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TARNISHED. TOXIC LEADERSHIP IN THE U.S. MILITARY
Questo libro colma un vuoto importante. Esiste, infatti, una letteratura non ampia ma di alta qualità, in lingua inglese, sulla leadership tossica, ma nulla primo di ora era stato pubblicato di così organico e strutturato sulla leadership tossica in ambito militare.
L’autore ha alle spalle un’esperienza di ventisette anni come ufficiale, inclusi sei anni svolti nel ruolo di professore e direttore della sezione degli studi sul comando e sulla leadership dell’United States Army War College, avendo lasciato il servizio attivo con il grado di colonnello nel 2007. Attualmente egli è decano presso la School of Public Affairs della University of Colorado, Colorado Springs.
Di Reed si possono leggere diversi articoli sul tema della leadership militare e della leadership patologica in ambito militare (pubblicati, ad esempio, sulla Military Review) ma questo volume ha il pregio di rappresentare al lettore una riflessione organica e completa sul tema.
“Un cattivo sergente è un problema, ma un cattivo generale è una catastrofe” (p. 66): in questa breve frase è compendiata l’essenza della questione della leadership tossica in ambito militare! Ma chi e come ha il coraggio di “denunciare” situazioni di leadership malata nell’ambito delle Forze Armate? Disciplina, ubbidienza, senso di appartenenza all’unità di cui si fa parte, e spirito di sacrificio possono giocare un ruolo non proprio positivo nel momento in cui sarebbe necessario far sentire la propria voce (con tutti gli altri rischi che ciò può comportare). Una delle conclusioni a cui sono giunte diverse ricerche è l’individuazione del livello di sensibilità al problema della leadership malata nei diversi livelli gerarchici delle amministrazioni: in sintesi, più si sale nella gerarchica, più tale sensibilità sembra sfumare. In altre parole, coloro che sono lontani dalla realtà della vita quotidiana militare non avvertono, non percepiscono la sofferenza diffusa che pessimi superiori inducono nei ranghi inferiori. Ma in altri casi si deve notare l’esistenza di un eccesso di tolleranza verso coloro che applicano uno stile di leadership che, da un certo punto di vista, può apparire semplicemente (e sanamente) duro, mentre in realtà nasconde un gradiente di violenza e sadismo.
D’altro canto, il subordinato sente di essere legato al proprio diretto superiore e allo spirito di corpo, e l’insieme di tali elementi – più molti altri, ben discussi da Reed – rende l’esplicitazione di tali situazioni assai difficoltosa (in Italia un episodio grave di questo genere è stato recentemente portato alla luce per mezzo di una videoregistrazione).
Il testo di cui stiamo parlando si apre con una importante carrellata sulla natura della leadership tossica, proseguendo delineandone gli impatti a livello individuale, di gruppo e dell’organizzazione. L’autore risponde poi a domande fondamentali: cosa favorisce la leadership malata e cosa permette la sua sopravvivenza? Quale è il ruolo del narcisismo nella dinamica mentale e interpersonale del leader patologico? E quanto pesano i supporter del leader malato?
Negli ultimi capitoli si dà spazio alle modalità di autodifesa che un soggetto, in ambito militare, può porre in essere: difesa, contrasto o semplicemente attenuazione dei danni… Molto dipenderà da un complesso insieme di fattori, anche di genere situazionale, oltre al fatto che di fronte a superiori sottilmente psicopatici può essere davvero molto difficile non solo difendersi, ma anche avere la lucidità di rendersi conto di ciò che sta accadendo.
Il libro scritto da Reed è molto ben supportato da citazioni specifiche che coprono praticamente l’intero settore di studi e esperienze che sono state sviluppate nel corso degli anni nel mondo delle organizzazioni e delle istituzioni. Scorrendo la sezione delle Note si possono reperire moltissimi spunti utili ad approfondimenti e ampliamenti dell’argomento, oltre a riflessioni puntuali dell’autore su fatti ed episodi particolari.
Si tratta di un libro che dovrebbe essere letto e studiato da tutti coloro che hanno un ruolo di responsabilità nell’addestramento militare, dai comandanti delle accademie e delle scuole, fino ai non meno importanti istruttori: coloro, cioè, che sono a contatto diretto con gli allievi e che, tramite il loro esempio, prima di tutto, improntano il soggetto alla vita militare.
Andrea Castiello d’Antonio