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UN COLPEVOLE CI DOVRA’ PUR ESSERE
Con il sottotitolo “I luoghi comuni sugli incidenti e le strategie più efficaci per evitarli” questo libro presenta al lettore una riflessione ampia e molto ben documentata sul mondo degli incidenti, dei quasi-incidenti, delle collisioni, dei rischi, della sicurezza in senso lato e di tutto ciò che ad essa si collega in specie i due grandi settori del (cosiddetto) fattore umano e delle tecnologie, dell’automazione, dei processi e delle procedure operative. Insomma, l’antinomia tra errore umano e problema-guasto tecnico.
L’autore ha saputo comporre un testo che è una vera e propria miniera di informazioni e di riflessioni intorno a una realtà variegata e niente affatto semplice da affrontare: un testo intelligente, in cui nulla si dà per scontato, e in cui ogni argomento è approfondito con cura e, eventualmente, se ciò non è possibile per motivi di spazio, con l’avvertenza che ciò che si sta presentando è una sintesi del tema più ampio.
Sono molti i miti che sono sfatati nel corso di queste pagine a cominciare dall’illusione della ricerca della causa, al singolare, o anche delle cause (plurali) intese come se nel mondo della vita complessa in cui noi tutti viviamo ci fosse (ancora!) spazio alla linearità causa-effetto…
Molto spazio è dedicato alle situazioni critiche o drammatiche sono avvenute nel mondo dell’aviazione. Infatti, i primi due eventi che sono richiamati proprio nelle prime pagine, lì ove si affronta il tema della safety e della security sono l’ammaraggio sul fiume Hudson del gennaio 2009 e l’incidente di Linate, dell’ottobre 2001. Andando avanti con esempi del mondo del trasporto aereo e ferroviario sono delineati i concetti di errore e di violazione, il ruolo della persona e della macchina – e le loro interazioni (vedi il mio articolo L’interazione uomo-macchina nella psicologia dell’aviazione. Riflessioni a partire dal caso del Boeing 737 Max 8) – il livello di discorso individuale e socio-organizzativo, concludendo con la famosa immagine del formaggio svizzero – immagine semplice ma che può illuminare numerosi disastri ed errori (errori attivi e latenti).
Passando dal concetto di colpa a quello di responsabilità, in tutto il libro è sottolineata la necessità di porsi delle domande articolate e complesse, andando ben al di là del classico “chi ha sbagliato?”, oppure “di chi è la colpa?” e cercando di individuare i processi e le dinamiche che hanno causato il problema. Cosa che rappresenta l’anticamera rispetto alla possibilità di apprendere da ciò che è accaduto!
In questo quadro emerge la necessità di socializzare i fatti e gli eventi problematici – non solo gli indicenti veri e propri, naturalmente – ma per far ciò è necessario dotarsi di soggetti responsabili che, ad esempio, non sposino ciò che in medicina è oggi definita medicina difensiva. È per questo che molto spazio è dedicato al concetto della Just Culture e, soprattutto, a come fare per applicarla nel modo migliore, dato che non è affatto scontato che le persone formate ad essa siano, poi, così pronte e disponibili nell’applicazione nel momento topico.
“Alla base di un incidente in effetti ci sono sempre degli errori, ma la stessa cosa non vale nella direzione opposta” (p. 46): si deve allora pensare che le tecnologie, anche le migliori, non mettono al riparo le organizzazioni, anche perché la sicurezza è sempre in tensione dialettica con l’efficacia e il profitto.
Passando poi al livello dell’individuo ecco entrare in gioco la psicologia cognitiva che illustra come mai si mettono in atto dei processi di attribuzione delle responsabilità che sono, al dire il vero, minimalisti, ripetitivi e basati sui tanti bias e stereotipi di cui è pieno il mondo. Non solo i processi mentali sono complessi, lo sono anche gli errori – errori che avvengono sempre in un dato momento e contesto nel quale, ad esempio, manca quella specifica abilità denominata consapevolezza situazionale (molto ben conosciuta dai piloti).
Formazione, informazione, procedure e così via, tutti elementi che possono innalzare i livelli di sicurezza ma che in fondo tendono a un limite che non è mai raggiunto del tutto. Una procedura, a volte, se violata salva la vita, mentre in altri casi se disattesa porta al disastro… Se le procedure non sono la panacea, non lo è nemmeno la tecnologia e, in specie, l’automazione: molto interessanti sono, infatti, le parole dedicate alle conseguenze dell’automazione ed anche i concetti ripresi da altri studiosi sui livelli diversi di automazione nei processi e nelle posizioni di lavoro.
Paradossalmente, lo sforzo per ridurre al minimo errori noti può condurre … verso la creazione di nuovi errori!
Un ultimo aspetto, tra i tanti importanti, che è da evidenziare è la differenza tra l’individuazione delle cause e l’accertamento delle responsabilità – con tutte le note difficoltà che si incontrano quando si cerca di individuare il classico nesso di causalità. Dunque, ancora, colpa, errore, responsabilità, sicurezza e … intervento del magistrato il quale, con le sue decisioni, non sempre apporta un contributo di chiarezza o di utilità.
Nell’ultimo capitolo, dal titolo Epilogo, l’autore sintetizza alcune idee-chiave emerse nel testo tra cui le seguenti: gli errori, da soli non sono la causa degli incidenti, né sono cose inspiegabili; le procedure, da sole, non evitano il verificarsi di incidenti, e l’automazione di certo aiuta, ma può anche creare le condizioni per il verificarsi di un incidente.
Un libro, in sostanza, di grande utilità per chiunque operi in sistemi complessi.
Andrea Castiello d’Antonio
Questa recensione è stata pubblicata nel sito ISPER, nel novembre 2023