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THE PSYCHOLOGICALLY HEALTHY WORKPLACE: BUILDING A WIN-WIN ENVIRONMENT FOR ORGANIZATIONS AND EMPLOYEES.
Questo libro si propone di andare oltre le tradizionali prospettive delle teorie dell’organizzazione e del management che vedono la gestione delle persone quasi esclusivamente sotto il profilo dei processi organizzativi e dell’efficacia delle strutture. In queste prospettive lo scopo è creare dei “sistemi” gestionali che siano efficaci al fine di massimizzare i risultati dell’organizzazione, ma con il rischio di perdere la dimensione specificamente umana e sociale del lavoro. La visione basata sulle relazioni e sul versante soggettivo del lavoro recupera numerosi aspetti significativi che rendono il lavoro qualcosa di degno da vivere, nel giorno-dopo-giorno che ognuno sperimenta per i decenni della vita. E’ in questo quadro che si situa la necessità di “costruire”, nel senso più vero della parola, un ambiente di lavoro che sia sufficientemente sano e salutare per ciascuno, cercando di superare la contrapposizione individuo-organizzazione da cui si dipende, e andando verso una relazione in cui entrambi gli attori organizzativi – mediati dalla dimensione dei gruppi di lavoro – possano trarre soddisfazione.
Da un’importante ricerca multidisciplinare svolta per conto dell’American Psychological Association sono emerse alcune buone pratiche che contribuiscono a fare della realtà di lavoro un mondo vivo e vivibile. Queste pratiche iniziano con il porre l’accento sulla necessità di coinvolgere le persone al lavoro dando loro la massima autonomia professionale possibile – cosa che esita nella possibilità di esercitare la presa di decisione, sia individuale, sia di gruppo -. I team auto-gestititi, insieme ai sistemi multirater di valutazione delle prestazioni sono esempi di tale indicazione. Un secondo aspetto che emerge in modo costante è costituito dal dare attenzione concreta al work-life balance. Anche in tal caso è necessario abbraccia un’ottica flessibile e fare in modo di dare delle risposte alle domande del soggetto che esulano dalla specifica dimensione dello specifico del lavoro, impattando sulla sua dimensione sociale e familiare. Oltre al job sharing, emergono i servizi che l’organizzazione può mettere a disposizione della persona e la possibilità di implementare le occasioni di telelavoro. Ma le persone vogliono crescere ed essere attive nel mondo del lavoro: ecco, pertanto, emergere la necessità di offrire a ciascuno occasioni di auto-sviluppo e, in tal caso, è la formazione (in ogni sua forma) a fare da padrone.
L’ampliamento dei limiti e dei confini di ruolo e la possibilità di usufruire dei servizi di tutoring e di coaching completano un quadro che deve prevedere il riconoscimento monetario e non-monetario della persona che lavora. In quest’area molto è delegato alle linee manageriali – ad esempio, la costante attenzione da attivare in merito a ciascun singolo collaboratore – ma molto sta anche nelle mani delle direzioni delle risorse umane, lì ove i piani di gestione e di sviluppo si identificano, si decidono e si lanciano.
L’ultimo aspetto importante nel quadro che emerge dalle ricerche e che è discusso in questo libro fa riferimento alla dimensione della salute e della sicurezza nel lavoro. La prevenzione, la valutazione, e il trattamento precoce dei rischi attuali e potenziali che le persone possono incontrare nel lavoro costituisce un importante supporto allo stile di vita globale delle persone.
Queste buone pratiche, emerse e confermate dalle ricerche, sono approfondite nel corso dei dieci capitoli di questo libro a cui hanno contribuito diciannove autori. Nessuna delle indicazioni sopra richiamate può vivere di vita propria, ed ecco emergere la necessità di creare un ambiente di lavoro che sia, nel suo complesso, armonico e adeguato, e soprattutto ben governato.
Devo dire che leggendo le pagine di questo bel libro si finisce con il pensare in modo abbastanza sconfortante a quante volte si sono indicate prospettive simili a dirigenti, responsabili delle risorse umane e imprenditori, e quante volte la risposta è stata affermativa – ma poi non ne è seguito nulla! – oppure dubitativa, nella classica e inquinante direzione del ritenere ciò che si propone alla stregua di “belle parole”, che sono ritenute inapplicabili nella pratica.
Credo che questo modo di pensare ancora oggi così diffuso nel nostro mondo del lavoro abbia bisogno di continui “attacchi critici” per essere non dico debellato, ma almeno decisamente ridimensionato. Altrimenti si proseguirà nella triste constatazione che vede il mondo del lavoro, in alcuni Paesi, applicare ciò che ormai ben si conosce in merito alla gestione e allo sviluppo del capitale umano – ottenendone tutti i vantaggi - mentre nella realtà italiana si tenderà a perpetuare la depressiva linea del “vorrei, ma non si può…”.
Andrea Castiello d’Antonio