientamenti lesivi dell’identità altrui come l’invidia e la competizione distruttiva.
Erich Fromm ha ugualmente proposto la distinzione tra aggressività benigna, cioè utile alla vita e fonte di adattamento all’ambiente, e maligna. La prima è l’aggressività che protegge l’individuo da attacchi esterni (eredità dello sviluppo della specie), mentre la seconda si manifesta in assenza di qualunque finalità adattativa rispetto al contesto e alla situazione.
Nella manifestazione dell’aggressività è presente un’alta variabilità in relazione alle differenze individuali. Ognuno, cioè, reagisce a ciò che percepisce come pericolo sulla base della duplice espressione di attacco e fuga, e sulla base della propria fisionomia caratteriale (ed anche fisica). Nel carattere è racchiusa anche la storia della persona e ciò rende conto dell’influenza che gli accadimenti della vita (come traumi, incidenti, pregressi conflitti, scontri) possono determinare sulle modalità attuali di azione e di reazione. Sarebbe quindi molto utile educare le persone fin da bambini ad un utilizzo costruttivo e civile della propria energia aggressiva e a gestire i diverbi e i litigi in modo non-distruttivo.
Ciò che andrebbe sicuramente elaborato è la tendenza di alcuni a manifestare tipologie di aggressività preventiva, predatoria, basata sull’emulazione di modelli devianti e negativi, socialmente sorretta da ideologie oppressive, e da considerazioni utilitaristiche per le quali i fini giustificano i mezzi.
Per molti, nella quotidiana vita sociale, di studio e di lavoro, l’aggressività si sprigiona in seguito alle frustrazioni, alle umiliazioni, ai fallimenti ambientali, ma in altri casi sembra che le persone nutrano attivamente in loro stessi l’aggressività distruttiva.
E' indispensabile aiutare le persone (noi tutti!) a saper gestire la propria aggressività prima ancora che quella altrui, dosando la difesa di se stessi con l’attacco verso le posizioni distruttive che certamente non devono essere tollerate o ignorate, al fine di evitare di esserne travolti. Ciò presuppone di non temere eccessivamente le manifestazioni di aggressività - propria ed altrui – e di superare le due grandi forme di educazione errata trasmesse dai contesti familiari che si situano sulla polarità seguente:
Questa “educazione sentimentale” se è condotta per mezzo dell’esempio positivo delle figure di riferimento nel corso dell’infanzia, e dalle figure di insegnamento soprattutto nei primi anni dei percorsi scolastici dà quasi certamente come frutto la capacità di un’equilibrata, o comunque, buona gestione del proprio nucleo di energia aggressiva. Un’energia che sarà indirizzata per costruire e non per distruggere. Quando ciò nella vita non è accaduto, e si deve riparare da adulti a carenze di fondo, lo sviluppo di consapevolezza e la capacità di auto-analisi costituiscono la base per auto-educarsi e per modulare almeno le proprie modalità di reazione comportamentali. Dal modelling assertivo alle più impegnative e risolutive esplorazioni della psicologia del profondo, ciascuno può scegliere su quale strada orientarsi ed orientare allo scopo di potersi sentire libero di usare la propria aggressività in modo positivo e funzionale alle situazioni che vive.
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