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STORIA PSICOLOGICA DELLA PRIMA GUERRA MONDIALE
In un’era in cui le fake news imperversano questo piccolo libro dal sottotitolo L’uso delle false notizie nella Grande Guerra aggiunge interessanti considerazioni critiche a ciò che oggi, ogni essere umano che abbia ancora un minimo di vitale intelligenza, può pensare.
Com’è noto le false notizie sono ormai diffuse in ogni settore e ambito della vita quotidiana, soprattutto nelle situazioni socio-politiche, ma non solo. Alcuni capi di governo e primi ministri, nel mondo, fanno uso deliberato di informazioni falsificate, inventate o distorte, così come l’anonimo utilizzatore dei social media che “si diverte” a diffondere notizie artefatte e fantasiose.
Direi che ciò che un tempo era relegato al goliardico avvenimento del primo di aprile, il famoso pesce d’aprile, oggi ha assunto le dimensioni di un problema non solo sociale, ma anche etico e con qualche lineamento di franca patologia.
I documenti che sono proposti in questo libro curato e introdotto da Francesco Mores hanno un lineamento inquietante. Mores presenta il saggio dello storico Marc Bloch (1886-1944) Riflessioni di uno storico sulle false notizie della guerra, del 1921, il quale si collega a uno scritto di Joseph Bédier (1864-1938) I crimini tedeschi provati con testimonianze tedesche, pubblicato sei anni prima. E’ questo secondo saggio a essere proposto come prima documento nel libro in modo che il lettore abbia cognizione della ricostruzione redatta dal francese Bédier sui crimini di guerra perpetrati dalle truppe tedesche occupanti. Di là da ogni altra considerazione, queste pagine rappresentano una impressionante raffigurazione di ciò che accade quando l’aggressività e l’odio sono lasciati liberi di fluire, per di più in una situazione, come la guerra, in cui ciò è atteso e legittimato, almeno nella uccisione del nemico. In realtà, in queste pagine si legge molto di più dell’aggressività bellica, si legge della violenza, della rivalsa, dell’infliggere dolore per vendetta, della rappresaglia indiscriminata contro “i borghesi”, cioè i cittadini inermi. Pagine che fanno riflettere sulla leadership e sulla followership, che riportano alla mente le notizie che trapelano sempre dai fronti di guerra, guerra atipica e guerriglia e che fanno riferimento a fatti ed eventi di cui (non a caso) i reduci di guerra difficilmente desiderano parlare.
Puntando l’attenzione sul saggio di Marc Bloch Riflessioni di uno storico sulle false notizie della guerra (1921) emerge fin dall’inizio la sensibilità dell’autore per il lato psicologico e sociologico della propaganda e della diffusione delle informazioni. Introducendo il tema Bloch fa esplicito riferimento alla psicologia della testimonianza (nata, egli afferma, all’incirca all’inizio del Novecento) e a ciò che potremmo definire la dinamica tra il vero ed il falso: “tutto accade come se la maggior parte degli uomini circolasse con gli occhi semichiusi in un mondo esterno che disdegna di osservare” (p. 67). Bloch si chiede come e dove nascono le false notizie, le leggende, le semplici dicerie, fino alle vere e proprie imposture, notando che il processo porta ad ampliare l’errore iniziale (voluto o inconsapevole che sia). Un errore che, se trova “nella società in cui si diffonde un contesto culturale favorevole” (p. 69), collegandosi alle emozioni delle persone e alla suscettibilità delle folle, può giungere a rendere vera qualunque idea stramba o semplicemente inventata. Ecco perché Bloch applica la sua analisi alla guerra: perché la vede come un grande esperimento di psicologia sociale, un contesto in cui poter osservare dal vivo ciò che in altri casi può essere rilevato solo sperimentalmente o, comunque, su pochi individui.
Nella guerra le false notizie – insieme alle censure - hanno avuto campo libero per anni e si sono diffuse ovunque negli eserciti combattenti. Per contrastare tale stato di cose Bloch richiama l’importanza del dubitare, dell’osservare con intelligenza e apertura mentale ciò che accade intorno a noi. Una lezione davvero attuale!
Andrea Castiello d’Antonio