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Stress e benessere in Polizia

stress e benessere in polizia

Lavorare sul binomio stress/benessere a favore delle persone, uomini e donne, che compongono i ranghi della Polizia di Stato dovrebbe essere uno dei molti obiettivi prioritari nel nostro Paese.

Questo argomento – che, come si vede dall’immagine allegata, non è certamente nuovo in psicologia – va però inquadrato nella generale sotto-utilizzazione delle conoscenze e delle competenze psicologiche ancora oggi diffuso in Italia (al proposito mi viene sempre in mente un breve ma illuminante articolo di un collega britannico che molti decenni fa pubblicò le sue riflessioni sotto il titolo “The Underutilization of Psychology”).

Certamente molto è cambiato nel corso degli ultimi tempi, ed è comunque cambiato positivamente.

Numerosi psicologi sono entrati a far parte della Polizia di Stato nei ruoli tecnici, e si è superata la visione iniziale che vedeva lo psicologo come un operatore da impiegare soltanto negli ambiti della selezione delle risorse umane. Oggi gli psicologi sono presenti nei centri di addestramento e formazione, e sono coinvolti in attività rivolte al benessere degli operatori di Polizia, pur mantenendo una doverosa e utilissima presenza nell’ambito di quello che ancora oggi è denominato “Centro Psicotecnico”, e nell’altra area deputata all’assessment delle risorse umane, cioè quella medico-psichiatrica.

Quando, in anni ormai lontani – credo intorno al 1988/1990 – ebbi le mie prime esperienze di consulenza proprio per “La Psicotecnica”, con mia grande sorpresa trovai in quei luoghi delle tracce di un noto psicoanalista romano che era stato chiamato, presumo negli Anni Sessanta/Settanta, come consulente psicologo (anche alcuni numeri datati della Rivista di Psicoanalisi testimoniavano quella presenza).

Dunque, al di là dei ricordi personali e collegandoci all’articolo di cui si vede la prima pagina (che è del 1995!) si deve dire che non sono molti i lavori che trattano di questioni come queste, con un occhio operativo e non solo di ricerca o, peggio ancora, esclusivamente “accademico” (cioè irrilevante nella pratica).

Questo articolo, infatti, dà risposta a quattro domande: (1) se il ruolo di agente di polizia sia ugualmente, più o meno stressante di altri ruoli professionali, confrontando il livello di benessere percepito dall’operatore con quello riportato da esponenti di altri gruppi professionali; (2) se le caratteristiche personali rappresentano la variabile più significativa nella percezione del benessere e dello stress, indagando le esperienze negative e positive che maggiormente contribuiscono al benessere dell’operatore di polizia; (3) se sia l’aspetto organizzativo, oppure l’aspetto operativo, a determinare maggiormente la condizione di stress o di benessere; (4) se siano più utili e adattative le attività di coping focalizzate sugli aspetti emotivi oppure quelle orientate verso i problemi.

Tralasciando la metodologia che è stata adottata per dare risposta ai quesiti sopra indicati, si vede bene che in questo caso, cioè in un lavoro che è stato sviluppato nell’anno 1994, già emergevano tematiche ancora oggi certamente attuali.

Ancora una volta, direi, c’è poco da “inventare”, come invece spesso si fa, magari dando mandato per ricerche fumose o per indagini psicosociali che non fanno altro che confermare quello che già sappiamo. Certamente è necessario partire dalla realtà. Ma la realtà va fatta parlare in modo autentico e concreto, magari con la voce dei diretti interessati.

Da qui si possono sviluppare le (nuove?) metodiche di selezione di ingresso, di assessment in itinere – ancora poco utilizzate! – di formazione utile ed utilizzabile – vedi il mio libro LA FORMAZIONE DEL PERSONALE PUBBLICO. MODELLI INNOVATIVI PER AMMINISTRAZIONI DI ECCELLENZA”  – di consulenza psicologico-organizzativa individuale e di gruppo orientata alla prevenzione del malessere psichico – per non dire alla prevenzione di più gravi accadimenti…

Selezione. Decenni fa ricordo che alla mia domanda su come venissero selezionati gli agenti da posizionare in prima linea negli eventi di ordine pubblico mi fu risposto che erano scelti in base alla corporatura… “Mettiamo i più grossi in prima linea. Fanno paura!” E’ sperabile che oltre a criteri di questo genere siano oggi utilizzati anche altri parametri!

E che dire della formazione? Che senso ha mettere in aula decine di persone che assistono a docenze ex cathedra per ore e ore, magari dopo aver vissuto anni di esperienza operativa sul campo ed essere quindi abituati a una vita dinamica, di movimento, di fisicità? Annoiare e far addormentare i discenti non è una buona cosa e non credo che possa dare dei frutti. Di formazione inutile ne abbiamo avuto fin troppa, come ho mostrato in questo mio libro “COME, QUANDO E PERCHE’ LA FORMAZIONE NON FUNZIONA”

Il terzo aspetto – oltre alla selezione e alla formazione – è la valutazione per i ruoli di responsabilità. La gerontocrazia dovrebbe aver finito la sua corsa e la sua vita – si spera! Chi è posizionato ai vertici delle tante piramidi organizzative dovrebbe essere accuratamente scelto (anche) sulla base della idoneità psicologica e dell’equilibrio mentale!

Il capitale umano o è reale, o non è nulla – vedi “IL CAPITALE UMANO NELLE ORGANIZZAZIONI. METODOLOGIE DI VALUTAZIONE E SVILUPPO DELLA PRESTAZIONE E DEL POTENZIALE”

Forse (forse?) c’è ancora spazio per migliorare e per utilizzare in modo più efficace le conoscenze della psicologia – clinica, sociale, del lavoro – per il benessere della Polizia di Stato (e non solo).

 

Andrea Castiello d’Antonio